Pomeriggio speciale per Moustapha ed Ersilia, lo scorso 18 ottobre, al palazzo dei Congressi a Roma. Le loro poesie hanno ricevuto il Premio Clementoni nell’ambito di un concorso indetto dal CIAS (Centro Internazionale Amici della Scuola). Moustapha Baka ed Ersilia Atalaya sono accomunati, lui giovane del Camerun, lei tredicenne di Sora, dalla profonda sensibilità verso la sofferenza, nella ricerca del senso della vita e della morte. Moustapha scrive il suo testo in francese, lasciando fiorire la sua ferita in poesia, consegnandoci in un flash la sua storia di persecuzione e di dolore. Nel proprio Paese vede trucidati i suoi genitori e nel deserto vede morire suo fratello, con il quale era fuggito per raggiungere la salvezza.
“Si vous laissez votre propre terrain,/ et vous choisissez le chemin du désert,/ Il y a une raison.” Gente di passaggio. Se si lascia la propria terra e / si sceglie la strada del deserto,/ un motivo c’è./ C’è chi/ pensa di essere superiore/ agli altri esseri umani,/ non rispetta la loro vita/ e li costringe a fuggire./ Siamo tutti stranieri in questo mondo,/ siamo solo gente di passaggio!/ Neri o bianchi, siamo tutti fratelli.
Ersilia viene premiata per un testo scritto quando ha appena 11 anni, e sente il boato dell’esplosione che uccide sei operai di Carnello.
“Ho sentito un boato/ un forte boato […] / Non sapevo ancora che quel boato, fosse un boato di Morte./ Quel boato ha portato via con sé sei persone; ha portato via mariti dalle loro mogli; ha strappato padri […], ha portato via fratelli ai propri fratelli/ ha portato via amici dai loro amici./ […] non solo nomi, ma persone oneste;/ persone che lavoravano, per assicurare ai loro cari un futuro migliore./ […]. Resteranno nella mia memoria come Eroi, che hanno perso la vita mentre lavoravano.”
Per una volta si capisce un pò che parole come Caritas, fondazione Migrantes, integrazione, accoglienza, non significano soltanto permessi di soggiorno, pacchi viveri da distribuire, problemi economici e morali da risolvere: c’è un mondo da vivere al positivo, accettando di mettersi in viaggio con nuovi compagni, che rendono più ricco il cammino e migliore la ricerca del senso delle cose che viviamo, anche quelle più difficili da affrontare. La verità, ricordata nella nostra lingua o in francese, da una ragazza cattolica, o da un musulmano, è che «Noir ou blanc, nous sommes tous frères». Come dire: anche chi non vuole riconoscere di avere lo stesso Padre che ci rende tutti fratelli, potrà comunque farsi la domanda: apparteniamo o no alla stessa razza umana?
Antonella Piccirilli