IL PANE E’ LA MIA CARNE
Omelia per la solennità del Corpus Domini
Cattedrale di Sora, 22 giugno 2014
Carissimi fratelli e sorelle,
la nostra liturgia celebra in modo solenne, gioioso e convinto, la centralità del mistero dell’Eucarestia nella vita della Chiesa, e di ogni singolo credente: “La mia carne è vero cibo, e il mio sangue vera bevanda”.
La pagina del vangelo, tratta dalla ricca catechesi di Gesù sul “pane della vita” riportata nel capitolo sesto del quarto vangelo, è un testo di auto-rivelazione. Infatti Gesù, Figlio di Dio, dichiarando “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo”, utilizza per se stesso l’Io sono pronunziato da Yahweh nell’Antico Testamento per la rivelazione al suo servo Mosè del suo nome proprio (“Io sono Colui che sono”). Gesù, dopo aver operato a favore della folla stanca la moltiplicazione dei pani e dei pesci, passa dal pane mangiato, all’annuncio di un pane capace di saziare la fame del cuore umano, fino a sfamare il desiderio di vita eterna. E dichiara la perfetta coincidenza tra questo pane promesso e la sua persona: “Il pane che io darò è la mia carne”.
Il Corpus Domini è sorto come festa speciale dedicata al culto e all’esaltazione del Corpo e del Sangue di Cristo, ed è esattamente l’invito alla lode e all’adorazione che ricorre negli Inni eucaristici di san Tommaso. Così nel Pange, lingua: “Canta, o lingua, il mistero del corpo glorioso e del prezioso sangue, effuso, per riscattare il mondo, dal re delle genti, frutto di un grembo generoso”. “Prostràti, veneriamo un così grande sacramento (Tantum ergo sacramentum veneremur cernui)”.
La memoria dell’istituzione dell’Eucaristia e l’adorazione del Corpo e del Sangue del Signore si accompagnano e si alternano negli Inni di san Tommaso con una intensa e calda implorazione: “Ti chiediamo, o Dio trino e uno: come noi ti onoriamo, così vieni a visitarci, e sulle tue vie sii guida alla mèta cui tendiamo: alla luce che tu inabiti” (Sacris sollemniis).
Tra i molteplici aspetti legati al mistero del pane di vita, desidero riprendere tre peculiarità del sacramento eucaristico.
Il sacramento dell’incontro
L’eucarestia è il sacramento dell’incontro tra Dio e l’Uomo. Il Dio invisibile si rivela all’uomo, e a lui si consegna nella concretezza della sua carne umana: “Et Verbum caro factum est” (Gv 1). Dio pone la tenda della sua presenza nella carne umana di Gesù di Nazareth, nato dal grembo di Maria. L’eucarestia è il sacramento della carne umana del Cristo, segno reale della sua vita e della sua presenza tra gli uomini e per gli uomini.
L’eucarestia è anche sacramento dell’incontro degli uomini tra di loro: “Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (1Cor 10,17). In quanto sacramento dell’incontro, l’eucarestia edifica la reale e solida comunione con Dio e con i fratelli.
Per tali ragioni, l’eucarestia è paradigma della Chiesa. Infatti, sia l’Eucarestia sia la Chiesa sono segni e strumenti di comunione. La Chiesa attinge dall’Eucarestia la forza spirituale per costituirsi sacramento di unità, nel cuore dell’umanità ferita dal peccato che causa divisioni e disgregazioni: “E siccome la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (LG 1).
La Chiesa, alimentata dal pane eucaristico, deve essere maestra della cultura dell’incontro con Dio, con gli uomini, e tra gli uomini. Ogni cristiano, nutrito della santissima eucarestia con senso di profonda fede, deve essere segno di comunione, costruttore di unità.
L’eucarestia favorisce la cultura dell’incontro, perché educa all’accoglienza, all’ascolto, alla condivisione, alla fraternità, al perdono, all’abbraccio di pace, alla frazione del pane che rende tutti partecipi dell’unico mistero.
Il sacramento delle trasformazioni
Durante la preghiera eucaristica la Chiesa si rivolge al Padre per invocare il dono dello Spirito Santo sul pane e sul vino, “perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore” (Preghiera eucaristica III). Negli Inni eucaristici di san Tommaso d’Aquino ricorre l’invito alla lode e all’adorazione. Così nel Pange, lingua: “Canta, o lingua, il mistero del corpo glorioso e del prezioso sangue, effuso, per riscattare il mondo, dal re delle genti, frutto di un grembo generoso”. Nell’inno eucaristico “Adoro te devote”, la lode al Corpo e al Sangue del Signore mirabilmente si fonde in appassionata e lirica preghiera: “Il Verbo fatto carne con la sua parola rese la propria carne pane vero, mentre il vino diventa il sangue di Cristo; che, se i sensi si smarriscono, la sola fede basta a rassicurare il cuore sincero”. La sacra dottrina del teologo, tutta intrisa di Scrittura, e la vena ispirata del poeta si fondono con la devozione accesa dell’orante, quasi con lo spasimo del mistico, che parla dall’abbondanza del cuore e che brama di vedere Cristo di là dai veli e dai nascondimenti del sacramento. L’inno è stato definito “una di quelle composizioni armoniose e geniali, insieme ricche e semplici, che sono servite, più di molti libri, a formare la pietà cattolica” (Wilmart). Poema teologico, accuratamente strutturato nel ritmo e nelle assonanze, è, insieme, tutta un’invocazione personale a Gesù nell’Eucaristia: “Devotamente ti adoro, o verità nascosta, che ti celi veramente sotto queste forme. Il mio cuore tutto a te si sottomette, poi che a contemplarti si sente tutto venir meno (Adoro te devote, latens veritas, / te quae sub his formis vere latitas. // Tibi se cor meum totum subicit, / quia te contemplans totum deficit)”.
Nella medesima preghiera eucaristica, la Chiesa celebra una seconda invocazione dello Spirito Santo, per implorare una nuova trasformazione, quella dell’assemblea dei fedeli: “A noi che ci nutriamo del corpo e del sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo, in Cristo, un solo corpo e un solo spirito” (Preghiera eucaristica III).
Infine, mangiando il pane, che è Cristo, ogni credente è trasformato in Lui. Cristo viene ad abitare, a prendere possesso della nostra vita e ci fa vivere un rapporto nuovo con lui e tra noi. Sant’Agostino esprime questa convinzione interpretando così il gesto di Gesù che si dona a noi in comunione: “Io sono il nutrimento degli adulti. Cresci, e mi mangerai, senza per questo trasformarmi in te, come il nutrimento della tua carne; ma tu ti trasformerai in me” (Agostino, Confessioni, VII, 10).
L’Eucarestia è il sacramento della condivisione
L’unione con Cristo che si realizza nel Sacramento ci abilita anche adlla conviviliatà di rapporti sociali: la «mistica del Sacramento” ci apre ad una “mistica sociale”. Il sacramento eucaristico comporta un’ipoteca sociale, perché è sacramento della fraternità. Ogni cristiano formato alla scuola dell’Eucaristia, è chiamato ad assumere direttamente la propria responsabilità politica e sociale. Perché egli possa partecipare degnamente alla mensa del Signore, occorre che si prepari a svolgere adeguatamente i suoi compiti di cristiano attraverso una concreta educazione alla carità e alla giustizia (cfr. Sacramentum caritatis, 91).
L’Eucarestia è sorgente di carità sociale: educa il cristiano a passare dalla carne di Cristo, ricevuta nella santa comunione, alla carne di Cristo toccata, servita, abbracciata nei malati, nelle persone che la società spesso considera “pietre di scarto”. Ci ricorda Papa Francesco: “Possiate riconoscere nella persona sofferente la carne di Cristo. I poveri, anche i poveri di salute, sono una ricchezza per la Chiesa”. Maria, madre dell’umanità di Cristo, ravvivi la nostra fede nella presenza reale del suo Figlio Gesù Cristo. Amen.
+ Gerardo Antonazzo