Materiale Catechesi 2015 SCHEDA 5 ELEMENTARE

SCHEDE 5 ELEMENTARE

I TAPPA

Gesù ci chiama all’incontro con Lui: Sacramenti e quotidianità (dall’inizio del catechismo fino alla domenica di Cristo Re)

 

 

Incontro 1: incontro di introduzione

In questo primo incontro si vive un momento di accoglienza presentando ai ragazzi cosa faranno durante l’anno. Si suggerisce di percorrere con loro il percorso fatto l’anno precedente.

Quest’anno il percorso che faremo sarà un percorso di sintesi e allo stesso tempo di conoscenza. Sintesi perché riprenderemo e approfondiremo quanto già visto in questi anni; di conoscenza perché ci occuperemo di trasformare tutto in vita quotidiana. Nel primo periodo rileggeremo i sacramenti, cercando di comprendere come sia possibili viverli nella quotidianità. Nel secondo periodo l’argomento sarà l’avvento con la preparazione al Natale. Nel terzo periodo si propongono diversi incontri, in modo particolare quelli che rileggono la testimonianza cristiana alla luce dei dieci comandamenti. In Quaresima ripercorreremo la via della croce attraverso alcune figure presenti nella narrazione del vangelo. E infine nell’ultimo periodo ripercorreremo il nostro essere Chiesa.

Mentre per alcune tappe: avvento, terza tappa (dal battesimo di Gesù al mercoledì delle ceneri e l’ultima tappa (da Pasqua fino alla fine dell’anno catechistico), la traccia per ogni percorso è prevista dal testo, per altre due tappe: quella iniziale e quella della quaresima si seguiranno le schede che presentiamo.

 

Incontro 2: “I Sacramenti di partenza: Battesimo – Eucarestia – Confermazione”

Come è naturale partiamo dall’inizio, da quei sacramenti chiamati sacramenti dell’iniziazione cristiana: Battesimo, Eucarestia, Confermazione. Non vogliamo fare un trattamento di teologia sacramentaria, ma cerchiamo di capire questi tre sacramenti che devono essere letti in un tutt’uno. Innanzitutto perché vengono chiamati sacramenti dell’iniziazione cristiana? Perché sono i sacramenti che “iniziano” cioè che ci generano alla vita cristiana. Così come quando da piccoli abbiamo imparato a camminare, a mangiare, e fare altre cose che riguardano la nostra quotidianità che una volta imparati non dimentichiamo, allo stesso modo i sacramenti dell’iniziazione cristiana ci iniziano alla vita cristiana in un continuo crescere.

Il battesimo è il primo dei sacramenti, senza di esso non si potrebbe accedere agli altri. Se non sei battezzato non puoi fare la comunione, non puoi confessarti, ecc.. Il battesimo ti fa entrare nella famiglia dei figli di Dio, diventi cristiano. Il Battesimo è quel sacramento a partire dal quale puoi celebrare gli altri sacramenti, perché ti permette di entrare nella famiglia dei figli di Dio; è come una porta d’ingresso in cui spalancate le porte tu inizi a vivere il tuo essere parte della famiglia. Il Battesimo è quel sacramento che ti chiama alla santità. La santità non è semplicemente avere il riconoscimento quando si è morti, ma oggi essere chiamati alla santità significa vivere la propria vita in pienezza. Collegato al Battesimo troviamo il sacramento della Confermazione. Questo sacramento nella storia è nato perché con l’ingrandirsi delle diocesi e la costituzione delle parrocchie, il Vescovo non riusciva a poter conferire i sacramenti a tutti. Per questo motivo la Chiesa costituì il sacramento della Confermazione, che in seguito divenne il sacramento attraverso cui i ragazzi, capaci di comprendere e dare motivo delle proprie scelte, si impegnano a vivere il loro essere cristiani.

Infine abbiamo il sacramento dell’Eucarestia. È il sacramento che ci dà la possibilità di sederci alla “tavola” con Gesù per nutrirci di Lui e con Lui. L’Eucarestia è il sacramento che, insieme al Battesimo, ci permette di vivere tutti i sacramenti, perché tutti si possono vivere solo dopo essere stati battezzati e, solitamente, si vivono nella celebrazione dell’Eucarestia.

 

Incontro 3: Il sacramento del ritorno: la riconciliazione

La chiamata alla santità iniziata con il Battesimo, confermata con la Cresima e nutrita con L’eucarestia, a volte può incontrare dei momenti di fermo. Il peccato stesso è quella macchia che sporca il nostro cammino alla santità; è come un ostacolo che non ti permette di camminare in modo spedito. Quando il peccato arriva, ecco che il nostro cammino è lento, affaticato, come se un peso ci bloccasse. Ecco che Gesù ci ha donato il sacramento della riconciliazione. È il sacramento in cui non solo noi “raccontiamo al prete i nostri peccati”, ma soprattutto il momento in cui dinanzi a Dio riconosciamo che Lui ci vuole bene e gli chiediamo di continuarci a voler bene senza guardare i nostri sbagli. È come quando dopo aver combinato qualcosa di sbagliato chiediamo scusa ai genitori, chiedendo loro di continuare a volerci bene senza tener conto dei nostri errori. E nello stesso momento noi ci impegniamo a non fare più errori, ci impegniamo a camminare senza pesi addosso. Ecco che la riconciliazione è il sacramento del ritorno perché ci fa tornare a camminare in modo spedito verso la santità.

 

Incontro 4:  Il sacramento del sostegno: Unzione degli infermi

Il cammino verso la santità non è un cammino a termine (cioè che dura alcuni giorni, mesi, anni) ma un cammino che dura per tutta la vita. E quando sopraggiunge la malattia, la vecchiaia, quelle situazioni di vita dove la disperazione prende il sopravvento, dove ci sentiamo deboli, Dio non ci lascia soli ma ci dona la sua forza: il sacramento dell’unzione degli infermi. Questo sacramento lo conosciamo come estrema unzione perché erroneamente lo colleghiamo al sacramento prima della morte. In realtà si tratta proprio di un sacramento legato al sostegno da parte di Dio verso ciascuno di noi. Anche se legato soprattutto all’età anziana perché maggiormente esposta alla malattia e alla possibilità della morte, ma riguarda tutti. Ciò che contraddistingue questo sacramento è proprio l’unzione con l’olio degli infermi. L’immagine dell’olio richiama il segno della forza che viene dato da Dio ai suoi figli per aiutarli.

 

Incontro 5:  I sacramenti per vivere la professione da cristiani: Ordine Sacro e Matrimonio

Gli ultimi sacramenti che prendiamo in considerazione sono il sacramento del Matrimonio e quello dell’Ordine Sacro. Se nel Battesimo abbiamo ricevuto la chiamata alla santità, nell’Eucarestia troviamo il cibo che ci sostiene in questo cammino, con la confermazione siamo chiamati a camminare verso la santità, con il sacramento della riconciliazione Gesù ci aiuta a ripulirci di quei pesi che rallentano il nostro cammino. Ma come vivere la chiamata alla santità? Ecco che la risposta ci viene data da questi due sacramenti. Ciascuno di noi è chiamato a vivere il proprio cammino verso la santità così come sa fare, ecco che siamo invitati a scegliere se essere santi attraverso la consacrazione totale a Dio attraverso il sacramento dell’ordine, oppure attraverso la scelta della consacrazione attraverso il dono all’altro/a nel sacramento del Matrimonio. Spesso erroneamente si è pensato che uno dei due era migliore dell’altro, in realtà possiamo leggere questi due sacramenti come due aspetti di uno stesso cammino, l’importante è camminare insieme verso la santità

II TAPPA

L’incontro con Gesù nel Natale (Avvento)

In  questa seconda tappa sono proposte 4 tappe dall’unità didattica “Sulle strade del Signore”.

 

III TAPPA

La testimonianza con il Vangelo (dal 7 gennaio fino al mercoledì delle Ceneri)

Per questo periodo sono proposti diversi incontri, ma la precedenza la vogliamo dare a quegli incontri che sono presenti nel progetto dall’incontro “siate perfetti” all’incontro “dov’è il tuo tesoro”. Questo periodo è un periodo che varia a seconda della lunghezza del tempo a disposizione.

 

IV TAPPA

I personaggi della Via Crucis (quaresima)

In questo periodo proponiamo la riflessione attraverso alcuni personaggi che ritroviamo nella via crucis. Anche se solo delineati nei Vangeli, vogliamo rileggere la loro figura anche con la nostra esperienza della vita.

Incontro 1:  la figura di Maria

Iniziamo gli incontri con la prima figura che è quella della Madonna: Maria.

Nelle tappe della via crucis la ritroviamo due volte: una prima volta quando va incontro al Figlio che porta la croce, una seconda volta quando la ritroviamo sotto la croce.

Nel Vangelo ci viene raccontata così:

Dal vangelo secondo Giovanni

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio! “. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre! “. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.

 

Facciamo un passo indietro: se ripercorriamo alcune pagine del Vangelo possiamo notare come Maria era stata messa a conoscenza di quanto sarebbe accaduto. In modo particolare l’anziano Simeone aveva predetto a Maria che Lui, Gesù, era venuto per la salvezza degli uomini, ma allo stesso tempo avrebbe dovuto soffrire molto. A tutto ciò che gli viene detto, di Maria si dice solo che “conservava tutte queste cose nel suo cuore”. Quando arriva l’arresto di Gesù ecco che tutto ciò che le era stato detto si avvera: Lui, Gesù, doveva soffrire molto fino alla morte. Tutto ciò che era stato detto dai profeti fino alla profezia dell’anziano Simeone, era tutto vero e stava accadendo sotto i suoi occhi. Ma Maria resta lì, fin sotto la croce, quando riceve in dono da suo Figlio l’umanità intera, nessuno escluso. Tutti figli suoi. Ma la Madonna dinanzi a tutto questo ci dona anche la speranza. Dinanzi a tutta la sofferenza, ecco che Maria ha sempre la speranza. È come se lei è consapevole che non tutto può finire così. Il “dovrà molto soffrire” si è avverato, ma “Lui è qui per la salvezza di molti”, quando si avvererà? Ecco che c’è la speranza della Madonna che la croce non è la parola fine ma ci sarà altro, qualche altro evento che verrà a cambiare la storia.

Maria ci insegna che nella sofferenza bisogna continuare ad avere lo sguardo verso Gesù, a fidarci di Lui per far crescere la speranza in noi.

 

Incontro 2:  la figura di Simone di Cirene

Altra figura è quella di Simone di Cirene, conosciuto come il Cireneo. Il Vangelo lo racconta così:

Dal Vangelo secondo Marco

Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce.

 

“Lo costrinsero a portare la croce”

Così ci viene presentato Simone di Cirene: una persona che viene fermata sulla strada di casa, e obbligato a portare la croce di qualcun altro! Non gli viene offerta nessuna parola gentile, nessuna preoccupazione per chi lo aspettava a casa, viene reso partecipe della sofferenza di Gesù diventando testimone vero della sua Passione. Condivide con Gesù la fatica e il dolore fino al Calvario.

La figura del Cireneo ci insegna da un lato a farci prossimi degli altri ad essere cirenei degli altri, ma allo stesso tempo ci invita ad aprire gli occhi verso coloro che sono cirenei nei nostri confronti.

E noi? Tutti ci portiamo dietro una croce piena di difficoltà, dolori, insicurezze, delusioni, e non possiamo far altro che caricarcela sulle spalle tutte le mattine nella speranza che qualcuno ci noti e ci chieda di noi; spesso però ci si focalizza talmente tanto sulla propria croce da ignorare quelle degli altri. E qui ognuno dovrebbe chiedersi: Mi faccio carico anch’io delle croci degli altri, condividendo il loro dolore?

 

Incontro 3:  la figura della Veronica

Questo terzo incontro vede la figura della Veronica. Non abbiamo un brano del Vangelo che ci parla della Veronica, ma possiamo legare il suo gesto, e quindi alla sua persona, ad un brano dell’Antico Testamento, del profeta Isaia, che viene proposto proprio in occasione delle celebrazioni della Passione:

Dal libro del profeta Isaia

Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato.

Oggi cerchiamo sempre la bellezza, cerchiamo di far di tutto per apparire, convinti che più siamo belli e più gli altri ci ammirano, si avvicinano a noi perché noi siamo i più belli degli altri. Ma quando si dice che la bellezza non è tutto, è vero. La figura della Veronica ci insegna questo: la bellezza esteriore, fisica, non è essenziale. Lei è andata oltre quell’apparenza fisica, oltre quel volto sfigurato, andando ad asciugare, a pulire il volto di Gesù.

La Veronica rappresenta un personaggio che noi dovremmo ammirare, perché il gesto che ha fatto verso Gesù, disprezzato da tutti, è molto coraggioso.

Veronica ha affrontato le guardie e la paura di essere castigata per aiutare e confortare Gesù sotto il peso della croce.

Lui per noi ha dato la vita e lo dovremmo ricordare ogni volta che vediamo qualcuno in difficoltà ma spesso ce ne dimentichiamo. Anche noi ogni giorno incontriamo persone bisognose d’aiuto, gli passiamo accanto senza preoccuparci che potremmo fare qualcosa per loro perché troppo preoccupati dei nostri problemi che sembrano non avere mai fine, quando per migliorare la giornata a qualcuno basterebbe anche solo un sorriso.

 

 

 

Incontro 4:  la figura delle donne di Gerusalemme

Se finora abbiamo visto solo singoli personaggi, qui prendiamo in considerazione un gruppo di persone: quelle che vengono definite le pie donne, o, come nel Vangelo, le donne di Gerusalemme:

Dal vangelo secondo Luca

Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato.

Noi quasi sempre pensiamo e critichiamo gli altri ma magari siamo noi a commettere errori. Siamo quasi sempre pronti a guardare quello che gli altri fanno, i loro errori; siamo pronti a scrutare quando cadono. Ma quando cadiamo noi? Quando a commettere gli errori siamo noi? E allora non vogliamo che qualcuno ci dica qualcosa, che ci faccia notare gli errori. Ma grazie alla sua morte e risurrezione egli ci ha dato il dono della speranza per continuare a vivere e anche se commettiamo sempre peccati, abbiamo la grazia immensa del perdono.

Noi ci troviamo qui, sulla via del Calvario ma quando Gesù è passato ci ha detto di non piangere per Lui e per le sue sofferenze ma di piangere per noi e per i peccati che commettiamo. Con le sue parole abbiamo potuto capire il perché Lui si è fatto uomo e ha donato la sua vita per tutti noi. Il Suo invito è quello di non guardare gli altri dall’alto al basso ma di mettersi gli uni accanto agli altri.

 

Incontro 5:  la figura dei soldati e del popolo che guarda

Un altro gruppo di persone sono posti alla nostra attenzione in quest’incontro: il popolo e i soldati.

Del popolo ci dice che è sotto al palco dove presenzia Pilato per gridare la liberazione di Barabba, così come i capi del popolo suggerivano. Sono lì, assiepati lungo la strada che porta al Golgota per assistere a quello spettacolo. E forse qualcuno iniziava a comprendere ciò che stava accadendo, ad altri forse non interessava, per altri forse era solo assistere ad uno di quegli “spettacoli” spesso messi in scena per le strade di Gerusalemme; per altri era tutto così incomprensibile. Eppure sono lì, anche sotto la croce, posti un po’ a distanza da quel luogo.

Dei soldati invece si dice che oltre a fare “servizio d’ordine” lungo la strada che porta al Golgota, li ritroviamo sotto la croce e mentre attendono che Gesù muore, si giocano a sorte la sua tunica.

Questi due soggetti: popolo e soldati talvolta ci somigliano. Sono l’immagine dell’indifferenza e dell’arrivismo. L’indifferenza: quando non siamo capaci di prendere una posizione, ma lasciamo che siano altri a decidere per noi; quando ci fermiamo ai lati della vita, freddi a guardare ciò che accade sotto i nostri occhi senza voler intervenire, aiutare, collaborare; quando nonostante ci viene donato l’amore, noi continuiamo a starcene fermi sulle nostre posizioni perché stanchi e pigri. Oltre all’indifferenza troviamo anche all’arrivismo. L’arrivismo è proprio dei soldati che sotto la croce pensano solo a giocarsi la tunica di Gesù senza dar peso a quello che stava accadendo a pochi metri da loro. L’arrivismo di chi alla fine pensa solo a se stesso, a quelli che possono essere i propri affari lasciando che tutto ciò che ci viene donati scivoli via.

Spesso questi sono i nostri atteggiamenti nei confronti dei doni che Dio ci fa: rischiamo di farli scivolare via senza che tocchino, contagino la nostra vita.

 

Incontro 6:la figura del centurione

Ultimo incontro prendiamo in considerazione la figura del centurione sotto la croce. A differenza degli altri soldati lui riesce a riconoscere la vera identità di Gesù.

Il vangelo ci dice:

Dal vangelo secondo Luca

Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: “Veramente quest’uomo era giusto”.

«All’inizio, pensavo che fosse uno dei soliti bestemmiatori o gran peccatori ebrei che veniva giustiziato dal procuratore per i suoi crimini: mi sbagliavo. Già da come lo vidi uscire dalla gran porta della città, coronato di spine, percosso e con una pesantissima croce sulle spalle, con quello sguardo mite e la faccia bagnata dagli sputi e dalle lacrime, capii che non poteva essere così, non ero proprio d’accordo sul fatto che fosse un malfattore. Questa mia credenza crebbe lungo il ripido sentiero che portava in cima al “Cranio” quando lo vidi cadere all’improvviso e con fatica rialzarsi sulle proprie ginocchia. Quell’uomo, mi dava la sensazione di essere li proprio per questo motivo, per quell’ora e non solo all’ora nona, ossia alle tre del pomeriggio, capii che era li soprattutto per noi, per la nostra salvezza. In quegli ultimi minuti della sua vita ebbi la piena certezza che Lui era il Messia, il Mandato da Dio per salvarci e, dopo averlo visto spirare in quel modo, dissi a tutti ciò che pensavo:” quest’uomo era davvero figlio di Dio”.»

L’esperienza del Centurione è l’esperienza di chi si lascia sorprendere da Dio, da chi lascia che Dio riesce a trasformare la nostra vita con la forza del suo amore, di quel suo essere lì per noi. Le parole del centurione sotto la croce sono una vera e propria professione di fede, perché «vedendo ciò che era accaduto», cioè dopo aver fatto esperienza dell’amore di Dio, dopo aver fatto esperienza di Gesù, lo riconosce e professa la sua fede in Lui.

E noi cosa aspettiamo a lasciare che Dio ci riempia del suo amore? E cosa aspettiamo a fare la nostra professione in Lui?

V TAPPA

Essere nella Chiesa come tralci alla vite (dalla settimana in Albis alla fine di maggio)

Anche questo periodo ha una lunghezza variabile, noi proponiamo sei incontri tratti, tre dall’unità didattica “Credo la Chiesa”, e tre dall’unità didattica “Rimanete in me e io in voi”.

 

 

 

 

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