Diaconato permanente per il futuro della nostra Chiesa

1. Introduzione

Assente nella Chiesa latina per numerosi secoli, passati ormai 50 anni della sua restaurazione, 20 dall’esperienza nella nostra Chiesa, 14 dalla Nota Pastorale Diocesana sul diaconato permanente (3 sett. 1997), abbiamo percorso un cammino, anche se non è passato un tempo ancora lungo.

Il diaconato si fa strada laddove si è in grado di pensare ed attuare la comunione ecclesiale sulla base della diversità e complementarietà dei carismi e dei ministeri.

Contribuire alla formazione di coloro che vivono il ministero diaconale significa anzitutto aiutarli a interpretare il loro vissuto, riconoscendovi i segni effettivi della grazia e quindi gli indizi di una vocazione diaconale che è necessario rinnovare e rimotivare.

Cosicché il ministero diaconale non andrà immaginato come privo di qualsiasi rapporto con quanto può offrire il cammino di formazione, bensì, al contrario, come in forte e naturale continuità, ferma restando la disponibilità a viverlo in totale obbedienza alle richieste del Vescovo.

Formare, dunque, significherà valutare, confermare, orientare, espandere, selezionare le esperienze in atto e, soprattutto, aiutare a leggerle e fonderle spiritualmente, riconducendole al mistero di grazia della vocazione diaconale.

Ciò significa che il cammino di formazione deve poter continuare, arricchirsi di ulteriore esperienze di studi e di confronto, sia sull’attività pastorale, come su temi teologici e culturali e tutto questo non potrà che rifluire beneficamente sulla stessa maturazione umana.

Ma ad ognuno dei diaconi è anche chiesto di conferire forma propria al cammino spirituale, decidendone, certo in modo non autonomo, i tempi e i modi di attuazione, fornendo a ciascuno indicazioni precise per una proposta più ricca, dedicata ai grandi temi della spiritualità e delle virtù umane, con l’invito ad accostare figure di santità negli incontri annuali di gruppo.

Il lavoro, le giuste esigenze della vita familiare e gli incontri di gruppo, gli incarichi parrocchiali e zonali, gli irrinunciabili momenti di preghiera quotidiani delle Scritture e dei Padri della Chiesa, la partecipazione all’Eucarestia con una certa frequenza: tutto questo va calato nella vita di ogni giorno in modo tale che risulti efficace in ordine all’esercizio del ministero.

La quotidianità è il banco di prova della proposta formativa.

Quattro le finalità della formazione: continuare a camminare tra discernimento e formazione; verificare il peso della destinazione pastorale; accentuare una forma di ministero diaconale più missionario; abilitare ad uno stile qualitativo del celebrare la vita sacramentale.

2. Continuare a camminare tra Discernimento e Formazione.

Per quanto riguarda, il discernimento vocazionale, sono convinto che la scelta giusta è quella di essere molto rigorosi, perché i diaconi devono essere molto attenti all’immagine che oggi offrono.

Occorre forse anche dire che, facendo discernimento, andrà tenuto presente che diventare diaconi non è un modo di promuovere il laicato: ci si metterebbe su un sentiero sbagliato. La promozione del laicato ha altre strade da seguire.

Chi è chiamato a fare discernimento? Quale la sua durata? Come è da intendere?

Quanto alla formazione è giusto riflettere un po’ di più per trovare un punto di equilibrio sull’itinerario teologico e culturale. Quale “scuola” destinare alla loro formazione?

Spesso si è pensato di perdere le possibili vocazioni, sottovalutando le esigenze della formazione culturale.

Se penso che ai diaconi è dato come ministero quello di fare l’omelia, occorre dire che proprio tale responsabilità presuppone una quadratura mentale più specifica in senso teologico e culturale.

Un ministero, quello della predicazione complesso, che viene esercitato solo da pochi diaconi nella nostra Chiesa, perché ancora certe condizioni non lo richiedono.

Ci sono state alcune difficoltà in questi primi anni di esperienza diaconale, soprattutto in riferimento all’omelia – predicazione. Perché? Quali gli strumenti, i tempi, i contenuti per la preparazione?

3. Il peso specifico della destinazione pastorale.

Il ministero del diacono va inteso come cooperazione del ministero episcopale e a servizio delle comunità nelle varie zone pastorali.

Occorre essere attenti e non affidare ai diaconi dei ruoli e dei compiti che li situino ai margini del sacerdozio, in un ruolo di quasi esclusiva supplenza dei presbiteri.

Sarà utile essere chiari nella natura degli uffici e degli incarichi loro attribuiti, ma anche sulle condizioni che possono favorire una corretta articolazione di questo ministero con gli altri ministeri dentro la nostra Chiesa locale.

Questa esperienza mi lascia intravedere che, nel futuro, viste le prospettive delle unità pastorali, c’è uno spazio per il diaconato permanente a tale livello.

Il diacono permanente dovrà essere introdotto in un lavoro plurale che coinvolge già alcune esperienze e alcuni sacerdoti.

Peraltro va detto con chiarezza che il diacono non sostituisce la figura del parroco, e tuttavia può essere molto prezioso per essere punto di riferimento a proposito dei vari aspetti della vita della comunità (catechesi, liturgia, carità…).

Il riferimento alle unità pastorali mi suggerisce che i diaconi nel futuro vanno scoperti e incoraggiati sul territorio stesso nel quale poi potranno esercitare il ministero.

A quelli attuali va chiesto di cambiare mentalità e di perseguire un lavoro di pastorale comune: tutti vanno messi in condizione di servire la zona e il territorio.

Sono tutti soddisfatti della destinazione pastorale? Come verificare e qualificare la propria presenza? Quali compiti continuare a garantire e altri no?

4. Una forma di ministero diaconale più missionario.

Se mi domando quali forme del ministero diaconale possono dare corpo a una prospettiva missionaria, mi sembra che si debba rispondere facendo riferimento anzitutto al fronte della “ comunicazione della fede”.

Penso al compito di garantire, nella nostra Diocesi, la formazione dei catechisti, degli animatori, dei responsabili dei gruppi di ascolto del Vangelo, dei responsabili degli itinerari di preparazione al matrimonio, sulla frontiera della scuola e in altre forme ancora.

Come garantire competenza e incisività di un lavoro che sarà sempre più urgente, ma non facile, nella nostra Chiesa?

Un altro sentiero di ministero diaconale da considerare molto rilevante è garantire una formazione che aiuti a compiere gesti di carità, promuovere le Caritas zonali e parrocchiali.

Quale la presenza dei nostri diaconi negli ospedali, case di cura, case di riposo, nel grande lavoro di visita ai malati delle nostre parrocchie?

Quale competenza per entrare in questi campi di prossimità? Quali corsi frequentare?

5. Testimoni di una ministerialità sacramentale.

Rimane importante quell’ aspetto del ministero diaconale che si chiama liturgia. L’abbiamo già ricordato parlando dell’omelia, ma si deve aggiungere qualcosa. Spesso ho raccomandato ai nostri amici diaconi che non interpretino questo ambito fondamentale della vita ecclesiale come un rifugio individualistico.

Va rimarcato fortemente la grande urgenza di fare delle nostre parrocchie delle “scuole di preghiere”.

Ai diaconi è chiesto un aiuto qualitativamente importante perché le celebrazioni feriali e festive siano preparate, animate, partecipate, dignitose, tenendo presente le norme liturgiche, i tempi e i ritmi del celebrare.

Ai diaconi è chiesto di far crescere la ministerialità nell’azione liturgica e di incarnare uno stile diaconale consapevole di cosa fare, di come muoversi, di cosa dire, di come proclamare il Vangelo.

Certi momenti impacciati, alcune espressioni creative di scambio della pace e di congedo, senza tener conto di quelle diversificate, proposte e contenute nel Messale Romano, la propria posizione accanto al presbitero – vescovo, assente, lontana, distratta o chiassosa, il non saper stare in piedi o inginocchio, dopo anni di mistero, manifesta l’esercizio di un ruolo non pienamente “sacramentale” e non adeguato al mistero che lì si celebra.

E inoltre potrà essere offerta una collaborazione alla forma di “liturgia della parola” in assenza del presbitero.
E infine potranno collaborare alla formazione dei Ministri Straordinari della Comunione.

Come “perfezionare” il proprio essere nel presbiterio per interpretare un ruolo e incarnare un rito?

Sono queste solo alcune suggestioni per comprendere meglio il senso del diaconato e anche per suggerire sentieri per il futuro di tale ministero nella nostra Chiesa.

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