Omelia dell’Em.mo Card. Dominique Mamberti s. Tommaso d’Aquino, 7 marzo 2015

Omelia dell’Em.mo Card. Dominique Mamberti

s. Tommaso d’Aquino, 7 marzo 2015

(Roccasecca)

Cari fratelli e sorelle,

desidero innanzi tutto esprimere profonda gratitudine a Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Gerardo Antonazzo per avermi invitato a presiedere questa celebrazione eucaristica e rivolgo il mio cordiale saluto, ai Sacerdoti, alle Autorità civili e a voi tutti convenuti, in questi cari e preziosi luoghi che hanno dato i natali al grande San Tommaso.

L’odierna festa apre i nostri cuori alla gioia autentica che nasce dal considerare la santità luce radiosa per i nostri tempi. I santi sono riflesso della luce di Dio nell’oscurità del male e delle tenebre. Il brano del Vangelo secondo Matteo attraverso le immagini del “sale” e della “luce” delinea la missione dei discepoli e della Chiesa. E per cogliere il significato profondo delle parole di Gesù è necessario entrare nella ricca simbologia di queste immagini, collocate all’interno del Discorso della Montagna al quale appartiene il brano che è stato proclamato.

  “Voi siete il sale della terra” (Mt 5,13). Il primo significato rimanda all’Alleanza, alla solidarietà. Infatti, nell’antico Oriente esisteva un patto del sale, sinonimo di alleanza inviolabile; suggestivo è un passo dal libro dei Numeri (18,19) nel quale si fa riferimento ad un’Alleanza di sale, perenne, davanti al Signore. È un’indicazione preziosa che il Signore dona: permeare la vita delle nostre relazioni con il sale dell’Alleanza, della solidarietà e dell’amore. Accanto a questo significato possiamo considerare il simbolo della vita. Nel libro di Esdra i funzionari stipendiati dal sovrano sono indicati come “quelli che mangiano il sale della reggia” (4,14). Anche nel nostro linguaggio il termine “salario” indica lo strumento economico per garantire una vita dignitosa. Ed è in questa prospettiva che va colta la prassi orientale di frizionare con il sale il bambino appena nato per donargli forza e vitalità. Come discepoli del Signore possiamo donare un senso sempre nuovo alla nostra storia accogliendo e vivendo la logica delle Beatitudini. La felicità dell’uomo non può essere cercata e realizzata senza Dio. Diversi sono stati nella storia i tentativi di proporre o addirittura di imporre all’uomo una felicità slegata dalla Verità, e oggi è comune l’idea di una felicità che consisterebbe nell’ accontentarsi delle piccole e immediate gratificazioni di un momento, dell’idolatria del proprio io, completamente imbrigliato nella rete di un presente effimero, senza direzione e speranza. Siamo invitati dal Signore a indicare al mondo un’autentica sapienza, a ridare “sapore” all’esistenza. Infatti, il “sale” è anche simbolo della sapienza. San Paolo scrive ai cristiani di Colossi: “Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito col sale della sapienza per sapere come rispondere a ciascuno.” (4,6).

“Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,14). La luce è, prima di tutto, una piccola parabola che parla di Dio: essa è esterna a noi, non la possiamo trattenere tra le mani, come Dio è trascendente, eppure ci avvolge, ci riscalda, ci attraversa come Dio è vicino a noi. Il discepolo inondato dalla luce divina, diventa a sua volta riflesso che risplende e riscalda. Il profeta Isaia proclama: “Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se offrirai il pane all’affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua oscurità sarà come il meriggio” (58, 9-11). Ecco tracciarsi l’orizzonte di una nuova sapienza. Abbiamo ascoltato san Paolo nella prima lettera ai Corinzi: “Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso.” (2,2). Ecco la sapienza che continuamente possiamo donare: Gesù Cristo Crocifisso. È questa la sapienza che instancabilmente dobbiamo cercare: “Stimai un nulla la ricchezza al suo confronto…preferii il suo possesso alla stessa luce, perché non tramonta lo splendore che ne promana.” (Sap 7,8.10). Dalla croce del Cristo rifulge l’amore donante di Dio. Il suo chinarsi su tutte le miserie umane, fisiche e morali, è l’espressione dell’amore che si fa presente e operante nella sua persona. Non un sistema di concetti ma il suo farsi storia, evento nelle nostre vicende, non il Dio impassibile dei filosofi e delle religioni naturali, ma il Dio ricolmo di passione per il suo popolo. In Cristo Dio abolisce la lontananza dell’uomo, risana le ferite della divisione, della morte, discende nelle profondità delle tenebre e ridona la vita.

Cari amici, possa risplendere in noi la luce della carità per donare sapore all’esistenza. Si tratta di vivere l’amore non semplicemente in modo umano: un affetto, una benevolenza, una simpatia, una filantropia prodotta dall’uomo o la riduzione a fugaci e momentanee emozioni, ma la carità è Dio, è la nostra partecipazione all’essere amore di Dio. Infatti, la carità di Dio in noi è Karis: è grazia, e per questo ci costituisce figli, ci rende capaci di amare. Ecco la sapienza di Dio che tocca il nostro essere: il nostro uomo carnale, centrato su stesso, è trasformato nell’uomo nuovo e spirituale. Grazie al memoriale della Pasqua, l’Eucarestia che stiamo celebrando, la carità del Crocifisso penetra la nostra vita, operando una radicale conversione all’oblatività e alla comunione. Per questo la carità di Dio in noi è amore filiale e fraterno. Sant’Agostino afferma: “La carità che ama il prossimo non è diversa da quella che ama Dio. Non c’è una seconda carità. Con la stessa carità con la quale amiamo il prossimo amiamo anche Dio.” (Sermo 265, VIII, 9). Ed è in quest’orizzonte che san Tommaso definisce la carità come “amicizia dell’uomo con Dio” (Summa Theologiae II-II, 231) e relazione con tutti coloro che sono chiamati alla comunione con lui. San Tommaso contempla Dio fonte dell’essere e il Signore partecipa alle creature la sua stessa vita. Siamo di fronte alla novità assoluta della fede cristiana rispetto al pensiero dei filosofi antichi, per cui la divinità mantiene una relazione distaccata con il mondo. Il Dio di Gesù Cristo, contemplato e predicato da San Tommaso, invece, è il Dio dell’amore e pertanto creatore e provvido, non chiuso nel circolo di se stesso, impersonale e distante. E nella relazione con il Dio Carità l’uomo scorge la sua più profonda identità, capace di conoscere se stesso, il mondo, gli altri, ma soprattutto di entrare in comunione con il Suo Signore e Padre del Cielo. Il pensiero di san Tommaso dona anche oggi con forza il fondamento della dignità, del valore assoluto della persona, della sua irriducibilità, poiché ogni uomo riceve da Dio il suo essere. Tutto ciò significa che, mentre tutto l’universo fisico dipende da un solo atto creativo di Dio, per ogni persona il Signore riserva un’azione unica, originale e singolare. Proprio in virtù di una riflessione così profonda san Giovanni Paolo II volle proclamare, nel 1980, san Tommaso d’Aquino Doctor Humanitatis, un titolo che si aggiunse a quelli tradizionali di Doctor Angelicus e Doctor Communis a testimonianza della sua valenza teoretica nel trattare le questioni che riguardono l’uomo, nelle sue relazioni con Dio, il mondo e gli altri uomini.

Cari fratelli e sorelle, nell’attuale situazione culturale e sociale siamo chiamati a vivere e testimoniare la verità sull’uomo. Una chiesa missionaria, “in uscita”, è tale nella misura in cui annuncia e testimonia la luce della fede che è capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo, cioè di dare senso ad ogni avvenimento ed orientamento per ogni azione.  La luce della fede legata all’esperienza della carità si pone al servizio della giustizia, del diritto e della pace, come ci ricorda la Lettera Enciclica Lumen Fidei di Papa Francesco (cfr. n. 51). La fede non ci estranea dal mondo, ma ci chiama ad illuminare e donare senso nel valorizzare le relazioni umane, a sostenere e promuovere il bene comune. Senza la sapienza dell’Amore fedele di Dio non si riesce a comprendere il criterio per distinguere la natura e il posto dell’uomo nel mondo, la propria responsabilità morale, si fatica a superare i diversi conflitti e a dare direzione al proprio impegno quotidiano.

La testimonianza di san Tommaso d’Aquino aiuti noi tutti a fare della nostra esistenza una continua ricerca della Verità e della Sapienza per essere, oggi, “sale” e “luce” della terra. Amen !

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