Convito Nuziale

Messa “In Coena Domini”

Pontecorvo-Concattedrale, 29 marzo 2018

Il termine cenacŭla nell’antichità generalmente designava i locali al primo piano della casa romana (Varrone, De lingua lat., V, 162). Il “cenacolo” era una stanza, di solito piuttosto grande, usata per la coena, pasto principale della giornata, al quale prendevano parte tutti i familiari, insieme con gli ospiti eventualmente presenti. Anche nel vangelo “cenacolo” indica l’ anágaíon, la parte superiore ed ospitale dell’abitazione (Mc 14,15;Lc 22,12). La Colletta di oggi definisce il rito che Gesù compie nel Cenacolo con i suoi apostoli “convito nuziale del suo amore”.

Le “novità” del Cenacolo

I riti della Pasqua ebraica richiedevano la riunione di ogni famiglia per la celebrazione dell’antico  rito. Anche Gesù organizza la “famiglia” spirituale dei suoi discepoli: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi (Mc 14,14-15). L’intenzione non era ripetere l’antico rito giudaico, ma di istituire un rito “nuovo”. Il pane azzimo Gesù lo dichiara come suo corpo, il vino lo annuncia come suo sangue, l’uno offerto e l’altro versato “per voi”. Con essi, annuncia il compimento di una “nuova” alleanza: si compie definitivamente il patto nuziale tra Dio e l’umanità, già preannunciato dalla grande tradizione profetica, prefigurato anche nella narrazione giovannea del banchetto di Cana (Gv 2), definitivamente istituito nel Cenacolo . In esso tutto parla di amore sublime: le parole della Cena sono parole d’amore, il pasto si rivela come un banchetto nuziale, la lavanda dei piedi (gesto di accoglienza e di ospitalità compiuto da uno schiavo per il benessere degli ospiti) compiuta dal Maestro rivela l’amore umile da servire senza eccezioni e distinzioni.

Alleanza nuziale

Dal  Cenacolo i coniugi attingono la fiducia, la forza, e la gioia di fare famiglia.

La ricchezza inaspettata del Cenacolo nutre la vita della Chiesa, e la vita di ogni famiglia “chiesa domestica”, “cenacolo domestico”, “focolare” domestico. Con il dono supremo del suo amore Gesù rende nuovo l’amore di  ogni coppia e di ogni famiglia. L’amore coniugale ritrova nel Cenacolo, e quindi nella celebrazione eucaristica domenicale, la carta costituzionale sulla quale fondare le relazioni nuziali, per celebrare ogni giorno la “nuova alleanza” stipulata nel patto sacramentale.

Nel dono del suo corpo, offerto “per voi”, Gesù rinnova in ogni coppia l’amore “per te”, l’uno per l’altro/a, attraverso il dono del proprio corpo. Il dono del proprio corpo per l’altro/a è segno di un amore a prova di libertà, totalità, di gratuità, di definitività. Il corpo donato non è più soltanto mio, e non mi appartengo più: appartengo a colui al quale mi sono donato. Donare il proprio corpo è un atto di consegna, di fiducia, di affidamento, intimità, dono irrinunciabile e irrevocabile. E’ un atto irreversibile, è una decisione che mi unisce al corpo dell’altro in tutto e per tutto, il processo inverso è impensabile. Cristo nel Cenacolo donando il suo corpo nel sacramento del pane si consegna totalmente alla Chiesa, Sua sposa, così da diventare con lei un solo “corpo”. Grazie all’eucarestia, i coniugi si consegnano tra loro totalmente, per essere non più due, ma un’unica carne indivisibile, inseparabile. Non può più ritornare ad essere “due”: ogni divisione non potrà che fare male, provocare solo dolore e sofferenza.

La coppa del vino nel Cenacolo diventa il calice del sangue, “versato per voi”. Versare il sangue è dare la vita, amare è dare la vita, non è prendere per sé la vita dell’altro per dominare e farla da padrone. L’espressione “dare il sangue” significa essere pronti a tutto, al massimo del sacrificio generoso.

Anche la lavanda dei piedi detta legge circa i rapporti familiari, i quali dovranno essere regolati non dal “potere” del più forte, dalle pretese, dalle rivendicazioni, dall’orgoglio, ma dall’umiltà silenziosa e disinteressata. Chi più ama più si piega: abbracciare i piedi significa baciare la sua storia, il suo cammino, le sue fatiche, e accogliere l’altro così com’è!

Comandamento nuovo 

Il Cenacolo si rivela apprendistato infallibile dell’amore maturo, adulto, coerente. Il Cenacolo  educa ogni famiglia all’amore vero: il comandamento nuovo che Gesù consegna alla Chiesa e alla “chiesa domestica” è sintesi di tutto ciò  che il Signore ha celebrato la sera della Cena. Nell’amore che si sprigiona dal Cenacolo si impara a circondare l’altro/l’altra/gli altri di sollecitudine, di tenerezza, di comprensione, di ascolto, di accoglienza incondizionata, senza alcuna volontà di “potenza” per sottomettere o alienare.

Se la famiglia impara ad abitare l’Eucarestia domenicale,  e a respirare il clima spirituale dei doni e dei segni del Cenacolo, l’amore si lascia rinnovare e rigenerare: “Perché allora il Signore dice nuovo un comandamento che sembra essere tanto antico? È forse un comandamento nuovo perché ci spoglia dell’uomo vecchio per rivestirci del nuovo? Certo. Rende nuovo chi gli dà ascolto o meglio chi gli si mostra obbediente. Ma l’amore che rigenera non è quello puramente umano. È quello che il Signore contraddistingue e qualifica con le parole: Come io vi ho amati. Questo è l’amore che ci rinnova, perché diventiamo uomini nuovi, eredi della nuova alleanza, cantori di un nuovo cantico” (S. Agostino, Trattato 65, 1-3).

+ Gerardo Antonazzo

 

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