Ieri sera, 26 ottobre, il Vescovo Gerardo Antonazzo ha fatto visita per la prima volta al CAV (Centro di Aiuto alla Vita) di Cassino. Accolto con immensa gioia dagli operatori nella loro sede di via Arigni, il Vescovo si è intrattenuto volentieri, in una serata piacevole e proficua, in cui si è pregato insieme, ci si è confrontati, si è riflettuto, con la gioia di sentirsi uniti in un ideale alto e con la tenerezza di due deliziosi bambini di pochi mesi, presenti alla riunione come un simbolo di fiducia e di speranza nel futuro.
La direttrice del Centro, Marina De Angelis, ha rivolto un caloroso saluto di benvenuto, relazionando anche sulla realtà del CAV, che opera sul territorio da ben 27 anni, completamente affidato al volontariato, alla buona volontà di chi lo dirige e di chi vi opera, sicuramente alla Fede, all’amore per il concepito e, diciamo pure, alla caparbietà di continuare a credere fermamente e sempre nel valore della vita umana. Il Centro ha salvato la vita a moltissimi bambini, come testimoniano le numerose e gioiose foto che arredano il Centro e creano un’atmosfera familiare ed accogliente. Inoltre non si è limitato ad operare a Cassino e nel Cassinate, ha ricordato la De Angelis, ma è andato oltre, ovunque ci fosse un bambino da salvare, con grande apertura. Spesso le donne sono portate a pensare di ricorrere all’aborto da necessità economiche, acuite dalla crisi: il CAV le segue e le aiuta anche materialmente; attualmente aiuta più di 60 donne con le loro famiglie. Tutto questo, ha sottolineato, senza aiuti da nessuno e con grandi sacrifici. Per autofinanziarsi gli operatori si sono industriati con pesche di beneficenza e vendite nei mercatini delle feste e iniziative varie, inoltre ogni lunedì si ritrovano insieme per la preghiera comune e sono illuminati dalle parole di Giovanni Paolo II e dell’Evangelium Vitae, “vademecum quotidiano”. La direttrice ha ricordato anche la “Culla per la vita”, allestita dal CAV a Cassino nel 2009, in occasione della visita del Papa Benedetto XVI, dopo una notizia sconvolgente secondo la quale a Rocca d’Evandro era stato trovato un neonato gettato nel cassonetto.
La direttrice, completato il suo discorso, ha voluto offrire in dono al Vescovo, a nome del Centro, un anello che lui, ringraziando, ha messo al dito.
Il Vescovo, dopo aver ascoltato attentamente, è intervenuto offrendo moltissimi spunti di riflessione e di azione. Innanzitutto ha sottolineato l’importanza di andare avanti, perché “il cristiano legge la storia ma la anima con la speranza”, e anche di fronte a scelte drammatiche non perde la speranza. Ha affermato poi che si percepisce l’urgenza di un coinvolgimento che a volte si fa compromissione, in situazioni difficili e dentro una cultura avversa. Sono qui – ha detto – per ringraziarvi per questo cammino di 27 anni, fatto di impegno e anche di solitudine a volte, e per invitarvi a non scoraggiarvi perché si diffonde questa “cultura dello scarto” come dice papa Francesco, che fa chiudere ciscuno nella ricerca solo del proprio benessere, per cui il nascituro, l’anziano, il coniuge dà “disturbo” e si cerca di disfarsene. E’ vero che i numeri degli aborti procurati ci superano abbondantemente, ma sarebbero drammaticamente più alti se non ci fossero persone che si impegnano come voi. Perciò non bisogna scoraggiarsi né arrendersi. Chiediamo al Signore di farci strumenti missionari con la fiducia e anche la sapienza del cuore per operare diligentemente dentro questa realtà che con i suoi numeri non ci deve fermare ma anzi ancor più motivare. E ancora il Vescovo ha chiesto di cercare modi e strategie possibili per coinvolgere molte più persone sia per essere più sostenuti in questa opera sia per diffondere maggiormente l’attenzione alla vita.
Papa Francesco, ha ripreso il Vescovo Gerardo affrontando un argomento quanto mai attuale e importante, nella Bolla di indizione del Giubileo ha concesso a tutti i Sacerdoti di poter assolvere durante l’Anno Santo dal peccato di aborto. Più di qualcuno ha avuto una reazione negativa, come se questo potesse significare indulgere troppo ad un peccato così grave, come se potesse essere perdonato facilmente a chiunque. Ma non è questo lo spirito, ha chiarito con forza, anzi il contrario: si vuol far venire fuori il sommerso di profonda ferita e di dolore morale che molte donne, e anche coppie, si portano dentro, perché possa diventare esperienza di misericordia e pentimento. Se emerge, è perché si prende coscienza della gravità, perciò è “per dare valore alla gravità del peccato” che il Papa ha fatto questa concessione, non certo per indebolire l’idea dell’aborto. Concedere a tutti i sacerdoti la facoltà di perdonare significa dare la possibilità a tutte le persone coinvolte nel peccato grave dell’aborto, donne ma anche uomini e operatori, di prenderne coscienza. Certo il penitente deve essere sapientemente guidato dal sacerdote ad acquisire consapevolezza della gravità ma anche aiutato spiritualmente a ricostruirsi una coscienza umana e cristiana in un percorso di evangelizzazione della coscienza.
Perciò, ha concluso, dobbiamo pregare perché le donne trovino misericordia e in qualche modo pace, perché nessuna donna rimane insensibile ad un fatto tanto grave, anche se non lo dà a vedere si porta dentro una ferita incancellabile.
Infine, il Vescovo ha offerto ancora una pista da percorrere in questo ambito, dicendo: Possiamo fare tutti i convegni e le omelie che vogliamo, ma “l’evangelizzazione della vita non passerà mai tanto quanto passa da donna a donna: quello è il processo più vero di evangelizzazione che dobbiamo far crescere. Deve dunque diventare un impegno più educativo che divulgativo”.
Dopo la benedizione finale, c’è stato un momento conviviale fraterno e festoso gustando insieme le tante cose buone che le operatrici avevano preparato, proprio come in una grande famiglia.
Adriana Letta