PIETRO E’ QUI
Pellegrinaggio giubilare diocesano
Roma, 18 giugno 2016
Il percorso giubilare della misericordia trova il suo compimento e la sua pienezza alla mensa del Signore in questa bellissima chiesa di S. Maria della Traspontina. Abbiamo incontrato Pietro nelle parole di papa Francesco: per lui abbiamo gioito, abbiamo esultato al suo passaggio nel vivo desiderio che “quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro”(At 5,15).
Varcando insieme la porta della misericordia della basilica vaticana abbiamo professato la nostra fede davanti all’altare della “confessione” che custodisce la memoria del martirio dell’apostolo Pietro e ne conserva il corpo. L’intima gioia della nostra preghiera, nel cuore della Chiesa, ha fatto vibrare in nostro animo al pensiero che “Pietro è qui”, così come è stato interpretato un graffito riportato su un piccolo frammento di intonaco, proveniente dal cosiddetto “muro rosso” sul quale si addossò l’edicola della sepoltura dell’apostolo, sotto l’altare maggiore della Basilica.
La roccia dell’amore
Ritorno con il pensiero alla catechesi che il papa ci ha consegnato poche ora fa, e comprendo meglio le parole della Colletta di questa celebrazione eucaristica: “O Dio…tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla salda roccia del tuo amore”. Intorno al successore del beato apostolo abbiamo percepito in modo più reale, direi anche tangibile, la bellezza dell’unità del nostro essere Chiesa: mai come in questa dimensione “petrina” siamo messi in grado di percepire in prima persona la sovranità di un grande mistero, quello della “cattolicità” della Chiesa, la sua dimensione universale e domestica allo stesso tempo, ecumenica e familiare insieme. Amiamo la Chiesa, ci sentiamo amati da tutta la Chiesa! Stretti intorno al Vescovo di Roma “che presiede alla carità” (Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani) con lui abbiamo pregato e da lui abbiamo accolto la parola di esortazione, l’invito a perseverare nel cammino della conversione. Sostenuti dalla certezza della misericordia incondizionata di Dio, la nostra coscienza è provocata dalla tenerezza di Gesù ad una crisi salutare, per mettere in discussione le scelte sbagliate, interrompere le cattive abitudini, formulare la decisione di cambiare vita dicendo finalmente basta ai miei errori: “Gesù persuadeva la gente con l’amabilità, con l’amore, e con questo suo comportamento Gesù toccava nel profondo il cuore delle persone ed esse si sentivano attratte dall’amore di Dio e spinte a cambiare vita…E Gesù, accanto a noi, con la mano tesa ci dice: “Vieni, vieni da me. Il lavoro lo faccio io: io ti cambierò il cuore, io ti cambierò la vita, io ti farò felice” (Udienza giubilare, 18 giugno 2016). La roccia della nostra esistenza, che dà stabilità alle nostre incertezze, tentennamenti, scoraggiamento e confusioni, è solo l’amore misericordioso di Gesù. L’invito alla conversione non è sotto minaccia di un giudizio e di un castigo da parte di Dio, ma è suscitato dalla vicinanza amabile del Signore alla nostra miseria: Lui ci accosta con dolcezza per sollevarci dalle bassezze della nostra condizione umana. L’unica cosa di cui possiamo ritenerci assolutamente certi e sicuri nella nostra vita è l’amore di Cristo, qualunque cosa accada.
La roccia della fede
Nel vangelo che abbiamo proclamato, Gesù ci offre la salda roccia della fede di Pietro. E’ la roccia sulla quale poggiare la costruzione della nostra vita cristiana. Sarà Gesù stesso a metterci in guardia dal pericolo di costruire sulla sabbia, piuttosto che sulla roccia: “Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia […] Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia” (Mt 7,24-26).
Gesù è preso dal sospetto che quanti lo cercano e lo seguono non abbiamo ancora compreso le sue esigenze e non abbiamo maturato un’autentica adesione di fede. Per questo prova a lanciare un’indagine in due tempi. Prima chiede ai suoi discepoli: “Le folle chi dicono che io sia?”. Dopo aver raccolto le loro risposte, prosegue: “Ma voi chi dite che io sia?”. L’evangelista Luca crea un dittico letterario, tratteggiando due atti consecutivi, e situazioni nettamente contrapposte.
Primo atto
Alla domanda su ciò che pensa la folla su Gesù, i discepoli riportano le molte opinioni che dimostrano l’estrema confusione, le molte opinioni, le molte interpretazioni della persona di Gesù che non approdano alla definizione corretta della sua identità e della sua missione. Il risultato dell’inchiesta lanciata volutamente dal Maestro è davvero deludente. Molti lo seguono, ma le motivazioni sono precarie e insufficienti. Il sospetto che Gesù aveva risulta fondato.
Secondo atto
Gesù rivolge la stessa domanda ai suoi discepoli. Interpella quelli della sua cerchia, mette alla prova la loro comprensione e le ragioni della sequela: “Voi chi dite che io sia?”. Risponde Pietro in prima persona: “Il Cristo di Dio”. La successiva proibizione che Gesù impone di non riferirlo ad alcuno conferma la verità della professione di fede.
Carissimi, la fede di Pietro è la fede dei Dodici, è la fede della Chiesa; e la fede della Chiesa è esattamente la fede di Pietro. Pietro è roccia della fede della comunità: “Io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli (Lc 22,32). La Chiesa professa la fede di Pietro e Pietro professa la fede della Chiesa. Al di fuori della Chiesa serpeggia solo una religiosità insidiata dalla confusione, dall’ideologizzazione, dalla manipolazione e strumentalizzazione settarie. Oggi l’apostolo Paolo ricorda ai cristiani la loro identità: “Siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù”. Non si tratta di una fede qualunque o la fede di chiunque. E’ la professione della fede che precede e prepara l’immersione del battesimo nel senso della madre Chiesa: “Questa è la nostra fede, questa è la fede della Chiesa”. Per la condivisione dell’unica fede in Gesù Cristo e dell’unico battesimo in Cristo “tuti voi siete uno in Cristo Gesù”.
+ Gerardo Antonazzo