Intervento di Beppe M. Roggia sdb nel Convegno Pastorale Diocesano

SCELTE  DI  VITA   &  CRITERI  DI  DISCERNIMENTO

Beppe M. ROGGIA    sdb

20 giugno 2014

 

  1. Parlare di scelte di vita oggi: è ancora possibile?

Parlare di scelte di vita nella nostra epoca sembra un po’ come parlare una lingua da extraterrestri. Davvero è ancora possibile fare delle scelte per tutta la vita?  O bisogna accontentarsi semplicemente di fare tante esperienze e delle avventure a tempo, come un lavoro  for the time being?  Nel supermercato delle eccessive proposte della nostra società quello che veramente conta è piuttosto provare tutto il più possibile ma senza scegliere nulla. Per cui il desiderio di provare rimane ancora sempre quello vincente, il più forte rispetto al gusto di vivere in profondità un’esperienza unica, cioè quella per cui si è fatti.

  1. Vocazione: per chi  e  in che modo?

Oltre a ciò, negli ultimi 60 / 70 anni è cambiata molto l’idea di scelta di vita o di vocazione.  Intanto abbiamo ancora una paura matta ad usare questa parola, perché nell’immaginario della maggior parte delle persone si pensa esclusiva dei preti e delle suore. In compenso questa parola viene bellamente utilizzata per indicare un particolare carisma / dote di un giocatore, di un attore, di un divo o diva. Oppure se l’appropria qualche ditta per reclamizzare le proprie specialità. Ad es. la ditta che gestisce il nostro servizio mensa riporta  sul suo cartoncino pubblicitario ditta N X, la vocazione della ristorazione. Mentre, come diceva già Paolo VI°, tutti hanno una vocazione, persino le singole foglie di una pianta. Dunque, dato per scontato  e ammettendo che questa scelta di vita sia veramente per tutti, le cose si sono complicate ancora di più, perché in questi anni si sono scontrati 2 / 3 modi di vedere attorno alla questione della scelta di vita / vocazione. C’è chi tradizionalmente la continua a vedere come una specie di imposizione da parte di Dio, proprio come se noi fossimo dei semplici robot  telemanovrati dal suo “telecomando”, in certo senso costretti a fare una determinata scelta di vita (= concetto spiritualistico della vocazione). In opposizione a questo modo di vedere c’è chi intende la scelta di vita come un qualcosa che mi invento tutto io in base a quello che più mi va a genio. Per cui, se Dio c’è, non c’entra con questa mia scelta. Me la invento, programmo e realizzo tutta io da solo, perché sono in grado di farlo. E’ inimmaginabile e sconcertante anche solo parlare di progetto di Dio nei nostri riguardi (= concetto psicologistico della vocazione). Per fortuna c’è infine chi considera la scelta di vita  / vocazione come una combinazione fatta bene delle due precedenti. Questa cosiddetta scelta di vita è sì tutta opera di Dio ma al contempo è tutta opera mia. Dio prende sì l’iniziativa, non buttandomi a caso ad esistere su questo pianeta, ma, servendosi dei miei genitori con tutto il patrimonio genetico che mi trasmettono e programmandomi per un determinato scopo, in modo tuttavia che riesca ad esprimermi in modo unico ed irripetibile. Fatto questo aspetta che io risponda in tutta libertà. Posso rispondere di sì oppure rispondere di no, per cercare di esistere in un altro modo rispetto a quello in cui sono stato pensato. E’ come il gioco del ping-pong. Se uno inizia il gioco e lancia la pallina, è pronto ad aspettarsi di ricevere la risposta. Se la risposta non viene, il gioco si interrompe. Ecco, la scelta di vita in tutta la sua ricca e sfidante verità, è un gioco di chiamata e di risposta. E questo non una sola volta, con un solo tiro, ma attraverso un gioco che dura tutta l’esistenza, giorno dopo giorno (= concetto antropologico-cristiano dela vocazione).

  1. Scelta di vita: un congegno tipo matrioska

Un gioco di chiamata e risposta , dunque, ingegnoso come la tecnica delle matrioske, le famose bambole russe, una serie di identikit dello stesso personaggio (in questo caso una elegantissima contadina vestita a festa) ma uno dentro l’altro, fino al nucleo centrale. Così la scelta di vita / vocazione. Si parte dalla dimensione più grande, cioè la vocazione alla vita. Solo se credo e accetto questa, posso scoprire dentro la scelta ulteriore di vita, cioè la vocazione a Gesù Cristo. Dentro la vocazione a Gesù Cristo trovo poi la vocazione alla Chiesa. E finalmente, dentro la vocazione alla Chiesa, trovo il senso delle diverse vocazioni, tutte belle e tutte ugualmente importanti. Solo confrontandomi con tutte queste, dopo avere fatto i passaggi precedenti , trovo il nucleo centrale, quello più importante di tutti per me, cioè la mia vocazione.

  1. Fatti per tutto o per una sola cosa?

Il guaio grande, nonostante  il progresso straordinario della scienza e della tecnica del nostro tempo, che ci fa illudere di essere chissà chi, è credere di potere vivere a caso, senza cercare e darsi da fare per quella scelta di vita che ci corrisponde. Se uno non trova la sua vocazione, ciò per cui è fatto, non solo resterà un po’ meno fortunato ma è difficile che arrivi ad essere una persona veramente felice e realizzata. Questo significa che, anche se abbiamo una quantità enorme di doti e qualità, non siamo fatti per qualsiasi cosa, o professionalità o impiego. C’è un solo canale nella nostra vita, nel quale scorrono bene tutte le nostre energie. Diversamente ci riduciamo a vivacchiare, assaggiando appena le possibilità dell’esistenza oppure, anche se ci impegniamo,  ci accontentiamo di vivere in maniera scontata, al ribasso di tutte le nostre doti. Se va bene non oltre il 40%.  Dunque, sul discorso scelte di vita non si può scherzare o fare finta di niente, andando avanti a caso e alla deriva: ne va della riuscita e della felicità della nostra esistenza.

  1. Discernimento: che cos’è e a che cosa serve?

Qui entra in gioco il discorso sul discernimento. Questo Dio che non ci ha programmato a caso e tanto meno ci ha buttato a caso a vivere su questo pianeta, ma ci ha sognati e voluti per vivere in modo unico ed irripetibile, sembra, a prima vista, che abbia reso le cose un po’ difficili. Infatti non è così semplice scoprire ciò per cui siamo fatti, vista la ricchezza delle qualità e delle possibilità a nostra disposizione. Eppure, come abbiamo detto, esiste un solo canale della nostra vita, nel quale scorrono bene tutte le nostre energie, doti e ricchezze di personalità. Questo canale è unico ma bisogna scoprirlo.  Perché Dio ha reso le cose così difficili? Semplicemente per il motivo che abbiamo detto sopra. Dio chiama e programma in tutta libertà, la libertà dell’amore e vuole, di conseguenza, una risposta altrettanto libera. Se questo canale della nostra piena realizzazione fosse così chiaro e precisato in tutti i dettagli fin dall’inizio, noi saremmo psicologicamente “costretti” a seguirlo. Ma così non saremmo pienamente liberi. Per questo egli ha organizzato le cose in maniera così “misteriosa”. Per trovare dobbiamo proprio tenerci e volerlo: andare a cercare la nostra vocazione e sceglierla come opzione fondamentale della nostra esistenza, in mezzo a un intrico di infinite possibilità. Qui, in questa ricerca, che si attua in gran parte con il discernimento, giocare la nostra risposta libera. Ecco, discernimento è un’altra parola da marziani, soprattutto per noi che viviamo in quest’epoca. La nostra specialità è quella di essere immediati ed istintivi, perché i mezzi di comunicazione e tutto l’impianto della reclamistica e della pubblicità ci hanno educato ad essere così. Eppure, nella tradizione cristiana il discernimento è sempre stato una faccenda molto familiare e molto importante. Discernimento, per usare delle parole molto semplici, indica la capacità, per dono di Dio, di distinguere ciò che lo Spirito del Signore suggerisce al nostro cuore rispetto a tutto un insieme di bisogni, desideri, ambizioni, pulsioni, che si muovono dentro di noi e ci spingono o verso di Lui oppure da un’altra parte, oppure si riducono solo a qualcosa di immediato, che non va al nucleo importante della nostra esistenza. La vita, bisogna che lo riconosciamo, è una cosa complessa e, direi anche, soprattutto in questa stagione storica, piuttosto complicata, sempre esposta al bene e al male; a ciò che è fondamentale per l’esistenza e ciò che è distruttivo, oppure è solo una perdita di tempo e di energie preziose; tentata dal Maligno e insieme mossa dalle energie di luce e di forza dello Spirito Santo.  In questo groviglio siamo chiamati a scegliere un’azione piuttosto che un’altra; ad accogliere o a rifiutare una chiamata, una scelta e una decisione da prendere. Non si tratta di dividere ma di capire ogni cosa per quello che è, in relazione all’altra. Il contrario di distinguere è confondere. Non distinguere è fare un frullato ed omogeneizzato indigesto per la persona. Distinguere una cosa dal contrario è invece essere in grado di compiere azioni umane libere e responsabili. L’uomo è essenzialmente decisione. Attraverso di essa l’uomo plasma la sua esistenza storica unica con la libertà di decidersi pro o contro se stesso.L’obiettivo fondamentale del discernimento rimane la volontà di Dio sulla propria vita: conoscersi davanti a Dio e quindi cogliere il suo disegno sulla propria persona, fra moti interiori consolanti e promozionali e moti desolanti e bloccanti in mezzo a  confusione e paura. E decidersi infine per le possibilità di Dio. Questo, nonostante che ogni decisione non sia mai assolutamente sicura  ma sempre fasciata di nebbia, perché non possiamo prevedere che cosa incontreremo sulla strada che abbiamo intrapreso. Tuttavia è importante riconoscere la parte conflittuale presente nel proprio cuore. Per questo ci vuole un cammino educativo-terapeutico, che permetta la progressiva maturazione ed integrazione. Una lotta con se stessi, nella relazione con gli altri e con Dio fra desiderio ed aggressività, secondo gli scatti di sicurezza interiore posseduta e verso l’accettazione profonda di sé con sana assertività.

  1. Il discernimento si fa lungo un percorso: 3 passaggi maturativi della persona e 5 passaggi vocazionali                

Si collega a questo tutto il discorso sul discernimento vocazionale. Esso deve avvenire tenendo presente il quadro del percorso verso la vita adulta in via di maturazione. Abbiamo tre passaggi fondamentali: situazione egocentrica, bisogno di imitare un modello, disposizione sociocentrica o allocentrica. In genere il discernimento e la scelta di vita avviene in corrispondenza con questi passaggi attraverso cinque fasi: emozione privilegiata (=sentirsi particolarmente attratti da una certa vocazione); bisogno di imitare un modello; sincero atteggiamento di ricerca (= quando con realismo si confrontano le esigenze di una determinata vocazione con la propria realtà di persona); esperienze vocazionali di confronto e di prova; scelta definitiva. Cfr. tavola infra:

 

                    Passaggi  maturativi                      Passaggi vocazionali
Situazione egocentrica = fanciullezza

 

– Emozione privilegiata

 

Bisogno di imitare un modello = preadolescenza / adolescenza – Bisogno di imitare un modello vocazionale
Disposizione sociocentrica = adolescenza ⇒ giovinezza ⇒ adultità

 

– Sincero atteggiamento di ricerca

– Esperienze vocazionali di confronto

– Scelta definitiva

 

Occorre anche discernere con ordine e con un procedimento “ad imbuto”: il discernimento fondamentale rimane tra matrimonio e vita di consacrazione; ma qui si esigerebbe una trattazione tutta a parte che ci porterebbe lontano.

  1. Le stagioni della maturazione vocazionale:

PREADOLESCENZA  –  ADOLESCENZA  –  GIOVINEZZA

Vogliamo fermare la nostra attenzione su quelle fasce di età che vanno dalla Preadolescenza alla Giovinezza, con un solo breve cenno sul 2° viaggio della vita, perché è qui che si giocano le carte più importanti dell’accompagnamento personale ed è qui che si gestisce il grosso della Pastorale Vocazionale.

Diciamo subito che, oggi, un po’ come nella meteorologia di questi tempi, ci troviamo a vivere e a lavorare con le stagioni scombinate.

Un tempo, con ogni probabilità, si privilegiava la Pastorale dei Ragazzi, oggi tutta l’attenzione si concentra sulla Pastorale dei Giovani. In questo modo però si corre il rischio di frastornare un serio apporto educativo e costruttivo, con conseguenze preoccupanti proprio nell’accompagnamento personale e nella Pastorale Vocazionale.

Nei tempi andati, con la concentrazione sulla Pastorale dei Ragazzi, da un punto di vista vocazionale si confondeva la stagione della semina ( presentazione delle varie vocazioni, prime proposte e sogni vocazionali, … ) con il tempo della crescita e della maturazione ( la decisione vocazionale e l’impegno in un ruolo vocazionale ).

Si pretendeva che un ragazzo di 12 anni vedesse già chiaro nella sua vocazione e, per di più, fosse già in grado di decidere seriamente sulla sua vita.

Oggi, privilegiando la Pastorale dei Giovani, continuiamo a scombinare le stagioni, anche se in maniera opposta.

Si trascurano decisamente le età precedenti, si orientano la maggior parte delle attenzioni e degli interventi sulla Giovinezza, pretendendo di condensare in un breve tempo la stagione della semina, la stagione faticosa dell’accestire e la stagione della crescita e maturazione.

Questo è dannoso per la crescita equilibrata dei nostri giovani  ed è certamente poco redditizio dal punto di vista della maturazione nella fede e nella vocazione.

Bisogna fare “ecologia pastorale”, tornando a rispettare le stagioni, facendo vivere ai nostri destinatari tutto e solo quello che è proporzionato alle diverse età della loro crescita.

Solamente così è garantito un serio lavoro pastorale ed un altrettanto serio accompagnamento  maturativo verso la scelta di vita.

Le stagioni in questione sono tutte importanti , con caratteristiche specifiche, e devono essere rispettate e servite così.

In tema con questo discorso è importante ricordare che non ci si può ridurre a fare “proposte ritagliate” da un punto di vista vocazionale o tenere conto solamente di qualche aspetto della personalità dei nostri destinatari e, di conseguenza, sviluppare e potenziare solo questa ( lo sport, la cultura, la formazione professionale, la vita di preghiera e sacramentale, …)

Chi fa accompagnamento deve avere continuamente presenti tutte le dinamiche di quell’età e di quella stagione, oltre che di tutti gli elementi della personalità: corpo, sensibilità, intelligenza, volontà, doti profonde, coscienza.

Un vero accompagnamento personale[1], tanto più se vocazionale, è sempre un lavoro di sintesi di tutta la personalità, sia nell’affrontare i vari problemi, sia nel fare proposte di itinerari di crescita, sia nel condurre a delle decisioni.

Chi si riduce solamente a curare qualche aspetto, corre il rischio molto probabile di “fare dei buchi nell’acqua” e, certo, non dà un serio aiuto ai ragazzi ed ai giovani per quanto riguarda la loro crescita. Vediamo comunque in modo più dettagliato

⇒ La stagione della semina = PREADOLESCENZA

La preadolescenza è il periodo della crescita che si colloca tra la fanciullezza e l’adolescenza e si estende, indicativamente, tra i 10 /11 anni fino ai 14 anni. E’ un’età felicissima per la creazione della base dell’identità personale. E un’età caratterizzata dal bisogno di scoperta e dal bisogno di nuove relazionalità, al di là della cerchia familiare.

Ragazzi e ragazze con un prorompente bisogno di vita psicomotoria e di esprimersi facendo.

Il gruppo dei pari è il luogo privilegiato di tutto questo, come gusto di stare e di fare insieme.

L’amicizia è vissuta come esperienza ricca e maturante.

Resta comunque un’età di multiforme dipendenza. I preadolescenti vivono un avvio di autonomia ma rimangono decisamente ancorati alla famiglia ed agli adulti significativi. Inoltre subiscono un condizionamento enorme da parte dei modelli. ambientali, soprattutto dei Mass Media e sono spesso vittime di logiche consumiste e di iperprotezione.

Il cammino della loro crescita non consiste nell’ accontentamento generalizzato o nella eccessiva protezione (così la crescita si blocca), come troppo spesso succede nell’opera di una vera educazione.

I preadolescenti sono un laboratorio straordinario di energie, che non può essere “tenuto in frigorifero ” ma ha bisogno di scoprirsi e di esprimersi sperimentando ruoli nuovi, assumendo anche piccole responsabilità proporzionate ed esercitandosi a fare i piccoli protagonisti.

La vita in gruppo è allora il luogo in cui affidare ai preadolescenti delle attività e dei ruoli formativi.

L’accompagnatore personale (si spera caldamente che possa essere contemporaneamente un adulto significativo all’interno del gruppo dei preadolescenti) tiene conto di tutte queste caratteristiche e stimola il gruppo dei preadolescenti nella scoperta e nel condividere.

Questo nelle esperienze di preghiera; da curare particolarmente la preghiera di ringraziamento per la scoperta dei doni personali, dei doni del gruppo, del dono degli avvenimenti; inoltre la ricerca nella Bibbia e nella storia della Chiesa dei modelli, presentati e rivissuti magari anche attraverso la drammatizzazione. Di qui la presentazione delle varie vocazioni nella Chiesa; tutte importanti e belle, tutte impegnative.

Poi il loro scoprire esperienzialmente la bellezza delle più svariate attività di gruppo, sia ludiche che di impegno, fino al gusto di avviare un piccolo servizio verso gli altri, compiuto assieme.

In concomitanza, non trascura di contattare i singoli, instaurando con ciascuno, con una certa frequenza, un cammino di accompagnamento personale, senza tante forme ufficiali e senza esteriorità, però un vero cammino di formazione.

Si avviano i singoli ad un amicizia sentita con Gesù, vissuta attraverso un proprio ruolo giocato bene nella Celebrazione dell’Eucaristia.

Si fa scoprire la gioia del chiedere perdono nella Riconciliazione e li si aiuta nella scoperta delle proprio doti. Inoltre li si stimola a sognarsi in grande, come adulti, nei modelli delle varie vocazioni e li si allena nei piccoli gestì di generosità quotidiana.

⇒ La stagione dell’accestire  = ADOLESCENZA

Tutti sappiamo che l’adolescenza, da stagione biologica, sta diventando condizione esistenziale, dilatandosi sempre più e fagocitando sia la preadolescenza sia soprattutto la giovinezza, prospettandosi così come adolescenza senza fine.

Noi comunque vogliamo dedicare una grande attenzione alla stagione di vita compresa tra i 14 e i 18 anni, perché molto preziosa e ricca per la crescita, come la stagione, invernale, dopo la semina, tempo apparentemente morto, di gelo e di freddo, è determinante per la crescita successiva. Come le pianticelle di frumento, durante quella stagione, accestiscono, cioè moltiplicano foglie e virgulti sulla base dello stelo, così gli adolescenti diventano ricchissimi di istanze e di possibilità, nella misura in cui ne prendono coscienza e si lanciano in avanti.

Una stagione segnata dal travaglio per la crescita nell’identità, vissuta per lo più in modo burrascoso e conflittuale verso se stessi e verso gli altri.

L’adolescente vive il bisogno di staccarsi dai modelli proposti:  dalla famiglia alla pratica religiosa, alla scuola, alle varie strutture della società e progredire per essere se stesso e diventare adulto in fretta.

Ma tutto questo è vissuto attraverso percorsi contraddittori, frammentari e molto differenziati, magari anche disturbati e squilibrati con confusione e crisi continue. L’adolescente è ricco di istanze di cui ha paura. Perciò le suo manifestazioni, anche stravaganti, sono in realtà delle invocazioni di aiuto, perché l’adulto saggio possa intervenire, senza essere iperprotettivo e senza colpire maldestramente.

La dimensione unitaria della personalità dell’adolescente è soprattutto emotiva ed egli vive la tendenza a stare al caldo protettivo e cerca la sua forza nell’identità del gruppo, a cui fa riferimento.

Purtroppo genitori ed educatori accontentano troppo.

Mentre gli adolescenti hanno bisogno di adulti che li provochino e li sfidino nell’autocritica, proprio perché l’adolescente è ambivalente ed ambiguo per definizione.

La figura dell’accompagnatore personale dove entrare in questo tipo di adulto rispettoso, attento ma anche provocatore.

E questo innanzi tutto nel campo della preghiera.

L’adolescente contesta la Chiesa e prende le distanze dalla pratica religiosa: è il momento di provocarlo sul rimettere in gioco il suo Battesimo; sulle motivazioni della sua fede; facendogli percorrere un vero cammino di catecumenato in preparazione alla Cresima o rigiocando il suo essere cristiano, in modo da avviarlo verso una scelta personale di Gesù Cristo e dei suo Vangelo.

Così è importante che l’accompagnatore aiuti il gruppo degli adolescenti ed i singoli ad un tipo di preghiera, che volutamente tralasci le formule e diventi preghiera di situazione e del travaglio della stagione, che stanno vivendo.

Avviarli a pregare con l’espressione dei proprio corpo; avviarli a pregare con i fatti del giornale e con il rivedere le proprie esperienze.

L’adolescente fugge dal sociale e dall’impegno per gli altri, preferendo decisamente il conformismo di gruppo nelle mode e nel divertimento: è il momento di far vivere loro delle esperienze forti a contatto con situazioni molto toccanti di servizio e di attenzione agli ultimi e, di conseguenza, provocare come singoli e come gruppo, un impegno di servizio, maturato via via come senso di responsabilità verso gli altri.

Dal punto di vista vocazionale l’adolescenza è la terra più feconda, anche se i margini sono ancora tanto confusi.

L’adolescente tenta di elaborare una prima ipotesi di sé e della sua vita, da verificare e sperimentare.

Non c’è da decidere ancora nulla ma da decidere di provare e di buttarsi in esperienze di servizio.

L’accompagnamento individuale deve essere allargato a tutto campo, aiutando pazientemente l’adolescente a passare dallo sfruttamento e dalla banalizzazione delle proprie doti allo scoprirle come un dono, da mettere generosamente a servizio degli altri.

L’accompagnatore sa venire incontro con humor e attenzione alla sua sfacciata contestazione ed aiuta a cercare e trovare nell’immensa sete di significato, che tortura l’adolescente nella sua giovane esistenza.

Lo abilita a saper leggere senza euforia o paura, con sana critica e benevolenza, le proprie esperienze positive e negative.

Così l’adolescente dovrebbe scoprire, in questo confronto, la bellezza della Riconciliazione, come sintesi di tutto il precedente e come scoperta di Dio, Padre attento, misericordioso e promotore della sua esistenza.

Ci vuole però un enorme dose di pazienza, tolleranza e costanza.

Non siamo soltanto noi accompagnatori a provocare gli adolescenti, in realtà essi per primi ci mettono a dura prova, per vedere se vogliamo loro veramente bene e se siamo in grado sul serio di dare loro fiducia.

La tentazione di lasciare perdere, perché gli Adolescenti sono deludenti e contraddittori, perché prendono le distanze da noi e, apparentemente, non ci apprezzano è troppo diffusa e miete anche oggi molte vittime fra genitori, educatori ed accompagnatori personali e di gruppo.

E decisamente più facile lavorare con i Preadolescenti ed i Giovani.

Ci dimentichiamo che non è questa la stagione del raccolto, bensì quella dell’accestire nel freddo dell’inverno.

Chi non si scoraggia nel suo lavoro con gli Adolescenti e continua a voler bene, a seguire da vicino, nonostante tutte le fatiche apparentemente inutili, gioca in realtà la carta vincente.

›⇒ La stagione della crescita e della fioritura = GIOVINEZZA

Il giovane, nei confronti dell’Adolescente, gode di una maggiore, anche se relativa stabilità e consistenza di personalità.

Tuttavia non possiamo pretendere delle garanzie di stabilità definitiva.

Rendendosi conto delle proprie possibilità e dei propri limiti, i giovani costruiscono le proprie aspirazioni con maggiore realismo.

La giovinezza, che tradizionalmente inizia verso i 18 anni e si estende ad decennio successivo, è da molti ritenuta oggi come un prolungamento dell’adolescenza. Essa comporta la conquista di diversi traguardi nella formazione dell’identità. Ma, nella temperie di oggi, per il permanere di vistose forme di dipendenza e conformismi, abbiamo:

–  più dipendenza dal consumismo che da una sufficiente integrazione di sé.

–  affettività con ricerca esasperata di gratificazione nei rapporti interpersonali e di coppia

–  pluriappartenenza contemporanea a diversi gruppi e gruppodipendenza

–  disaffezione lavorativa

–  disimpegno socio politico

–  religiosità frammentaria e fortemente soggettivizzata

–  indecisione o stagnazione nelle decisioni vocazionali

–  ….

In una parola,  si può parlare, nei riguardi dei giovani, di “ identità debole”, specchio ed espressione della cultura debole della nostra società del frammento.

Tuttavia è possibile lavorare per costruire oltre: non per fatalità i giovani di oggi devono restare prigionieri del frammento.

Questa deve essere la prima convinzione nostra, da porre come una delle basi del lavoro di accompagnamento personale.

A questa età è già avvenuta la presa di distanza dai genitori e dai modelli delle varie strutture della società, modelli contestati o emarginati durante l’adolescenza.

I giovani vivono ancora fortemente una dipendenza dal gruppo ma anche qui non è più un assoluto.

Le prime esperienze affettive di innamoramento e di coppia, l’avviarsi alla conclusione dei ciclo di studi con la maturità scolastica o le prime esperienze di lavoro mettono necessariamente i giovani alle prese con la prospettiva di un proprio progetto di vita, per quanto solo abbozzato.

Il pericolo è che il giovane si accontenti di questo, e vada avanti cosi, sull’onda delle circostanze.

L’appoggio del gruppo a questa età è ambiguo: può, a determinate condizioni, essere maturativo oppure diventa rifugio, nido, specie se accentua la dimensione di dipendenza o sussistono forme di integralismo.

Il grande compito dell’accompagnatore è quello di “stanare” il giovane dal rifugio, che si è costruito nella frammentarietà dell’identità debole.

Dal punto di vista della preghiera occorre che il Giovane maturi nella scelta personale convinta e responsabile della fede, soprattutto esercitandosi a far giostrare insieme preghiera e vita quotidiana.

Il saper essere fedeli e costanti ad un cammino quotidiano di preghiera personale col Vangelo e col giornale, per lasciarsi provocare dalle intenzioni di Dio e dalle sfide del Pianeta.

Il saper essere fedeli agli appuntamenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione, scelti ormai di propria convinzione e responsabilità, per incrementare il proprio vivere di fede nella situazione dei proprio quotidiano. E poi cominciare sul serio ad aprirsi alla realtà Chiesa nel suo insieme, al di là dell’esperienza di piccola Chiesa nel proprio gruppo.

Molto utile per questa apertura qualche esperienza forte: convegni ecclesiali, grandi convocazioni, luoghi di intensa spiritualità,…; a patto che non rimangano parentesi evasive.

Occorre far maturare ulteriormente la capacità di servizio.

Ormai non basta più semplicemente aggiungere altre esperienze di servizio alle precedenti; con la guida dell’accompagnatore personale si va a scegliere esperienze di servizio mirate, cioè in linea col cammino di scoperta della propria vocazione.

Ma il lavoro più arduo per l’accompagnatore è quello di aiutare il giovane a discernere chiaramente la propria scelta di vita e a maturare, di conseguenza, la propria decisione.

Questo forse e senza forse è il punto più arduo per il giovane oggi.

Si tratta, attraverso un cammino costante di preghiera, di servizio e di confronto frequente (tutte e tre le cose insieme; è pericoloso separarle o privilegiarne solamente una), iniziare il giovane a leggere realisticamente e responsabilmente nel proprio progetto di vita.

Il primo traguardo significativo di questo cammino si ha quando un giovane accetta di confrontare il proprio progetto di vita, più o meno chiaro od appena abbozzato, con un disegno più grande:  “ Cosa  pensa  Dio  nei miei riguardi, oltre a ciò che ho progettato io?

E questo senza paure che Dio sia un concorrente della mia felicità od il guastafeste della mia vita.

Ma come si fiderà un giovane ad accettare di confrontarsi con il progetto di Dio, tanto da arrivare ad abbandonare i propri scherni prefabbricati, per accogliere il disegno di Dio?

E’ possibile solo se il giovane rimane a contatto vivo con vocazioni riuscite ed entusiaste, sia nel matrimonio che nella vita sacerdotale e religiosa,  gente che possa garantire , dopo un certo numero di anni, che Dio non tarpa affatto le ali della persona e della sua realizzazione, al contrario moltiplica in grande le possibilità di ciò che ognuno è a tutt’oggi.

Tuttavia questo non è ancora tutto. Bisogna arrivare ad accettare di confrontare il proprio progetto col disegno di Dio, che si chiama vocazione. E ciò esige di arrivare, con un cammino progressivo, fino ad abbracciare con fiducia quanto ha sognato Dio sulla propria vita e … partire.

E, qui, la fatica decisionale è davvero grande e la fatica dell’accompagnatore nello stimolare senza costringere o senza perdersi d’animo, altrettanto.

Accettare di lasciare le pluriappartenenze e la spessa collezione delle varie esperienze anche valide, per incamminarsi nell’avventura della propria scelta di vita, che esige la totalità dell’impegno e dell’attenzione; vivere una sola appartenenza, quella di identificarsi pienamente con la propria vocazione, è cosa indubbiamente molto esigente.

Per molti Giovani questo lasciare per seguire è addirittura drammatico.

L’accompagnatore personale deve saper dimostrare allo stesso tempo fermezza e comprensione, senza cessare di “stare alle costole ” e senza ossessionare.

In casi sempre più numerosi, per sbloccare la situazione, è importante prospettare al giovane, paralizzato davanti alle sue decisioni, ” l’esperienza del frullatore “, cioè l’esperienza di un servizio dì volontariato fuori della propria cultura (nei paesi dell’Est o nel <<Terzo Mondo >>) oppure alcune esperienze di “ servizio a shock ” presso centri di particolare attenzione agli ultimi, dove le resistenze, che sono in gran parte frutto della cultura dominante, vengono frantumate e si inizia a vedere la realtà da altri orizzonti e prospettive, senz’altro in modo più realistico.

E quindi a tutto vantaggio della verità vocazionale della propria persona.

Può essere interessante confrontarsi sui momenti di maggiore sicurezza (e quindi di capacità di decisione) nella crescita del giovane europeo di questi ultimi anni, in base ad una ricerca realizzata qualche anno fa. Essa, nel picco di 18 / 19 anni  sembra motivata dalla prima grande prova di sé, data negli esami di maturità e dal raggiungimento della maturità civile. Il traguardo tuttavia  è solo momentaneo. Prende di nuovo il sopravvento l’insicurezza che si trascina, in genere, fino ai 25 anni circa.

Cfr. il grafico infra:

Grafico-1

  1. Il discernimento per una pastorale giovanile seria

Fare una pastorale giovanile seria allora, anche e soprattutto oggi, equivale a fare una pastorale vocazionale seria. E seria vuol dire almeno queste tre cose:

8.1. Tutti i ragazzi e giovani hanno diritto a scoprire la loro vocazione in vista della loro scelta di vita per non vivere a caso

8.2. E’ indispensabile ed urgente accompagnare i/ le ragazzi /e a scoprire ed accogliere la propria vocazione, perché, diversamente, è impossibile pensare di realizzare pienamente la propria vita e maturare diventando adulti nella propria umanità e nella fede

8.3. Per non tradire questa scoperta occorre mettere in funzione il “Quadrifoglio Vocazionale”. Esso consiste in quattro strategie fortunate di pastorale giovanile vocazionale seria:

♣  accoglienza ed ambiente: i nostri giovani trovano ambienti con molte proposte dalle discoteche ai night-club, ai pub, alle palestre, sale giochi, ….., dove trovano tutto quello che vogliono per lo sport e il divertimento. E’ inutile pensare di gareggiare in questo senso. Abbiamo però un punto vincente che non trovano in tutti quegli ambienti: una bella e calda accoglienza. Basta che vogliamo…

♣  catechesi vocazionale: un itinerario di fede per tutte le fasi educative fanciulli, preadolescenti, adolescenti, giovanissimi, giovani, giovani adulti,…, nelle quali far passare il Vangelo della vocazione nella strettoia della Cresima, nei Campi Estivi, nei Ritiri Spirituali ed Esercizi, …… E questo attraverso l’ormai famoso marchingegno della matrioska:

◊ vocazione alla vita = maturare alle responsabilità umane fondamentali: (una vita sola a disposizione: cosa fare per non sprecarla; la mia vita contiene una grossa responsabilità verso gli altri, quindi…..)

◊ vocazione a Gesù Cristo = rigiocare responsabilmente il proprio battesimo. Consegnando la vita a Lui, perché sia Lui a decidere cosa ne devo fare

◊ vocazione alla Chiesa = giocare responsabilmente la Cresima, scoprendo la Chiesa come la famiglia di tutte le vocazioni, scoprendo il posto che devo occupare in essa con la mia scelta di vita, optando decisamente per la dimensione del servizio

◊ vocazione personalissima = accogliere la propria unicità ed irrepetibilità nel contesto del progetto di vita per cui io personalmente esisto e sono fatto

♣  servizio proporzionato e maturativo

 

♣  accompagnamento vocazionale personale: indici da tenere presenti: integrazione personale, preghiera, servizio, fedeltà agli appuntamenti di accompagnamento personale.A questo punto, scoprire e trovare quello che Lui desidera concretamente da te non sarà più un affare lungo, soprattutto se poni in atto tre cammini significativi:

♦ Un cammino costante di preghiera personalizzata con Dio. A contatto con la sua parola tutti i giorni e scodellando il tuo vissuto quotidiano davanti a Lui. Parola e quotidiano sono come il pane fragrante di ogni giorno, che rinfrancano il cuore e ti evidenziano la sua chiamata. Questa non arriva mai attraverso occasioni straordinarie, bensì nelle circostanze di tutti i giorni, nella vita normale, come ha fatto con gli apostoli.

♦ Un cammino di servizio, per smuovere la tua esistenza dall’essere autocentrato come un’ostrica allo scoglio e così renderti più attento e malleabile alla sua chiamata, qualunque sia la tua vocazione.

♦ Un cammino di accompagnamento personale umano e spirituale, perché nessuna persona riuscita si è mai costruita da sé con le proprie mani, ma affidandosi con fiducia ad una guida delle strade della vita. Ecco, in breve, ciò che mi sembra voglia dire che all’origine dell’esistenza c’è un progetto di amore.

  1. Riassumendo….

Dunque, Dio ti ha pensato e scelto per uno scopo molto speciale da sempre, come afferma S. Paolo nella lettera agli Efesini (cfr. Ef. 1, 4). Ti ha catapultato in questo mondo per compiere qualcosa che puoi svolgere solo tu, con un messaggio particolare da affidare alle generazioni future ed un grande atto di amore da vivere e testimoniare tutti i giorni della tua esistenza, perché, se il progetto è un atto di amore, la realizzazione e la messa in opera deve avere gli stessi connotati. Dio vuole fare dell’amore la forza trainante di tutte le tue scelte, di tutte le tue decisioni ed il motivo base di ogni tua azione. Questa allora è la prima grande coscientizzazione e convinzione della tua vita. Di qui derivano tutte le varie specificazioni concrete del come. Preso coscienza di questo, facendo l’esperienza di sentirti veramente amato da Dio, preceduto ed atteso da Lui, avvertendo chiaro che la tua esistenza è sorretta dalle sue mani sicure e che Egli ha preparato appositamente per te una strada di vita, la risposta che deve scattare immediata non può essere altra che l’amore di consegna: “Che cosa vuoi da me, Signore? Metto nelle tue mani senza condizioni la mia esistenza, perché tu ne faccia quello che vuoi”. E’ Lui, non sei tu, che progetta e ti fa la proposta giusta, perché la tua vita sia un atto di amore vero e pieno.


[1] Teniamo l’indicazione generale di accompagnatore personale che possono essere i genitori, i sacerdoti, i primi educatori a scuola e nella catechesi, gli animatori di gruppo,…

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