Omelia di Mons. Elio Sgreccia a Roccasecca per la Festa di S. Tommaso

Eccellenza reverendissima, carissimi confratelli sacerdoti, diaconi, autorità civili e religiose, rappresentanti dell’Ordine Domenicano, carissimi fratelli e sorelle tutti, sono grato di questo invito e di questa occasione.

Il Vescovo ha già detto che ho risposto immediatamente di sì, perché quando posso , cerco di dire di sì, sempre, ma anche perché sono anch’io seguace di S. Tommaso, e me ne sono servito sia per la mia mente, per i miei studi, dai 18 anni in qua, e in quello che ho scritto, in quello che ho detto, gli sono profondamente grato per quello che mi ha insegnato.

Ma dove nasce un santo?
Avete sentito dalla 1° lettura: “dove c’è la sapienza”. Voi sapete che la sapienza è qualcosa di meglio e di più che la scienza. La scienza è quella che si insegna nelle università scientifiche, la sapienza va nel cuore, guida le persone e le rende sante, perché la sapienza è la scienza che nasce da Dio, è frutto della ragione e della fede come S. Tommaso ci ha insegnato, di una profonda applicazione della mente.

Allora, dove nasce la sapienza? Dove fiorisce la sapienza? Essa vale più dell’oro: in confronto, l’oro è come la polvere e l’argento, è come il fango. Voi direte “E’ un’espressione pia, un’espressione fatta per le prediche!”. Se noi avessimo uomini sapienti, sempre, alla guida della società, alla guida delle nazioni, nei luoghi dove si fanno le leggi, e se noi avessimo sapienti, persone sapienti dove si fa l’educazione della gioventù, dei figli, forse le società penserebbero di più -come S. Tommaso ci insegnava- al bene comune, più che al bene egoistico.

Non per niente S. Tommaso nella sua vita breve -perché non è vissuto manco 50 anni, 1225-1274 , 49 anni se non sbaglio- e in questa breve vita, superando ostacoli –voi lo sapete- a cominciare anche dalla sua famiglia, ha fatto scelte coraggiose. In quel tempo vestire un saio, professare la povertà, come aveva fatto negli stessi periodi e poco prima S. Francesco, era un atto di coraggio. C’erano i monaci, ce n’erano tanti, nelle valli stavano i Certosini e sulle montagne i Benedettini. Anche Tommaso aveva studiato a Montecassino quando era piccolo, aveva vestito anche il saio benedettino, ma lui voleva impegnarsi di più per il bene, per portare la saggezza, e ha scelto l’Ordine che andava sulle piazze, nelle città, nei centri, a predicare. E l’Ordine dei Predicatori aveva come compito e vocazione non solo di praticare la povertà come testimonianza, ma quest’Ordine insieme a questa testimonianza di povertà, castità e obbedienza religiosa curava la sapienza, la predicazione, lo studio per poter predicare, lo studio indefesso per poter predicare la saggezza al popolo e rintuzzare anche gli errori, soprattutto rintuzzare gli ignoranti.

Che esempio, carissimi fratelli, genitori, educatori, insegnanti, e anche per noi sacerdoti! Lo studio merita, merita la fatica, soprattutto lo studio della Parola di Dio e con tutta la forza della ragione e con tutto il confronto con le scienze umane. Anche in questo s. Tommaso è stato coraggioso: ha preso come guida alcuni pensatori pagani per imparare a ragionare, le tecniche del ragionamento, la logica di Aristotele. S’è messo in confronto con i filosofi arabi per confutare e speculare e istruire su Dio, e per mettere al centro dell’universo l’uomo, che S. Tommaso diceva essere la creatura più perfetta che esiste nell’universo -perfettissimo in rerum natura- quello che è più perfetto nel mondo, l’uomo. E all’uomo è destinata la sapienza di Dio, è l’uomo che è destinatario della sapienza di Dio.

Questo nella sua Summa Theologica lo ha spiegato bene: Dio ha mandato il Figlio suo a farsi uomo per portare tutta la ricchezza divina nel cuore dell’uomo, la grazia, la purificazione, la redenzione e il lume, la luce del sapere, un sapere che è umile come quello del Frate mendicante, che non dà arroganza, non usa la scienza per il potere, o la scienza per ingannare, fa la sapienza, la verità che dà sapore alle cose e alla vita.

Per questo un’altra scelta, quella di insegnare nelle università, che allora stavano nascendo sotto lo stimolo della Chiesa e di questi Ordini religiosi che nascevano, e quindi Parigi e poi Colonia e poi ancora Parigi, la seconda volta come maestro addirittura. Le università raccoglievano studenti da tutte le parti, erano studenti e maestri e coloro che aiutavano i maestri a fare un comunità di vita, per conquistare la cosa più preziosa, la saggezza, la saggezza condita dalla teologia, perché la teologia è la scienza-regina, la scienza delle scienze.

Quando giravo nelle scuole, e facevo la domanda “chi di voi conosce la Bibbia?” Solo qualche dito alzato, ma “almeno un vangelo!”. Dov’è finita la sapienza?

Sono stato tanti anni in una facoltà di medicina cattolica, al Gemelli. Per la scienza medica hanno libroni per gli esami, grossi, alti, ma io ho cercato di sfidarli sempre: la scienza di Dio, la scienza delle scienze, la scienza per fare sapienza, per fare galantuomini, per costruire galantuomini, per costruire degli uomini che siano alla loro statura capaci di guidare, di dare l’esempio di onestà, perché di questo abbiamo più bisogno che non dell’aria per respirare. Oggi specialmente lo constatiamo.

Per questo tipo di scienza quanto si studia? È poco quello che facciamo, oggi. S. Tommaso ci dovrebbe rimproverare fortemente, forse comincerebbe anche da noi sacerdoti, dobbiamo insegnare di più, dobbiamo porgere di più, e studiare di più per poter dare la soluzione vera e onesta e giusta a tutti i problemi.

Lui li prendeva di petto tutti, perché tutte le virtù le ha ripassate, quelle cardinali e quelle teologali, la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza, che già Aristotele aveva indicato, ma poi la fede, la speranza e la carità perché l’ uomo è la creatura più prediletta da Dio, è ciò che deve essere: la cosa più perfetta di questo mondo, che ha la responsabilità di questo mondo e della società, e di se stesso.

Impariamo dal coraggio di questo uomo che, partendo da queste colline, andava nelle università e ha fatto da maestro, e ha lasciato un’eredità alla quale ancora si attinge, ha parlato a tutto il mondo e parla ancora a tutto il mondo.

Sappiamo che già nel 1323, se non vado errato, fu proclamato santo, nel 1450 già lo chiamavano il Dottore angelico e nel 1576 era il Dottore della Chiesa, di tutta la Chiesa, il Maestro di tutta la Chiesa. Ma a lui si sono accostati anche coloro che non credevano e hanno trovato conforto, tuttora.

Ci sono state nella storia, fino ad oggi, quattro riprese di S. Tommaso: il 1° tomismo è quello che ha fatto lui, poi c’è stato il 2°, poi c’è stato il 3° e poi c’è stato un 4°, che è stato all’inizio del secolo scorso fino ai seguaci del neotomismo che abbiamo ascoltato nelle nostre cattedre, nelle nostre Università Cattoliche. Ha fatto fruttificare il pensiero di santi altri geni, anche per l’ispirazione dei diritti dell’uomo, che ora vengono anche male intesi e pervertiti, diciamo, in tante maniere. E’ una sorgente di sapienza e di saggezza per tutti coloro che vogliono imparare la scienza di Dio, la teologia, ma anche le scienze umane alla luce della Rivelazione e costruire e risolvere i nuovi problemi, dare cervello alla tecnologia, alle scienze fisiche, matematiche e alle scienze umane, anima perché servano all’uomo, perché rispettino l’uomo, che è la creatura più perfetta di questo mondo.

E a questo richiamo sento di unire il mio saluto e il mio auguro: ritorniamo anche noi a studiare la Parola di Dio per essere più sapienti, più capaci di educare, più illuminati negli insegnamenti che diamo nelle scuole, più saggi nel fare le leggi per saperle misurare sul bene comune di tutti, perché il bene comune è quello che passa -dice lui- attraverso il bene di ciascuno, non che salta, non è il bene della maggioranza e la minoranza rimane fuori (qualche volta rimane fuori la maggioranza!). Il bene comune è quello che arriva a tutti passando per ciascuno, dice S. Tommaso. Questo ancora lo dobbiamo imparare e soprattutto lo dobbiamo mettere in pratica! E’ un insegnamento che viene dal Vangelo, che viene dall’ispirazione sapienziale della Bibbia, perché il suo insegnamento è intriso di Bibbia, anche se ha saputo leggere gli scrittori che avevano scritto in greco -magari in traduzione- e quelli che avevano scritto in latino, e soprattutto S. Agostino, ma aveva combattuto anche gli intellettuali arabi, Avicenna e Averroè, aveva confrontato il sapere con tutti quelli che si erano impegnati onestamente nello studio, senza limiti e confini, ma sapendo reimpiantare la luce della Rivelazione.

E impegniamoci di più a conoscere il Vangelo, Gesù Cristo, a portarlo nelle nostre famiglie, a far sì che la famiglia sia la prima comunità, la prima Chiesa dove l’amore di Dio fiorisca insieme a quello dei genitori, insieme a quello dei figli in un cuor solo e in un’anima sola. E’ a questo richiamo che vogliamo dedicare la celebrazione di oggi.

Avremo di fronte in questi anni due importanti periodi di riflessione che i Vescovi di tutto il mondo faranno sulla famiglia, proprio sulla famiglia cristiana e i suoi fondamenti, e sulla sapienza cristiana che deve guidarli: il Sinodo che comincerà in ottobre e poi anche l’anno dopo un secondo Sinodo, perché abbiamo bisogno di riformare la nostra società, le nostre famiglie, potenziare il coraggio dei nostri fedeli e noi stessi, ritornando alle sorgenti, quelle sorgenti di cui Tommaso è stato profondo maestro, un profondo anche contemplatore, perché è stato anche un contemplativo.

Questa sua sorgente di saggezza e la sua santità ci accompagnino, ci guidino, e guidino ancora tutta la Chiesa perché Dottore della Chiesa. E preghiamo uniti in questo momento all’Eucaristia, uniti al vostro Vescovo, ai vostri sacerdoti per fare dei passi avanti nelle vostre comunità nella conoscenza di Cristo in revisione dei processi educativi, in dialogo con le nostre scuole e in attenta partecipazione anche alle cose politiche perché bisogna starci dentro.

S. Tommaso diceva che è un esercizio di carità, un obbligo di carità se uno la fa per bene, se uno ha di fronte il bene comune, quel bene comune che -lo ripeto ancora- arriva a tutti passando per ciascuno, senza lasciare indietro nessuno. Questo è il bene comune.

Voglio offrire questa Eucaristia per unirmi alla vostra festa, ma per unirmi anche al vostro cammino di fede, perché insieme con l’esempio del santo Padre, con la sua guida, con il Pastore della vostra diocesi, con tutte le forze dovunque possano essere suscitate dalla grazia di Dio, possiamo fare allora un balzo in avanti nella storia della Chiesa, la storia delle nostre città, e partecipare ai processi migliorativi delle nostre comunità.

Ci aiuti la preghiera di S. Tommaso. Egli ha centrato sull’ Eucaristia ogni momento forte della sua vita, ha composto tutti gli inni santi, i canti per la festa del Corpus Domini. Allora c’era un’eresia che negava la presenza eucaristica o il culto pubblico dell’Eucaristia, e i Domenicani ci si sono messi dentro e lui ha avuto l’incarico di far la liturgia per quel giorno; ancora noi cantiamo gli inni composti da lui. Egli ci richiama a questa fonte, a questa sorgente, perché è Cristo che vive in mezzo a noi e che spezzando il pane ci insegna che anche la nostra vita deve essere come un pane che si mangia, buono da mangiare, buono da alimentare in tutte le nostre attività e in tutti i nostri programmi.

Ci ascolti il Signore oggi che Lo preghiamo alla presenza di Gesù eucaristico, ci benedica S. Tommaso, ci guidi alla fede della Chiesa e ci accompagni per sentirci benedetti da Gesù, benedetti da Maria santissima, coraggiosi nella preghiera e nel far vedere che ci teniamo al patrimonio della fede che i nostri Santi hanno non solo insegnato, ma vissuto.

Sia lodato Gesù Cristo.

7 Marzo 2014

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