La routine di un tranquillo pomeriggio d’inverno nel centro storico di Sora è stata interrotta dall’improvviso elenco di santi invocati da un megafono e seguito da una nutrita presenza di suore, religiosi, consacrati, in un lento procedere dalla chiesa di San Francesco lungo il Corso dei Volsci, con il Vescovo Gerardo, in direzione della cattedrale, ognuno con una candela benedetta fra le mani, a indicare la luce che viene da Cristo, la luce che emana dalla vocazione religiosa e consacrata a vario titolo, la luce che siamo chiamati a diffondere nel mondo.
Un evento vissuto sotto il segno della luce quello che il 2 febbraio ha visto convenire a Sora da tutta la diocesi più di un centinaio fra religiose, religiosi, laici consacrati, per celebrare il giubileo della Misericordia e la conclusione dell’anno dedicato in tutta la chiesa alla vita consacrata. E quello della luce è stato anche il tema attorno al quale l’omelia del Vescovo Gerardo ha ruotato, nel corso della celebrazione eucaristica, in una cattedrale ornata da molte suore degli istituti religiosi, da presenze significative dei monasteri della diocesi, dai laici consacrati a speciale titolo, mescolati fra la gente: tutti insieme, germoglio di popolo di Dio che offre la propria vita con semplicità, riconoscendo la fragilità della propria condizione umana, e la grandezza della chiamata di Dio che sostiene ogni vita donata nell’amore.
Il Vescovo Gerardo ha fra l’altro sottolineato nella sua omelia che “… la consacrazione non è il risultato di calcoli o di iniziativa umana. E’ accoglienza della Luce che entra nel tempio della propria esperienza… La vita consacrata, pur travagliata e indebolita dalle difficoltà, deve brillare come lucerna”; ha richiamato poi il messaggio forte e vibrante consegnato da Papa Francesco a tutta la chiesa italiana, e che i consacrati sono chiamati a testimoniare con la vita. Tre le parole chiave: umiltà, disinteresse, beatitudine.
Umili, cioè liberi, obbedienti e mai autoreferenziali; disinteressati, cioè poveri, per fare spazio a Dio; beati, cioè felici di appartenere a Cristo, con il cuore aperto e lo spirito gioioso.
Un bel programma di vita, seminato nei cuori di chi è chiamato a vigilare e a riconoscere i segni della presenza di Dio nel mondo, “per imparare a vivere – conclude don Gerardo – nell’attesa continua della sua venuta nella vita quotidiana… e continuare a benedire Dio anche quando una spada trafiggerà l’anima“.
A chi ha incrociato all’uscita della cattedrale questa insolita piccola folla di veli, tonache e sorrisi, forse sarà tornata in mente un’aula scolastica, un letto d’ospedale, una confessione decisiva, un colloquio di confidenze, sospiri e parole consolanti, un momento di gioia condivisa, di dolore addolcito dalla tenerezza…. tanto bene ricevuto, tanto amore donato.
E se fra i pensieri fosse affiorato – ahimè – qualche tratto di durezza, qualche parola amara ricevuta, gesti che magari hanno segnato battute di arresto nella vita e nella gioia, chissà se un incrocio di sguardi, in quest’anno dedicato alla misericordia, ci potrà aiutare a ricominciare, nel perdono reciproco e nella verità.
sr. Antonella Piccirilli