PARLACI DI LUI
Omelia per la festa della Madonna del Sacro Monte
Viggiano (Pz), 13 settembre 2015
Carissimi fedeli e amici,
in questa liturgia festiva celebriamo la “guarigione” della nostra fede stanca, incerta, confusa. Il brano del vangelo appena proclamato è preceduto dal racconto di un miracolo che molto ci aiuta e ci prepara a cogliere il significato e la provocazione del dialogo tra Gesù e i suoi discepoli, costruito intorno alla duplice domanda in merito alle opinioni diffuse su di Lui: “La gente chi dice che io sia?”; e rivolto direttamente a loro: “Ma voi chi dite che io sia?”.
La cecità spirituale
A Betsiada conducono un cieco davanti a Gesù, pregandolo di toccarlo per guarirlo. Alla domanda che Gesù gli rivolge, dopo avergli messo della saliva sugli occhi e avergli imposto le mani “Vedi qualcosa?”, il cieco risponde: “Vedo la gente perché vedo come degli alberi che camminano”. Dopo aver ripetuto il gesto terapeutico, il cieco si vede guarito perché “ci vide chiaramente, e da lontano vedeva distintamente ogni cosa”. Il cieco passa dallo sguardo confuso alla visione chiara, distinta, nitida.
Il vangelo di questa domenica, che appunto segue al racconto del cieco sanato, intende sviluppare il processo di guarigione. Gesù aveva colto nella mente dei discepoli molta confusione e dubbi sulla sua identità. Le voci diffuse tra la gente comune su di Lui sono insoddisfacenti. Ciò che sembra sorprendere e mortificare è soprattutto l’incertezza dei suoi discepoli. Gesù vuole aprire gli occhi dei suoi, impacciati e restii nella capacità di affidarsi ‘ciecamente’ a Lui. Già da tempo ascoltavano volentieri il racconto delle parabole e molti altri insegnamenti e istruzioni, vedevano con stupore i miracoli da Lui compiuti, partecipavano personalmente agli incontri con le più impensabili e imprevedibili categorie di persone, scandalizzando i farisei e gli scribi benpensanti. Eppure la loro fede restava molto confusa, come la vista del cieco che vedeva le persone “camminare come alberi”. Anche loro avevano bisogno di un collirio spirituale per la guarigione del cuore per credere in modo chiaro e distinto. Gesù spera di guarire la miopia spirituale di quanti lo seguono, anche la nostra, e instaurare una visione chiara e distinta della sua vera identità divina. Il seguito del racconto dimostra che tutto questo non sarà facile.
Dalla confusione alla professione
Sappiamo bene come il tema del vangelo di Marco è “Vangelo di Gesù Cristo Figlio di Dio” (Mc 1,1). Il lettore può disporre già sin dall’inizio della conoscenza di chi sia Gesù. Lo svolgimento letterario del vangelo intende dimostrare e rispondere, attraverso l’ignoranza degli attori dei racconti, alla domanda che Gesù pone a bruciapelo mentre si trova a Cesarea di Filippo. Collocata al centro della narrazione, la confessione di Pietro “Tu sei il Cristo” costituisce un primo punto di arrivo con il riconoscimento di Gesù come Messia, che sembra risolvere sbrigativamente la confusione generale con una dichiarazione forte e sicura. Ma la formula laconica di Pietro non ci informa su ciò che egli intenda realmente con queste parole. Il seguito del racconto crea una nuova tensione, mostrando la resistenza di Pietro, che ha appena confessato il Cristo, di fronte alla prospettiva di un Messia sofferente.
Salire sul sacro Monte
Carissimi, il culto e la devozione verso la Madonna del Sacro Monte viene oggi in soccorso alla cecità della nostra fede e alla fragilità della vita cristiana ordinaria. Se è impossibile pensare alle radici cristiane di questa vostra Comunità senza l’amore verso la Madre di Dio, semplice e profondo, direi quasi “viscerale” , iscritto nel ‘dna’ della sua diffusa memoria storico-religiosa, così non possiamo crescere e nutrire la nostra fede senza ricorre a Lei, la Vergine degna di fede. A Lei molto chiediamo perché Madre, da Lei molto dobbiamo saper apprendere perché Maestra. E’ suggestivo il titolo “Madonna del Sacro Monte”. Nella tradizione biblica la montagna riveste un significato simbolico di particolare rilevanza. I grandi “uomini di Dio”, soprattutto Mosè ed Elia, che vedremo presenti accanto a Gesù nel momento della sua trasfigurazione sul monte Tabor, sono stati invitati da Dio a scalare il sacro Monte, il Sinai-Horeb, per essere ammessi ad una particolare rivelazione di Dio e della sua parola (Mosè) o di una missione particolare (Elia). La montagna è il luogo dell’attesa di Dio, dell’ascolto, della sua manifestazione, dell’incontro con Lui, avvolti spesso nella nube della presenza e, allo stesso tempo, della non-conoscenza. Maria, sacro Monte della rivelazione divina, ci eleva alle sublimi vette della “visione” spirituale del Mistero.
Maria, parlaci di Lui
Maria è la montagna santa che il credente e il devoto imparano a ‘scalare’ con devozione sincera, perché attraverso di Lei possiamo elevarci alla conoscenza del mistero di Cristo, che si rivela pienamente nel dramma della Croce. Immagino che Maria oggi voglia parlarci proprio di questo, di ciò che Pietro rifiuta. Soprattutto sul Calvario si fa discepola della “sapientia crucis”, diviene esperta del dolore e del soffrire. Lei ha generato nel dolore del parto e ha generato noi nel dolore della Croce. Lei è chiamata “Donna” da suo Figlio perché ai piedi della Croce sviluppa una nuova fecondità spirituale che la rende “madre” di coloro che le sono affidati come figli da suo Figlio. Nell’ora della croce Pietro non c’è: lo aveva fatto bene intendere in anticipo nella seconda parte del vangelo odierno quando, alle parole con cui Gesù preannuncia il suo destino di “Servo sofferente”, reagisce contro ogni ipotesi del genere rimproverandolo in disparte, quasi a dire di non permettersi assolutamente di fargli fare “brutta figura” dopo averlo confessato “Messia” davanti agli altri. Ma l’assenza di Pietro è colmata dalla professione di fede del centurione romano: “Davvero costui era Figlio di Dio!” (Mt 27,54). Non è un apostolo, ma un pagano a sostenere il cuore straziato di Maria, ad offrirle una dolce consolazione nell’ora terribile dell’abbandono.
Perché il Padre ha voluto Maria sotto la Croce? Perché nessuno, credo, più e meglio di Lei avrebbe potuto parlarci di Lui, del suo Amore estremo, della tragedia del tradimento, dell’ingiusta condanna. Maria ci parla con il suo dolore e la sua desolazione: anche Lei, sofferente, è sola nel suo dolore.
Ci parla del grido di Gesù sulla croce. E’ presa da un fremito quando sente il Figlio gridare la propria disperazione: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Parole dure e inattese: se il Figlio cade nella disperazione, che sarà di Lei? Solo l’attimo dell’abbandono fiducioso al Padre riporterà uno spiraglio di luce nel cuore trafitto della Madre. E parlandoci di suo Figlio, ci racconta come con Lui, anche Lei si consegna alla volontà del Padre, come la prima volta a Nazareth. L’Amore crocifisso, di cui Maria è testimone, noi oggi lo celebriamo e lo meditiamo, pur sapendo che non lo meritiamo. Eppure nulla e nessuno ci potrà mai escludere dalla misericordia del Signore. Oggi, “giorno del Signore”, noi professiamo la nostra fede nella sua Pasqua di morte e risurrezione. Da Maria lasciamoci raccontare la gioia della tomba vuota, per accellerare, come le donne del sepolcro, il passo della nostra missione con la quale gridare al mondo la novità dell’ottavo giorno, giorno della nuova creazione, del passaggio dalle tenebre alla luce, dalla cecità alla visione di Cristo risorto, splendore del Padre, Luce vera che non conosce tramonto.
+ Gerardo Antonazzo