SCELTI PER ESSERE SANTI E IMMACOLATI
Omelia per la Solennità di tutti i Santi
01 novembre 2014
Fratelli e sorelle carissimi,
la liturgia odierna apre uno squarcio sulla nostra origine e sul nostro destino, e risponde alle grandi questioni che toccano il senso della vita, l’ineluttabilità e la dignità del morire, soprattutto nella condizione della sofferenza, la sacralità del nostro corpo, il suo affidamento alla terra, il peso delle nostre opere e il giudizio di Dio, le condizioni della nostra vita ultraterrena. Quale il senso di tutto questo? C’è una ragione che dia senso al nostro venire alla luce? Esiste davvero un destino futuro affidabile e credibile?
La Parola di Dio alimenta la nostra speranza e ci invita a sollevare in alto il nostro sguardo, per affrettare il nostro cammino verso la “moltitudine immensa” celebrata dal libro dell’Apocalisse. Il mistero eucaristico che oggi celebriamo ci fa pregustare il dono delle cose future, “la gioia di contemplare la città del cielo, la santa Gerusalemme che è nostra madre”, mentre ci provoca nell’aspirazione di raggiungere quella “patria comune” del cielo affollata da “amici e modelli di vita” (Prefazio).
Scelti prima della creazione del mondo
Il segreto della nostra avventura terrena è scritta nel codice spirituale della nostra creazione. Il nostro sguardo oggi si volge verso quel “prima della creazione” dove l’apostolo Paolo fissa l’inizio di un pensiero straordinario di Dio riguardo a ciascun essere umano. In questo percorso a ritroso ci può aiutare lo studio delle bellissime vetrate e sculture della cattedrale di Chartres, in Francia. Dal 1200 al 1236 una folla d’operai e artigiani lavorano senza posa, compiendo qualcosa che si avvicina al miracolo: l’invetriatura dell’intera cattedrale e la realizzazione di numerose sculture.
L’evento è eccezionale per la vastità del progetto. L’insieme delle vetrate e delle sculture narrano la storia biblica. I chierici-maestri credono, anzitutto e profondamente nell’ ‘humanitas’; cioè credono che l’uomo sia qualcosa di essenziale all’universo e di centrale nel mondo. Per questi maestri l’uomo non è un “ripiego” della creazione, ma sin dal principio è nei piani di Dio come scopo del mondo, che Dio crea per lui. Essi rifiutano l’antica idea di moltissimi monaci e scrittori, secondo la quale l’uomo non era inizialmente previsto nei piani della creazione e che questi fu creato fortuitamente da Dio dopo la rivolta degli angeli, come loro sostituto. Gli scultori gotici, anche nell’adornare la cattedrale di Chartres, s’ispirano, come ovunque, a questo nuovo modello, che è l’uomo stesso.
Tra le sculture, ritengo particolarmente suggestiva per alcune ragioni teologico-spirituali, quella che raffigura il momento in cui Dio inizia a progettare la creazione dell’uomo, e lo fa mentre pensa nella sua mente a Cristo. Dio, pertanto, crea l’uomo ispirandosi ad un modello, quello del suo Figlio; desidera l’uomo avendo in mente l’immagine, cioè la “forma” di Cristo. Questa scultura è una delle migliori ed eloquenti espressioni della bellezza spirituale e della dignità dell’uomo, nonché della sua stessa vocazione: l’uomo potrà realizzare la sua vocazione originaria di vivere a immagine e somiglianza di Dio dopo la caduta del peccato, solo conformandosi a Cristo. Pertanto, il nostro essere “immagine e somiglianza” di Dio (cfr. Gen 1) non può compiersi senza l’imitazione di Cristo, senza la sequela di Lui, l’Uomo perfetto. Risulta ovvio che per l’uomo è necessario Cristo perché risponda alla sua vocazione e raggiunga l’esito felice della sua esistenza: “Quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8,29).
Chiamati ad amare
Il processo attraverso il quale possiamo conformarci a Cristo è l’acquisizione della sua capacità di amare: “essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,4). La santità è vivere al cospetto di Dio con la stessa carità di Cristo. La vita dell’uomo è un mistero di elezione: Dio ci ha scelti, ci ha creati perché ci ha desiderati. Non si nasce per caso, la vita non è un incidente di percorso. E’ mistero di elezione, è chiamata, è predilezione di Dio. E con il dono della vita, Dio ci chiama alla santità dell’amore. Siamo creati per amore, e siamo nati per amare! La nostra elezione è chiamata alla sequela di Cristo. Solo nell’incontro con Lui possiamo dare “forma” al progetto di Dio La pienezza della nostra vita è costruita sulla nostra capacità di amare sull’esempio di Gesù, vero Dio e vero uomo, intorno al quale e in vista del quale ogni realtà prende senso.
Ciò che ci fa santi e immacolati è la carità. Dio ci ha chiamati all’esistenza per crescere nella santità dell’amore. Da sempre siamo nel suo disegno, nel suo pensiero. Con il profeta Geremia possiamo affermare anche noi che prima di formarci nel grembo della nostra madre Lui ci ha giàconosciuti (cfr Ger 1,5); e conoscendoci ci ha impregnati del suo amore. La vocazione alla santità, cioè alla comunione con Dio, appartiene al suo disegno eterno, un disegno che si estende nella storia perché è una chiamata universale. Dio non esclude nessuno. Qual è l’anima della santità? Il Concilio Vaticano II ci dice che la santità cristiana non è altro che la carità pienamente vissuta. “Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (1Gv 4,16). Ora, Dio ha largamente diffuso il suo amore nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci fu dato (cfr Rm 5,5); perciò il dono primo e più necessario è la carità, con la quale amiamo Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di Lui.
Imparando ad amare ci educhiamo e ci conformiamo alla santità di Dio, perché l’amore genera uomini e donne animati non dall’egoismo, dal desiderio di possedere, dalla sete di potere, ma dalla gratuità, dal desiderio di donarsi, dalla sete di servire, animati cioè da Dio; e solo così si può portare luce nel buio del mondo. I Santi sono coloro che fanno passare la Luce.
Leggiamo nella Lumen gentium: “Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità” (n. 40). La santità, pertanto, qualifica il nostro quotidiano agire nella mente, nel cuore, e nelle opere. Insomma, “è ora di riproporre a tutti con convinzione questa ‘misura alta’della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione (NMI n. 31).
Le Beatitudini che oggi il Maestro Gesù annuncia come “legge” nuova del Regno sono la declinazione dell’autentico amore sul quale ogni discepolo deve puntare, e con il quale misurarsi ogni giorno per lasciarsi salvare dall’amore.
+ Gerardo Antonazzo