INVIATI PER UNA CHIESA “IN USCITA”
Per una rinnovata pastorale missionaria
Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Dio che è in Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo,
ci prepariamo a vivere il nuovo anno liturgico con il dichiarato desiderio di sviluppare e potenziare la dimensione missionaria della nostra Chiesa di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo.
Con la presente riflessione consegno alla comunità diocesana la rilettura della Missione popolare vissuta nel mese di settembre, al fine di incoraggiare il cammino ulteriore della nostra missionarietà, valorizzando la pedagogia dell’anno liturgico a partire dall’ Avvento-Natale.
La vita della comunità cristiana deve saper intrecciare l’estetica del mistero celebrato e l’etica del mistero evangelizzato, per costituire una complicità dinamica tra preghiera e vita, tra culto e pastorale, tra fede e testimonianza, tra comunità e territorio. In modo tale che la “lex celebrandi” sia regola della “lex vivendi”, e l’agire della Chiesa trovi il suo radicamento nel mistero celebrato e la sua crescita nella gioia del mistero annunciato.
1. Per pregare
a. Icona biblica: Lc 1, 26-38
26Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». 34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
b. Chiamati e inviati
L’evangelista Luca illustra la figura dell’angelo Gabriele con due verbi, collocati all’inizio e alla fine del testo: “fu mandato”, e “si allontanò da lei”.
Nel racconto lucano è bene espressa l’irruzione di Dio nella casa di Nazareth, nella quale Gabriele porta a termine la “missione” che gli è stata affidata. Il testo latino recita “missus” (missionario), mentre la versione greca recita “apestàle” (apostolo). Entrambi i termini evidenziano la dimensione missionaria dell’azione angelica.
Al termine del brano, poi, l’evangelista annota che “l’angelo partì da lei”. Ritorna a Dio, per restituire a Lui il Sì della fede di Maria. Immaginiamo la gioia di Dio al ritorno del suo messaggero: quale festa in cielo per quanto finalmente e definitivamente è iniziato sulla terra grazie al Sì risuonato nel silenzio di Nazareth!
L’evangelista Luca racconta altrove che il Signore inviò settantadue discepoli, a due a due. I discepoli tornarono pieni di gioia, per raccontare al Maestro i segni e i prodigi di questa prima e indimenticabile esperienza missionaria.
Gesù, vedendo il buon esito della Missione dei discepoli, e quindi la loro gioia, esultò nello Spirito Santo e si rivolse a suo Padre in preghiera: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (cfr. Lc 10, 17-23).
Anche noi siamo ritornati per raccontare l’esperienza vissuta. La verifica della Missione ci ha permesso di “vedere” l’opera compiuta e di “giudicare” l’accaduto, sul quale è stato importante fare un discernimento spirituale comunitario.
2. Per vedere e giudicare
a. Cooperazione missionaria, dimensione comunitaria
La nostra Chiesa di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, in obbedienza all’azione provvidenziale dello Spirito, riconosce l’urgenza di una concreta conversione pastorale in prospettiva missionaria.
Questa “uscita” missionaria è diventata da qualche mese cooperazione con la Chiesa sorella della diocesi di Rutana, in Burundi, dove abbiamo compiuto una prima “visita” di conoscenza fraterna e arricchente.
Abbiamo conosciuta la vivacità sorprendente delle comunità cristiane in una Chiesa giovane, e non solo per la costituzione alquanto recente della diocesi (circa cinque anni), ma molto di più per la bellezza di una vita cristiana annunciata e vissuta in una dimensione comunitaria coinvolgente, convinta e convincente. Siamo rientrati nelle nostre realtà con la chiara consapevolezza del rovesciamento della situazione: l’annuncio “ad gentes”, infatti, riguarda ormai le nostre comunità di antica tradizione cristiana bisognose di una nuova evangelizzazione.
b. La missionarietà del Vescovo nella Chiesa particolare
Papa Francesco scrive nel suo Messaggio per la Giornata missionaria mondiale: “I vescovi, come primi responsabili dell’annuncio, hanno il compito di favorire l’unità della Chiesa locale nell’impegno missionario, tenendo conto che la gioia di comunicare Gesù Cristo si esprime tanto nella preoccupazione di annunciarlo nei luoghi più lontani, quanto in una costante uscita verso le periferie del proprio territorio, dove vi è più gente povera in attesa”.
Nella Lettera pastorale di quest’anno ho indicato tre capisaldi relativi ai “perché” di una Missione popolare diocesana:
1. La Missione diocesana come “tempo di Dio”, kairòs, per dirla con una parola tecnica. Cioè tempo forte di annuncio e di testimonianza, di ascolto, di partecipazione, di preghiera, di riflessione e di confronto. Tempo di grazia e di benedizione che avrebbe segnato decisamente l’inizio e lo svolgimento del nuovo anno pastorale 2014-2015, ma anche il seguito del nostro percorso pastorale.
2. La Missione diocesana per imprimere l’impronta di uno “stile” e di uno “stato” permanente di evangelizzazione. L’assenza di una prospettiva e metodologia missionaria nella pastorale ordinaria segna nel tempo l’ eutanasia della comunità cristiana.
3. La Missione diocesana per una Comunità soggetto dell’annuncio. Le equipe composte di giovani seminaristi del Seminario Regionale di Anagni hanno sostenuto i laici missionari di ogni parrocchia.
c. La Missione popolare, tra sogni e realtà
A progetto compiuto, possiamo forse dichiarare “missione (in)compiuta”? La domanda ci invita a verificare quali obiettivi siamo riusciti a concretizzare, e con quale consistenza. La verifica zonale della Missione diocesana ci ha permesso di considerare in modo realistico il percorso compiuto.
1. Cambiamento di mentalità
La Missione popolare esigeva una “conversione comunitaria”, cioè il cambiamento di mentalità e di metodo nella pastorale ordinaria, per transitare definitivamente “da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria” (EG 15). La presenza dei Seminaristi del Regionale di Anagni è stato un motivo imprescindibile di stimolo e di accompagnamento di un’azione missionaria che doveva riguardare e coinvolgere i laici delle varie parrocchie. E così mi sembra sia accaduto, grazie anche all’impegno di presbiteri che hanno saputo dare motivazioni e slancio giusto, coinvolgendo i laici e motivandoli nel coraggio di affrontare situazioni inedite e imprevedibili, con fiducia e generosità.
Tale coinvolgimento era urgente e necessario per ricostruire un’alleanza esemplare e dinamica tra la comunità dei credenti e il vasto territorio, soprattutto le periferie geograficamente più isolate rispetto al “centro storico” delle nostre parrocchie. La periferia territoriale spesso può trasformarsi in periferia della pratica religiosa, con un crescente distacco e disaffezione dalla vita della parrocchia. Anche se in minima parte migliorata, tale alleanza dovrà essere potenziata di gran lunga in ogni realtà ecclesiale. Nella Missione diocesana non facilmente sono state raggiunte le famiglie più distanti le quali, probabilmente, non erano nemmeno a conoscenza dell’attività che si stava svolgendo. Per questo motivo i centri di ascolto saranno riproposti e incrementati e saranno inseriti nella programmazione pastorale zonale come una modalità ordinaria di evangelizzazione.
2. Laici Missionari
La presenza di laici missionari anziché di soli sacerdoti ha suscitato qualche perplessità da parte di alcuni, legati per lo più a ricordi di missioni fatte in passato.
La Missione popolare ha fatto invece emergere delle belle risorse laicali: persone disponibili, preparate, volenterose , “missionari laici” che seriamente si sono impegnati, alcuni con più capacità di coinvolgimento e doni comunicativi. Partiti con l’idea di dover avvicinare i cosiddetti “lontani”, si è verificato che i primi ad aver bisogno di avvicinarsi di più al Signore Gesù sono proprio i cosiddetti “vicini”. Emerge nei laici una forte esigenza di formazione per un “saper fare” che segni il definitivo superamento della dipendenza da un certo clericalismo serpeggiante. Papa Francesco nella “Evangelii gaudium” afferma che i laici sono “semplicemente” la maggioranza del popolo di Dio. Come non renderli protagonisti ad ogni livello e settore dell’azione ecclesiale?
Tutti i presbiteri sono stati felicemente colti di sorpresa per la partecipazione dei laici alla Missione, a partire dalla frequenza alla ‘Scuola di evangelizzazione’ approntata appositamente per abilitare gli stessi ad una prima esperienza missionaria. Con il loro agire gioioso hanno dimostrato un roboante “ci siamo!” che non deve essere assolutamente mortificato o spento. Scrive Papa Francesco nel suo Messaggio: “Ormai è cresciuta la coscienza dell’identità e della missione dei fedeli laici nella Chiesa, come pure la consapevolezza che essi sono chiamati ad assumere un ruolo sempre più rilevante nella diffusione del Vangelo. Per questo è importante una loro adeguata formazione, in vista di un’efficace azione apostolica”.
Il protagonismo del laicato esprime l’esigenza di debellare il clericalismo parrocchiale, duro a morire. Proprio tale clericalismo, che potrebbe non di rado riguardare anche i laici stessi, potrebbe aiutarci a capire la crisi delle vocazioni al sacerdozio. E’ come dire: se vengono mortificati i laici, mancheranno anche le vocazioni! Scrive ancora Papa Francesco nel suo Messaggio: “Dove c’è gioia, fervore, voglia di portare Cristo agli altri, sorgono vocazioni genuine”. Credo che Dio ci “costringe” a riconoscere la vocazione specifica dei laici e il loro indispensabile coinvolgimento nella vita della Chiesa. Se non lo abbiamo fatto prima per virtù, valorizzando la dignità battesimale del laico, lo dobbiamo fare almeno per necessità a motivo della contrazione numerica dei sacerdoti! Solo quando avremo recuperato la vocazione battesimale del laico, il Signore tornerà a donarci anche numerose vocazioni sacerdotali.
3. Un popolo in “attesa”
Il cuore pulsante della missione popolare sono stati sicuramente i Centri di ascolto della Parola di Dio, durante i quali ogni missionario ha potuto servire un popolo assetato, “in attesa” che qualcuno porga la brocca dell’acqua viva. Anche dietro le domande più spinose si celava un interesse verso l’argomento proposto e verso i testi della Sacra Scrittura e verso la persona di Gesù che è il fondamento della nostra vita cristiana. Con grande sorpresa le case inizialmente immaginate come luoghi ostili, chiusi, e per certi versi difficili, sono diventate dei veri e propri focolari accoglienti e partecipati, luoghi dove sono stati vissuti momenti di autentica fraternità, dove ognuno si è sentito parte di una realtà bella, di una “famiglia” in cui è possibile, se lo si vuole, condividere gioie e dolori.
La missione diocesana ci ha restituito una ricca esperienza di “popolo”, spesso segnato da un diffuso analfabetismo religioso, ma proprio per questo “un popolo ben disposto” (Lc 1,17). Si è trattato come di un risveglio popolare e gioioso che ha ridestato come da un torpore o sonnolenza. Anche quanti rientrano nella fascia ampia dei cosiddetti “non praticanti” si è rivelata gente non lontana dalla fede, né dall’apprezzamento per la comunità parrocchiale. E’ soltanto in “attesa” che qualcuno si prenda cura, che qualcuno li cerchi, gli vada incontro. Sono persone disponibili a riattivare un rinnovato rapporto con la parrocchia, magari a partire dalla loro casa. Ama essere cercata nei suoi ambienti di vita e nelle sue contrade. Credo che questo vada interpretato come un importante appello alla riscoperta di una dimensione più “domestica” della vita cristiana ordinaria. Ci penseremo bene.
4. Evangelizzazione dei giovani
– nell’animazione scolastica
L’annuncio nelle Scuole è stata una rivelazione bella ed esaltante. L’esperienza con i ragazzi è stata molto arricchente. Hanno mostrato un vivo desiderio di incontrare i missionari con i quali hanno riflettuto sul dono della vita ed hanno espresso contenuti molto profondi. Dalla verifica emerge la necessità di recuperare i contatti con la scuola e poter reinserire la figura del sacerdote, senza nulla togliere agli insegnanti di religione che già svolgono in modo diverso e incisivo il loro servizio. La pastorale giovanile scolastica dovrà costituire per la nostra chiesa diocesana un campo di azione missionaria e una sfida prioritaria. La Scuola, al di là delle riforme confuse, più burocratiche che sostanziali, ha bisogno di punti di riferimento: sia il personale docente, sia gli alunni, sia le famiglie. Tutti questi soggetti farebbero riferimento volentieri alla figura di un sacerdote.E’ opportuno prevedere la possibilità di ripetere gli incontri durante l’anno (nelle ore di religione) portando avanti un tema specifico. E’ urgente proporre ai giovani incontrati nelle scuole una possibile continuazione del percorso in parrocchia. A tale scopo sarebbe necessario un esplicito raccordo tra gli IRC, i catechisti e gli operatori della pastorale giovanile/vocazionale.
– nell’animazione parrocchiale
Contrariamente a quanto accaduto nelle Scuole, si è rilevato scarso il coinvolgimento dei giovani nelle attività proposte in parrocchia. Solo un numero esiguo ha partecipato agli incontri previsti durante la settimana di missione. Sono necessarie modalità di intervento appropriate, utilizzando tutte le risorse presenti che possano coinvolgere attivamente i giovani, offrire loro la possibilità di incontrarsi sistematicamente per far sperimentare la bellezza e la gioia dello stare insieme. La conoscenza della situazione giovanile delle zone pastorali non è stata possibile per l’improvvisazione con cui si è agito. Occorre certamente accostarsi al mondo giovanile con più fiducia e senza precomprensioni. Prima di rassegnarsi, è necessario vedere la qualità della proposta della parrocchia, verificare lo stato di salute degli animatori dei giovani, e trovare le giuste risposte per rimuovere le cause che rendono difficoltoso l’approccio con l’universo giovanile.
– nell’animazione di strada
Per evangelizzare i giovani, bisogna “uscire” ancora di più, andare nei luoghi dove solitamente i giovani si sentono più a loro agio, nei bar, sale giochi, sui mezzi di trasporto, nei settori sportivi, nelle associazioni. Ovviamente ci vuole anche più preparazione per affrontare queste “periferie”.
5. L’ Oratorio come bene comune
C’è stata una buona partecipazione alle attività oratoriali organizzate a livello zonale o parrocchiale per bambini e ragazzi. Tali attività hanno rivelato quanto sia importante e costruttivo “lavorare” insieme, uscire fuori dalle mura della propria singola parrocchia per condividere momenti di autentica fraternità e comunione. Si può creare una buona rete tra le forze oratoriali presenti, fornendo loro una formazione specifica e sistematica a livello zonale
6. L’ora di una pastorale integrata
Il clima di fraternità tra i presbiteri è stato uno degli aspetti maggiormente notato ed apprezzato dalla gente, anche se resta ancora molto da fare perché si traduca in stili di vita e scelte pastorali a dimensioni collaborative più significative e più incisive. Nella verifica della Missione è stato sottolineato dagli stessi sacerdoti presenti che la missione è stata un’esperienza positiva in quanto ha convinto gli stessi a ritrovarsi insieme per progettare e collaborare. Anche tra i catechisti delle varie parrocchie si è notato un forte desiderio di scambio e di reciproca conoscenza. Si sono create le premesse per una promettente collaborazione a livello interparrocchiale e zonale. Infatti, se ciascuno è “angelo” inviato da Dio, non bisogna dimenticare di aver un’ala soltanto: per volare abbiamo bisogno di un seconda ala, sia quella di Dio, sia quella dei nostri fratelli. Facciamo in modo che non rimanga nascosta, o impedita dai nostri individualismi, o perché spezzata dai nostri pregiudizi. La Missione ha fatto emergere che è necessario unire maggiormente gli sforzi per una pastorale integrata tra le parrocchie vicine. In tale maniera si diventa presenza ancor più credibile sul territorio.
4. Per agire
a. E ora? Un appello!
L’esperienza che abbiamo vissuto non può rimanere fine a se stessa come un fatto straordinario della nostra Chiesa, ma dovrà avere una continuità nel tempo e insieme individuare modalità pastorali (centri di ascolto, missione porta a porta…) per ridestare nei nostri fratelli la fede affievolita, ma non spenta. Il momento della verifica ha rappresentato soprattutto un trampolino di lancio per alimentare la fiamma accesa durante la Missione. Pertanto incoraggia i laici presenti e i presbiteri a mettere in atto proposte di evangelizzazione in cui sono coinvolte più parrocchie, o l’intera zona pastorale, superando ogni forma di campanilismo o pretesa di autosufficienza.
La Missione in qualche modo ci ha risvegliati, invitandoci ad alzarci e a collaborare. Siamo tutti chiamati a vivere il nostro tempo con fantasia e con impegno. Abbiamo ancora tanto da imparare, ma sarà molto bello poterlo fare insieme. Bisogna unire tutte le nostre forze per raggiungere quelle periferie geografiche e spirituali che non siamo riusciti a incontrare nella nostra breve settimana di Missione. Adesso è tempo di dare un senso e un seguito a quella “perseveranza” dei primi cristiani di cui parla il libro degli Atti degli Apostoli (Atti 2,42).
b. Il nuovo anno liturgico
Il primo tempo liturgico di Avvento-Natale è già occasione propizia per una ripresa dell’azione missionaria delle comunità, a partire dalla riproposizione di alcune attività ben riuscite e collaudate durante la Missione popolare. Il Signore ci invia come “angeli” per annunciare la sua Parola di vita, come l’angelo Gabriele nella vita di Maria di Nazareth. La Chiesa è chiamata ad annunciare le bellezza esaltante della vita. Siamo i “messaggeri” della vita come “vocazione”; siamo missionari, chiamati e inviati a bussare alla porta della vita dei nostri fratelli e sorelle, per illuminarla con la volontà di Dio, con la gioia dei suoi progetti, con i segreti della vera felicità. Angeli della chiamata, dunque, per far risuonare in ogni “Nazareth” interiore la novità della parola con cui Dio continua a sorprenderci tramite coloro che sono da Lui inviati per risolvere ogni dubbio e resistenza alla sua iniziativa. A questo ci educhi la Peregrinatio mariana della Madonna di Canneto, perché provochi uno straordinario pellegrinaggio di cuori e di menti per una rinnovata sequela del Signore e una coraggiosa accoglienza della sua chiamata.
All’inizio di questo nuovo anno liturgico, invochiamo la gioia di Maria che, mentre viene presentata al Tempio, consacra tutta la sua esistenza alla volontà di Dio. Giunga a ciascuno il mio paterno abbraccio, con la particolare benedizione su ogni slancio missionario che il Signore vorrà pro-vocare.
Sora, dalla Sede Vescovile, 21 novembre 2014
Presentazione della Beata Vergine Maria
+ Gerardo Antonazzo