Omelia per la solennità del Corpus Domini 2018

Corpo a Corpo

Cassino-Sora, 2-3 giugno 2018

Non possiamo parlare dell’Eucarestia senza il riferimento alla Chiesa, e viceversa. La celebrazione del Corpus Domini mette in primo piano l’intima connessione tra Eucarestia e Chiesa. La reciprocità dinamica tra i due “corpi” è bene espressa nella mirabile sintesi: “L’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucaristia”. La doppia affermazione è stata coniata dal gesuita francese Henri De Lubac, uno dei pionieri ed esponenti del rinnovamento della Chiesa nel Concilio Vaticano II.

I “tre” corpi di Cristo

L’intimo rapporto che esiste tra comunità ecclesiale ed eucaristia fa sì che le nostre celebrazioni liturgiche ci edifichino come Chiesa secondo il paradigma del corpo eucaristico. Giovanni Paolo II nella Lettera Dominicae cenae del 1980 afferma che “vi è un legame strettissimo e organico tra il rinnovamento della liturgia e il rinnovamento di tutta la vita della Chiesa. La Chiesa non solo agisce, ma si esprime anche nella liturgia e dalla liturgia attinge la forza per la vita” (n. 7). Nella storia della teologia cattolica e della spiritualità cristiana si è ripetutamente affermata la reciprocità vitale e dinamica tra il Corpo del Signore e il suo Corpo Mistico. Potremmo pensarlo come un rapporto “corpo a corpo”.  Consideriamo i tre modi di essere del corpo di Cristo: innanzitutto, il corpo fisico, quello nato da Maria Vergine, crocifisso, morto, sepolto, risuscitato e salito al Cielo, alla destra del Padre. C’è poi il modo sacramentale del corpo di Cristo, che è l’Eucaristia, il pane e il vino consacrati. L’Eucaristia è il corpo sacramentale di Cristo, segno efficace che rende realmente presente il suo corpo glorificato, la sua vita, la sua morte e risurrezione E c’è un terzo modo: il corpo ecclesiale, quello che noi oggi chiamiamo “corpo mistico”.. L’eucarestia diventa sacramento che nutre il cammino dei pellegrini e li trasforma in un unico corpo, animato dall’amore dello Spirito. 

Un solo corpo

E’ questo lo scopo della celebrazione eucaristica: Gesù ha istituito questo memoriale, sacramento della sua Pasqua, perché fosse per tutti gli uomini di tutti i tempi il punto di aggregazione e di conformazione a lui. Ecco la parola giusta: noi diventiamo concorporei a Cristo, diveniamo il suo corpo. L’Eucaristia fa di noi, individui dispersi, un solo corpo: “Per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo” (Pregh. eucaristica II). Il corpo del Signore che dobbiamo riconoscere per fede non è soltanto l’Eucaristia, pane consacrato, ma è anche il corpo ecclesiale, la comunità, consacrata e trasformata dal medesimo Spirito: “e a noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito” (Pregh. eucaristica III). L’apostolo Paolo scrive ancora: “Chi mangia e beve senza discernere il corpo del Signore mangia e beve la propria condanna” (1Cor 11,29). In altre parole, chi mangia quel pane senza essere in comunione con la comunità, mangia e beve la propria condanna. Nella celebrazione comunitaria tutta l’assemblea cristiana deve prendere coscienza di diventare un solo corpo di Cristo, perché mangia dell’unico pane.

L’uomo non divida

Il vangelo di s. Matteo riporta la disputa tra Gesù e i farisei circa la concessione del divorzio da parte di Mosè. Gesù chiede di ripartire dagli inizi, cioè dalla volontà creatrice di Dio, e sentenzia: “Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto” (Mt 19, 6). Se consideriamo il matrimonio alla luce dell’eucarestia, e viceversa, riconosciamo un parallelismo e una corrispondenza illuminante. All’amore indivisibile tra l’uomo e la donna, frutto e grazia del sacramento nuziale, corrisponde l’amore indivisibile del nostro divenire “un solo corpo” nell’unità indivisibile e indissolubile del corpo mistico di Cristo, frutto e grazia del sacramento eucaristico. Per entrambi i sacramenti valgono, a mio parare, le parole del Maestro: “L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”. Pertanto, se parliamo di peccati di profanazione, di oltraggio e dissacrazione del sacramento eucaristico, così dobbiamo avere la coerenza e il coraggio di riconoscere e denunciare i peccati di profanazione e dissacrazione del corpo mistico di Cristo che insiste in ogni comunità cristiana: “L’Eucaristia esige l’integrazione nell’unico corpo ecclesiale. Chi si accosta al Corpo e al Sangue di Cristo non può nello stesso tempo offendere quel medesimo Corpo operando scandalose divisioni e discriminazioni tra le sue membra” (Papa Francesco, Amoris laetitia n. 186). Il corpo ecclesiale non può subire da parte dei suoi stessi membri le offese della disgregazione, della separazione, del litigio, delle divisioni: “Se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!” (Gal 5,15).

Andate in Città

I due sacramenti dell’unità, matrimonio ed eucarestia,  svolgono la grande missione di contribuire alla ricostruzione della società frammentata e disgregata: “I coniugi cristiani dipingono il grigio dello spazio pubblico riempiendolo con i colori della fraternità, della sensibilità sociale, della difesa delle persone fragili, della fede luminosa, della speranza attiva. La loro fecondità si allarga e si traduce in mille modi di rendere presente l’amore di Dio nella società” (cfr. Amoris laetitia, 183-84). Nel vangelo di questa solennità, alla domanda posta dagli apostoli per capire dove preparare la Pasqua, Gesù risponde: “Andate in Città…”. Abitare la Città significa contagiare il mondo in modo esemplare e costruttivo con il fermento dell’unità: “La Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. Non bisogna mai dimenticare che la ‘mistica’ del sacramento del matrimonio e dell’eucarestia, ha sempre un carattere sociale.

Gerardo Antonazzo

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