Mostra fotografica a S. Antonio
La prima Chiesa ricostruita. Il segno della rinascita di una nuova vita
Una mostra fotografica non è soltanto ripetere come un disco rotto una canzone ormai nota per rivangare un passato doloroso e restare ancorati ai ricordi senza protendersi in avanti. Al contrario, la Mostra organizzata nella chiesa parrocchiale di S. Antonio in Cassino, “La prima Chiesa ricostruita. Il segno della rinascita di una nuova vita“, è stato un ricordare per capire e ragionare sul già stato e guardare al futuro. Non si può infatti costruire per il domani se non si conosce quello che è stato. La chiesa di S. Antonio, che i bombardamenti distrussero solo in parte, fu la prima ad essere ricostruita e riaperta al culto nel 1947 e, per volere dell’Abate Ildefonso Rea e del suo motto “dov’era e com’era”, nello stile barocco che aveva prima, tanto che è l’unica chiesa di Cassino che sa di antico, come “una vera e propria reliquia della Cassino che fu”, come ebbe a scrivere il Parroco Don Benedetto Minchella nel libro che fu pubblicato nel 2017, 70° anniversario della ricostruzione. La Mostra fotografica, inaugurata domenica 14 novembre alla presenza del Vescovo diocesano Gerardo Antonazzo, con materiale proveniente dall’archivio di Ivo Sambucci, mostrando le immagini dell’anteguerra, della distruzione e della ricostruzione di Cassino, non solo ha suscitato l’interesse di molti, ma ha fatto riflettere sulla brutalità della guerra e sulla forza d’animo dei superstiti che si impegnarono nella ricostruzione. Infatti nel suo intervento il Vescovo Gerardo ha parlato del sacrificio degli abitanti di Cassino ed ha osservato che siamo solo all’inizio della Ricostruzione: “Questa mostra ci fa riflettere sul perché della tragedia della guerra, ce la siamo davvero lasciata alle spalle? Oggi quelle ideologie, che sembrano avere dei rigurgiti, devono farci pensare e capire il perché di quella guerra, dandoci uno sguardo profetico che ci consenta di ricostruire”. Ecco, uno sguardo profetico per ricostruire. E non siamo forse oggi in un momento in cui non si deve replicare il passato ma costruire un programma nuovo di futuro?, basti pensare alle necessarie e urgenti transizioni ecologica, energetica, comunicativa, dei trasporti… E allora è bene ragionare anche sui criteri che allora furono seguiti e su quelli da preferire adesso.
Quando Don Benedetto Minchella, descrivendo nella sua presentazione la chiesa, ha osservato: “Sono stati buttati giù i resti delle chiese che sarebbero potuti essere parte della memoria storica di quella Cassino che oggi non conosciamo”, ha detto una cosa molto giusta. La ricostruita Cassino è completamente diversa dalla Cassino che fu, pietre di importanti e rappresentativi fabbricati sono andate disperse e solo vecchie e sbiadite foto testimoniano come era. Inoltre una chiesa come S. Antonio, centrale e nevralgica per la città, custodendo e diffondendo la Fede, rappresentò e rappresenta tuttora un importante centro di aggregazione sociale, stimolo ad agire e impegnarsi per il bene comune nel presente e per le future generazioni, davvero “segno della rinascita di una nuova vita”. E i Cassinesi, dopo la guerra, riuscirono a costruire una nuova vita.
A sua volta l’Architetto Giacomo Bianchi, autore dell’interessante progetto di valorizzazione del centro urbano recentemente presentato ed esperto di storia locale, ha fatto una precisa descrizione da tecnico e urbanista della vecchia Cassino e della allora possibile ricostruzione. Al tempo stesso, guardando al futuro, ha prospettato come adesso un nuovo assetto della Città potrebbe attirare turisti e investimenti stranieri. A tal proposito il nuovo Rettore dell’Università di Cassino, Ing. Marco Dell’Isola, parrocchiano di S. Antonio, d’accordo con l’arch. Bianchi, ha lanciato l’idea di intensificare i rapporti con i Polacchi, tanto legati al nostro territorio a motivo della storia e della presenza del loro Cimitero militare a Montecassino, e prevedere convenzioni per studenti e magari investimenti che possano rilanciare l’economia locale. Una Mostra fotografica, dunque, per ricordare e soprattutto progettare.
Adriana Letta
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