Profumo di casa
Sora-Chiesa Cattedrale, 6 marzo 2016
Giubileo dei Cresimandi
Due figli in crisi e in conflitto con il padre. Due fratelli che mettono in discussione la loro permanenza in famiglia: uno lo incontriamo all’inizio del racconto, e l’altro verso la sua conclusione quando, alla pari di un “colpo di scena”, la sua presa di posizione, inaspettata, turba una storia che solo in apparenza sembrava orientata a lieto fine.
Carissimi cresimandi,
siete venuti per celebrare insieme il Giubileo della misericordia nel giorno in cui il Vangelo che abbiamo ascoltato vi riguarda in maniera sorprendente, perché non solo parla a voi, come a noi tutti, ma parla di voi. Nella crisi del figlio più giovane rileggiamo infatti, come in filigrana, le sofferenze e i disagi di molti, di quanti non sopportano più la casa paterna. Vi suggerisco di porre alla parabola due domande: perché il figlio più giovane scappa da casa? E perché deciderà di tornare da suo padre che tanto aveva contestato?
Il figlio più giovane è così inquieto da abbandonare senza tentennamenti il padre e il fratello maggiore. Sembrava non mancargli nulla, disponeva di tutto, dal momento che, alla sua partenza e dietro sua richiesta, ottiene subito dal padre il molto che gli spettava. Il figlio sente la figura del padre come un impedimento alla sua libertà, un limite alle sue fantasie, un ostacolo alla piena espressione delle proprie pretese. Il padre è colui sembra limitare la vita del figlio. Questi vuole provare a decidere da solo, decide di vivere senza rendere conto a nessuno delle sue scelte. Anche a tanti di voi, cari ragazzi e giovani, sarà accaduto di subire motivi di rattristamento all’interno della vostra famiglia: è stato quello il momento in cui è passato per la testa la tentazione di andare via da casa, perché l’ambiente domestico poteva essere diventato davvero insopportabile.
Ma quello che non è accaduto con la vostra famiglia, spesso avviene nel rapporto con Dio e con la Chiesa. Come vivete il vostro rapporto con Gesù Cristo? Cosa pensate della Chiesa e come vivete il vostro rapporto con la comunità cristiana? Proprio negli anni della preparazione alla Cresima, non di rado si cerca una forma di evasione e di allontanamento dall’esperienza religiosa e dall’educazione cristiana ricevuta. Cosicchè, il sacramento che dovrebbe segnare l’inserimento completo e definitivo nella comunità cristiana, si rivela come l’evento propizio per la fuga, per l’allontanamento, per l’abbandono della vita ordinaria di fede. Il motivo per cui capita questo è lo stesso che ha messo in crisi il rapporto del figlio più giovane con suo padre. Anche molti di voi sono reduci da una educazione cristiana basata sui doveri, sulle regole, sulle imposizioni e proibizioni, comandamenti e precetti. Una religiosità così fiscale da diventare irrespirabile, fino al soffocamento. Avete ricevuto un’educazione cristiana basata sulla paura della punizione. Ognuno di noi dopo aver subito delle “costrizioni” religiose, appena può prende le distanze, anche fisicamente, da quanto ha dovuto subire, da quanto ha dovuto compiere per puro obbligo, senza aver mai sperimentato l’amore di Gesù. Invece sentite troppo stretta la religiosità che vi è stata trasmessa, sentite soffocare la vostra libertà interiore. Non resta che l’opzione della fuga, per vivere senza legami, vincoli e lacci.
Il figlio più giovane inizia un’avventura entusiasmante, circondato da amici che lo cercano (per interesse!), si gode la vita senza scrupoli, permettendosi qualsiasi esperienza e godendo di ogni soddisfazione. Pensa di aver raggiunto finalmente la libertà tanto agognata. Ma poi comincia a guardarsi intorno: non vede più nessuno intorno a lui perché quanti lo cercavano per le bravate di gioventù sono andati via; comincia a guardarsi dentro, e si vede sporco e degradato, con una condizione di vita meno degno perfino di quella della mandria dei porci, dal momento che non poteva cibarsi neppure delle carrube date in pasto a questi animali. Sente di rotolarsi nel fango dei suoi errori, capisce di essersi sbagliato, sente di non farcela. E’ nel bisogno: non riesce ad affrontare i problemi che lo attanagliano.
Che brutta fine! E invece non è la fine, perché riesce a compiere il passo decisivo per rimediare alla sua pessima situazione: “Ritornò in se stesso”. Ancor prima di tornare a casa, il figlio “ritornò in se stesso”: cosa può significare? Ha la forza di ripensare la propria vita, ricredersi, ammettere di essersi sbagliato, misurarsi con le proprie impotenze, i propri limiti, le interiori solitudini, riconoscere il bisogno e la nostalgia del padre. I motivi per ritornare a casa sono dettati principalmente dal bisogno, dall’emergenza, dalla disperazione! Sì, a volte serve lasciarsi scuotere dai problemi perché rinasca la voglia di rialzarsi, di risorgere, di prendere le giuste decisioni per ritornare sui nostri passi.
Carissimi ragazzi,
quando pensiamo di stare meglio senza Dio e lontani da casa (la Chiesa), scopriamo di esserci illusi, di aver fallito, perché sentiamo la triste solitudine dinanzi alle grandi responsabilità della vita dove siamo soli con noi stessi. Dobbiamo fare i conti, ad esempio, con il peso e la tristezza dei litigi familiari, delle gravi malattie di tanti amici, di morti premature per malattie o per incidenti stradali, separazione dei genitori, amici che si negano la vita fisica, tradimenti degli affetti ….A chi fare appello? A chi rivolgerci? Chi può starci vicino per vero amore e non per interesse? E’ allora che ritorna il desiderio e la nostalgia di Dio. E’ allora che si cerca di pregare e cercare il Signore: non è sbagliato cercarlo nel bisogno, anche se non basta perché si rischia di confonderlo con un datore di lavoro in grado di risolvere il problema della fame (“Quanti salariati in casa di mio padre….”). Invece io ho bisogno prima di tutto dell’amore di un padre, un padre che mi ama nonostante io non lo meriti. Ora il figlio più giovane è disposto a prendere la decisione inversa: si alza per ritornare al punto di partenza, ma interiormente trasformato dall’esperienza vissuta.
Ed è in questo momento che accade l’imprevedibile: il giovane ritorna per il bisogno, disposto a mettersi alle dipendenze del padre-padrone, e invece scopre l’abbraccio del padre che non ha mai smesso di amarlo. Si accorge cheil padre lo aveva atteso da sempre, finalmente lo vede da lontano, gli corre incontro per abbracciarlo al collo, e lo bacia: lo introduce in casa attraverso la porta dalla quale era uscito. E’ la Porta Santa della misericordia di un padre che accoglie, che non rimprovera, non bastona, non si prende la rivincita. E’ la Porta santa della Chiesa Cattedrale che tra poco varcheremo per “ritornare” anche noi nella casa di Dio dove riceveremo l’abbraccio della misericordia, concreto quanto l’abbraccio che poco fa abbiamo donato ai nostri vicini. Il vostro passaggio attraverso la Porta santa della misericordia vi prepari alla gioia di vivere la vostra Cresima non come la porta d’uscita con cui vi allontanate dalla vita cristiana, ma come l’ingresso felice nella comunità cristiana dove riscoprire la bellezza di essere cristiani, perché figli di Dio e fratelli di una grande famiglia.
+ Gerardo Antonazzo