Omelia dell’Em.mo Card. Dominique Mamberti
s. Tommaso d’Aquino, 7 marzo 2015
(Concattedrale di Aquino)
Cara Eccellenza, cari confratelli nel sacerdozio, cari religiosi e religiose, cari fedeli, stimate autorità civili e militari,
ci troviamo in questo sacro tempio per la felice celebrazione in onore del grande Santo Tommaso d’Aquino, chiamato a ragione il “dottore angelico”, la cui festa voi continuate a celebrare, secondo l’antico Martirologio Romano, nel giorno della sua nascita al Cielo. Infatti, il 7 marzo del 1274, mentre si stava recando al secondo concilio ecumenico di Lione per espresso desiderio del Papa, mosso dalla sola obbedienza, avendo oramai esaurito tutte le sue forze, non poté continuare il viaggio e nel monastero cistercense di Fossanova, la sua anima spiccò il volo verso l’eternità.
Quanto benedette sono queste vostre terre! Benedette dal Signore nel corso dei secoli, per la nascita, la morte o il passaggio di tutti quei santi che le hanno nobilitate ancor di più. Anche la vostra amata Aquino non sarebbe certo così illustre senza un San Tommaso! Se è vero com’è vero che nulla avviene per caso, giacché per coloro che amano Dio tutte le cose acquistano valore, allora anche i piccoli dettagli della nostra esistenza umana, che a volte consideriamo banali, alla luce della fede nell’insondabile amore di Dio, risplendono di luci che ci riempiono il cuore di speranza e di consolazione. Lo si vede bene, proprio nella vita dei più fedeli discepoli di Gesù: la santità nobilita l’uomo, edifica il popolo, costruisce e non demolisce, risana il tessuto morale e sociale, come iniettandovi una nuova linfa che vince il fermento di una corruzione che altrimenti diventerebbe dilagante. Ogni persona che cerca di vivere i valori e i principi del Vangelo, opera la giustizia e diffonde la carità, e così facendo depura l’ambiente in cui vive. Non a caso si parla di “odore” si santità. Quando si vuole esprimere la convinzione che una persona era veramente integra, nella Chiesa si dice: è morta in odore di santità. La Chiesa non si stancherà mai di ripetere, affinché il mondo ne approfitti, che i santi sono i più grandi benefattori dell’umanità, perché sono gli amici di Dio!
La Parola di Dio in questo tempo di Quaresima ci richiama insistentemente alla conversione del cuore, perciò vi invito a guardare alla vostra esistenza quotidiana come ad unica occasione di grazia, che ci viene offerta per poterla vivere con la più grande fede nella presenza salvifica di Cristo. Alla luce dell’amore di Dio vedremo che l’opacità della routine quotidiana lascerà il posto alla luminosità di senso delle mille piccole cose, che sapremo fare per amore di Dio e del nostro prossimo.
La Quaresima è proprio tempo favorevole per riflettere e pregare, facendo maturare o rinnovare questa decisione che è fondamentale per ogni cristiano e che oggi più che mai deciderà le sorti dell’umanità: lasciare che la presenza e la misericordia di Gesù conquisti tutti gli spazi del nostro cuore, anche le regioni più oscure, per far trionfare sull’egoismo l’amore vero. E’ grande l’amore di Dio e noi come cristiani siamo privilegiati di vivere in un tempo, che il Santo Padre ha definito più volte un “tempo di grande misericordia” (cfr. Angelus del 12 gennaio 2014). Certo gli eventi che riempiono i notiziari di ogni giorno potrebbero indurci a non pensarla così, ma è una delle caratteristiche peculiari dell’agire salvifico di Dio nel corso della storia, quella di rivestirsi di debolezza, di un’apparente impotenza, per stanare il male dai suoi nascondigli e poi vincerlo con la potenza dello Spirito Santo. Non fece così Gesù?
A cosa servirebbe il nostro culto, la nostra preghiera, il nostro impegno pastorale, permettetemi di dirlo, se tutto ciò non fosse espressione della più profonda fede che Dio ci ha creati per amore, ci sostiene con la forza dell’amore e vuole trasformarci con amore, perché la nostra vita sia un tutt’uno con la sua. Lui stesso è sceso dal Cielo non solo per insegnarci ad amare ma per donarci l’amore. È certamente l’amore, la verità centrale del cristianesimo, l’annuncio sempre prioritario della Chiesa, il motivo e la meta da raggiungere da qualsiasi punto e prospettiva si parta.
Tutta la vita di San Tommaso è immersa nella luce di questo amore indefettibile, che fin dall’adolescenza è andato via via crescendo per Gesù, tanto da spingerlo ad indossare l’abito domenicano e a resistere vittoriosamente a tutte le minacce, le insidie ed ostilità, perfino ad una lunga carcerazione, alla quale fu sottoposto da parte della sua famiglia che non voleva assolutamente cederlo al Signore. E’ impressionante la vicenda umana di questo giovane dotato di un talento di studio eccezionale ma per nulla ostentato. Sempre si è contraddistinto per la sua profondissima umiltà, e la sua più grande gioia anche da rinomato professore in diverse e brillanti cattedre universitarie come Colonia e Parigi, sarà sempre quella di predicare alla semplice gente e di intrattenersi con loro. Lo studio e il sapere enciclopedico, ben lungi dall’estraniarlo dal popolo, lo provocava a farsi tutto a tutti, come l’apostolo Paolo, le cui parole proclamate nella seconda lettura odierna potrebbero essere state scritte dallo stesso Tommaso.
Questa luce, di cui si parla oggi nel vangelo secondo Matteo, siamo noi in virtù del nostro battesimo che ci ha assimilato a Cristo e che per nulla al mondo possiamo rinnegare. Tommaso divenne realmente un faro per tutta la Chiesa, anzi per l’intera umanità. Egli accoglieva la verità, non importa da che parte venisse, con un’apertura di mente e di cuore universali, così che riuscì a fare una sintesi impareggiabile del sapere filosofico e teologico. La sua dottrina, concentrata in modo particolare nella Somma Teologica, ha nutrito Dottori della Chiesa, Papi, innumerevoli Vescovi, Sacerdoti, ha formato schiere di catechisti, seminaristi, religiose, ha rischiarato l’intera cattolicità. Quando si leggono gli scritti magisteriali che i Papi lungo i secoli hanno dedicato al Dottore Angelico, non si può che gioire di quanto si sia realizzata in lui la parola del Vangelo odierno: “non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa”.
Verrebbe da chiedersi dove risieda il segreto di una tale santità e la tentazione sarebbe di cercarlo in qualcosa di straordinario, mentre è vero proprio il contrario: Tommaso ha creduto in Gesù con tutto se stesso e ha riposto in Lui la sua speranza. I talenti eccezionali che si ritrovava, li ha subito riconosciuti come doni gratuitamente ricevuti, che altrettanto gratuitamente occorreva far fruttificare e mettere al servizio degli altri, senza distinzione, dal più piccolo al più grande. Quando nel 1273, sul finire della sua vita, a Napoli, s’intensificarono visioni ed estasi, tre dei Frati Domenicani lo videro sollevarsi da terra, durante un’estasi davanti al Crocifisso sull’altare, mentre una voce dal Crocifisso gli diceva “hai scritto bene di me, che ricompensa vorresti?”. E Tommaso rispose: “Null’altro che te, o Signore”. Il 6 dicembre 1273, dopo aver avuto una lunga estasi mentre celebrava la Messa, mise da parte per sempre la penna e confidò a P. Reginaldo, suo confratello domenicano e compagno di viaggio: “non posso più scrivere. Mi è stato rivelato in segreto che tutto quanto ho scritto finora ha ben scarso valore, minor valore della paglia”. Aveva scritto ben quaranta volumi! Queste parole sigillano una vita all’insegna della più disarmante umiltà. Le ha potute recepire, perché c’era in lui tutto lo spazio necessario, affinché quella verità si stampasse insieme alle altre nella sua anima e venisse donata anche a noi. Quanto svuotamento di sé, quanto decentramento e uscita da se stesso – per usare espressioni care al Santo Padre – ha vissuto nella sua vita il nostro amato santo. Quante cose ha da insegnare a noi tutti, prima di tutto col suo esempio!
Per concludere vorrei solo aggiungere questo. Tommaso d’Aquino è un santo contemplativo, anche se la sua vita è stata un continuo peregrinare da un convento all’altro, da un’università all’altra, da una città all’altra. Egli, come il suo Padre Fondatore Domenico, aveva come ideale di trasmettere agli altri la verità. Veritas è il motto per eccellenza dei frati predicatori e non potrebbe essere altrimenti. Ma la verità di Cristo per essere conosciuta deve essere contemplata, cioè capita nella preghiera, nel rapporto intimo con Dio e con la sua Parola. Dio ci dona la sapienza, cioè la conoscenza delle sue verità solo se noi preghiamo: “pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza…” Solo se diventeremo persone di preghiera saremo luce per gli altri, perché lo saremo diventati a noi stessi. E’ questa la più grande gioia, cari fedeli, anche in questa Celebrazione in cui Gesù si fa di nuovo presente in mezzo a noi con la Sua Parola, il Suo Corpo e il Suo Sangue: sapere con certezza dove stiamo andando, con chi stiamo camminando e Chi ci sta aspettando quando un giorno busseremo alla Sua Porta!
La Madonna della Libera, a voi Aquinati così cara, ci aiuti a procedere lieti e sereni su questo cammino pieno di gioie e non privo di sofferenze, ma comunque sempre così bello se vissuto con la prospettiva del Cielo!