Omelia del Vescovo Gerardo per la solennità di s. Restituta

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IL MONDO VI ODIA

Omelia per la solennità di s. Restituta

Chiesa s. Restituta, 27 maggio 2015

Il significato del martirio di s. Restituta è illuminato dalla proclamazione del Vangelo odierno, dove l’evangelista riporta il discorso di Gesù ai suoi apostoli nel Cenacolo con il quale affida loro i beni spirituali che dovranno animare e sostenere la loro testimonianza. Il Maestro descrive in anticipo anche le condizioni avverse che loro dovranno affrontare senza deprimersi. Tra queste, la più drammatica sarà l’odio del mondo: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me” (Gv 15, 18).

Il martirio di s. Restituta rientra perfettamente nella logica antimessianica dell’odio da parte del mondo. La sua testimonianza deve essere da noi valorizzata in riferimento alla “misura alta delle vita cristiana ordinaria”. Anche noi, pertanto, dobbiamo misurarci ogni giorno con l’odio del mondo il quale, anche quando non ci sottopone al drammatico versamento del sangue, non è più indulgente nell’infliggere un sistema di torture e sofferenze spirituali e morali di ogni genere.

L’odio del mondo

Nel quarto vangelo il termine “mondo” (kòsmos) è sempre richiamato in termini di opposizione a Gesù o ai discepoli. L’autore esprime questa opposizione con il binomio tenebre-luce. Il “mondo” nella teologia giovannea non afferisce ad una realtà geo-spaziale, né indica tout-court l’universo umano. E’ piuttosto un sistema organicamente strutturato di opposizione a Cristo e alla missione dei suoi discepoli. Ascoltiamo dal “prologo” del quarto vangelo l’acuta descrizione di questa opposizione al Verbo di Dio: “Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.” (Gv 1, 10-11).  L’evangelista sviluppa l’odio del mondo contro il Verbo con la significativa metafora della contrapposizione tenebre-luce: “la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1,5). Kòsmos è il “mondo” del peccato, che si esprime nella forma del rifiuto, della chiusura, del contrasto, fino all’annientamento possibile di ogni traccia del Verbo di Dio. E’ l’azione diabolica con la quale si persegue la distruzione e l’annientamento di ogni segno messianico. Nel libro dell’Apocalisse ritroviamo la stessa narrazione “teo-drammatica”: nel cap. 12 si narra della presenza del “Drago” furioso e  pronto a divorare il “Bambino” (Cristo) che la Donna (la Chiesa) sta per partorire. Questa icona resta attiva nella storia dl cristianesimo, anche se la conclusione è stata già scritta in termini di vittoria finale. La Chiesa è chiamata a vivere nella fedeltà al suo Signore il tempo intermedio tra la lotta del presente e la vittoria finale. Questa storia della Chiesa resta però insidiata atrocemente dall’opposizione del mondo che non si dà per vinto, e che in ogni epoca sviluppa sistemi perversi di persecuzione.

L’odio del mondo dentro l’anima

L’odio del mondo si compie in secondo due modalità: c’è un odio del mondo contro il Messia che si annida all’interno della stessa vita cristiana, e un odio che il mondo sviluppa attraverso sistemi esterni ma sempre orientati ad annientare ogni traccia di vita cristiana.

Ci portiamo dentro l’azione dell’antico serpente, l’azione velenosa della sua astuzia con cui trae in inganno per cancellare ogni relazione con Dio. E’, questa, la conseguenza e la traccia del peccato d’origine il quale sopravvive in ogni individuo come perenne tentazione a diffidare di Dio, tenace spinta alla disobbedienza per lasciare libero sfogo alla vera “conquista” della propria libertà, senza dover tenere conto dei “limiti”imposti da Dio.

Questo odio contro Dio nell’anima del credente si sviluppa come possibile aggressione contro le virtù teologali della Fede, dell’Amore e della Speranza.

L’odio del mondo contro la virtù della Fede si sviluppa in termini sfiducia nei confronti di Dio, di sospetto circa il suo essere buono dovendo riscontrare nella creazione molti “difetti” dovuti alle malattie, al dolore, alla sofferenza, soprattutto dei più piccoli, indifesi, innocenti. Come si può credere e dare fiducia a un Dio così crudele? Così, davanti ad alcune difficili prove, la fede può vacillare fino a crollare sotto i colpi di queste aggressioni interiori.

L’odio del mondo contro la virtù dell’Amore è l’azione con la quale discredita il valore benefico del grande comandamento che Gesù ha consegnato alla Chiesa, l’amore per Dio e per il prossimo: “Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato”. Tale amore deve esprime anche il perdono verso i nemici. L’odio del mondo dentro l’animo ci fa dubitare di queste parole, debilita la bellezza del comandamento inoculando il veleno dell’orgoglio, del potere, del successo. E tutto questo esige disprezzo dell’altro, supremazia, predominio per lasciarsi superare, violenza pur di non lasciarsi schiacciare né sottomettere. Ancora peggio va per l’amore esercitato nella forma della carità: l’odio del mondo ci vuol far credere che non serve aiutare gli altri, non vale la pena servire, che è meglio servirsi della debolezza altrui, che la carità non risolverà mai i bisogni altrui.

L’odio del mondo contro la virtù della Speranza forse è il più terribile, perché deprimere la speranza nel cuore umano potrebbe rivelarsi come la tortura spirituale più drammatica. La scaltrezza del serpente è quella di alimentare l’orgoglio dell’uomo contro Dio, per poi abbandonare la creatura alla “nudità” della propria disperazione nel momento in cui si accorge di aver sbagliato. Strappare la speranza dall’animo è come togliere il respiro ai polmoni. L’invito di papa Francesco  “Non lasciatevi rubare la speranza” rivela il bisogno di dover sperare non tanto in qualcosa, ma soprattutto in Qualcuno che possa dare alla nostra esistenza un esito felice nel presente e nel futuro.

L’odio del mondo dentro la storia

Non di minore drammaticità è lo svolgimento dell’odio del mondo dentro le pieghe della storia, dove l’opposizione messianica contro il cristianesimo ha conosciuto forme sempre impressionanti. “È tuttavia un fatto incontrovertibile, come più volte ho avuto modo di ribadire, che l’interdipendenza dei sistemi sociali, economici e politici, crea nel mondo di oggi molteplici strutture di peccato. Esiste una spaventosa forza di attrazione del male che fa giudicare ‘normali’ e ‘inevitabili’ molti atteggiamenti. Il male si accresce e preme con effetti devastanti sulle coscienze, che rimangono disorientate e non sono neppure in grado di discernere. Se si pensa poi alle strutture di peccato che frenano lo sviluppo dei popoli più svantaggiati sotto il profilo economico e politico, verrebbe quasi da arrendersi di fronte a un male morale che sembra ineluttabile” (Giovanni Paolo II, Udienza del 25 agosto 1999).

L’opposizione anticristiana si organizza e si struttura in modo strategico in molti filoni culturali, politici, economici, ideologici. E’ storia triste del secolo scorso, che perdura e cresce ancor più oggi, la ripresa delle forti repressioni e persecuzioni contro i cristiani. E’ una storia segnata dal tentativo di cancellare in diverse aree del mondo ogni traccia di vita cristiana. Il martirio dei cristiani non è un atto di violenza contro qualcuno, ma l’offerta della propria vita per amore di Cristo. Quale la sua forza? La speranza contenuta nella promessa di Gesù: “Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!” (Gv 16,33).

+ Gerardo Antonazzo

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