L’amore non amato

Stemma Finis Terrae Mons. Gerardo Antonazzo

L’amore non amato

 

Giovedi Santo, Messa “In coena Domini”

Pontecorvo-Chiesa Concattedrale, 24 marzo 2016

 

 

Il quarto vangelo è incentrato sull’autorivelazione di Gesù. Utilizzando per sé l’Io sono pronunciato da Dio, Gesù si rivela come figlio di Dio. Questo provocherà il forte dissenso dei farisei, fino ad accusarlo di blasfemia. Nella presentazione del quarto vangelo il Cenacolo, che oggi siamo chiamati ancora una volta ad abitare spiritualmente, è uno dei luoghi più rivelativi dei sentimenti divini di Gesù: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. La grandezza di questo amore è reso sublime dal tradimento di Giuda: “Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda di tradirlo…”. Quella di Giuda è una presenza ingombrante: così ai vv. 2.11.18.21.26.31. Un quadro inquietante: Gesù è circondato dalla confusione degli apostoli, è accerchiato dal tradimento di Giuda, è deluso dal rinnegamento di Pietro: “Darai la tua vita per me…non canterà il gallo, prima che tu non mi abbia rinnegato tre volte”. Che tristezza! Gesù è preso dallo sconforto: “Gesù fu profondamente turbato…”(v. 21).

La sublimità dell’amore misericordioso del Maestro per il suo traditore si concretizza nel “trittico dell’arte di amare” di Gesù: l’abbraccio dei piedi, il boccone dell’amicizia, il bacio nel Getsemani.

La carezza dell’umiltà

Gesù lava i piedi anche a Giuda: non lo evita, non lo esclude, pur sapendo ciò che Sanata gli aveva messo in cuore. Gesù aveva tutte le buone ragioni per liberare subito il Cenacolo dalla presenza di Giuda. Gesù continua ad amare “sino alla fine”, a qualunque prezzo e a qualsiasi rischio. La scelta lessicale del verbo greco ἠγάπησεν (li amò) obbedisce alle ragioni del cuore: non esprime un semplice amore di amicizia, ma la disposizione irreversibile di una dilezione libera, gratuita. Sigla l’elargizione di un amore totale e definitivo. L’amore di Cristo non può che crescere, fino allo sfinimento del suo corpo esamine, appeso al patibolo ignominioso della Croce. Nel gesto della lavanda dei piedi Gesù non recalcitra davanti a Giuda, del quale conosceva bene le intenzioni perverse (”sapeva chi lo tradiva”). Gesù non tentenna, non ritarda di compiere il gesto dello schiavo verso chi ha consegnato il proprio cuore al diavolo, e di fronte al traditore, non si lascia intorbidire dal risentimento. A Betania Giuda aveva criticato il gesto della sorella di Lazzaro, piegata ai piedi di Gesù: “Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: ‘Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?’. Disse questo non perché gli importasse dei poveri…”(Gv 12,3-6). Nel Cenacolo Gesù si piega ai piedi del traditore, li bagna con tenerezza, li abbraccia con commozione, e “spreca” il profumo della sua delicatezza per cercare di risalire dai piedi al cuore di Giuda. Immagino, anzi, con quanta cura abbia baciato quei piedi per piegare la durezza del cuore con una dimostrazione smisurata di affetto. Quelli di Giuda non erano, certo, “i piedi del messaggero che annuncia la pace” (Is 52,7); anzi: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno” (Gv 13,18). Il Maestro non lascia nulla di intentato per dissuaderlo dal suo iniquo proposito. Questo quadro biblico, intimo e travagliato insieme, ci insegna che non dobbiamo mai smettere di amare, perché prima o poi l’amore rivela il suo volto di gloria e di vittoria: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui” (Gv 13.31).

 

Il boccone dell’ospitalità

Giuda non può agire all’insaputa del suo Maestro; per questo Gesù lo anticipa e dichiara apertamente di lui: “Uno di voi mi tradirà”. E’ Gesù che indica il traditore e gli consente di agire: “E’ colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò”. Gesù non abbandona Giuda al suo destino: dà a Giuda il boccone intinto nel suo piatto perché non si rassegna alla disfatta dell’amicizia, e offre un tempo supplementare perché cambi la sua decisione. È un gesto di affetto e di rispetto. È il gesto tipico del padrone di casa che mostra la sua stima nei confronti dell’ospite di riguardo. È il gesto dell’amicizia e dell’accoglienza. Gesù rivela chi è il traditore, ma nello stesso tempo cerca il cuore del rinnegato amandolo fino alla fine. A Giuda, che sta per consumare il suo peccato, Gesù gli offre il boccone dell’amicizia e dell’amore, perché Giuda capisca la verità e la gravità dell’azione che vuole compiere. Nulla da fare: “Egli, preso il boccone, subito uscì” (Gv 13,30). Nella notte più opaca del risentimento e dell’odio, Gesù manifesta l’irradiamento inaudito dell’amore di Dio. “E’ vero che Giuda consegna Cristo, ma è ancor più vero che Cristo offre se stesso” (S. Agostino, Omelia 62). Giuda assume il boccone dolce dell’amicizia con le medesime labbra con le quali porgerà l’amaro bacio del tradimento.

 

Il bacio dell’amicizia

L’azione del tradimento viene condotta di notte per arrestare nelle tenebre “la luce del mondo”. I soldati e le guardie devono ironicamente farsi luce con lanterne e fiaccole. Giuda si avvicina a Gesù per baciarlo: “Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?” (Lc 22, 48). Le labbra di Giuda sputano veleno. Il bacio sul viso doveva essere un segno dell’ amicizia di un discepolo per il suo maestro. Gesù è pienamente consapevole di ciò che lo attende, resta sovrano di fronte ai soldati, e si rivolge a Giuda chiamandolo “amico” (cfr. Mt 26,50). E’ l’estremo tentativo che il Maestro compie per non lasciare nulla di intentato. Don Giussani nel Volantone di Pasqua del 1999 riflette su quello che Gesù intendeva con la parola amico: “Gesù ha detto a Giuda: Abbiamo lo stesso destino, abbiamo una stessa via, sei parte di me e io parte di te; la tua felicità è la mia, la mia felicità è la tua. Tu sei me. Questo vuol dire amico. Dicendo a Giuda: amico, Cristo lo disse a ciascun uomo”. Gesù venne portato davanti al Sinedrio e già il giorno dopo fu nota la sentenza di condanna a morte. Forse prima di ogni altro ne fu informato Giuda: gli era facile avere notizie al riguardo. Fu allora che la disperazione cominciò a emergere nel suo animo. Quando capisce che avrebbero davvero ucciso Gesù, strozzato dal rimorso preferirà morire prima del Maestro per non dover ammettere di aver tradito l’Amore non amato.

In questa celebrazione eucaristica Gesù anche oggi offre a ciascuno il suo amore misericordioso. Con il gesto della lavanda desidera bonificare la palude dei nostri vizi e purificare il cuore da ogni lordura e sudiciume; dalle sue stesse mani riceviamo il boccone santo dell’Eucarestia per alimentarci della sua amicizia; porgiamogli senza doppiezze il bacio autentico della nostra fede. E se permane traccia di qualche rimorso per i peccati compiuti, chiediamo a Gesù il dono delle lacrime che hanno trasformato il dolore di Pietro in umile invocazione del perdono.

+ Gerardo Antonazzo

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