UN RINGRAZIAMENTO E UN SALUTO
“Ut in omnibus glorificetur Deus – Affinché in tutto Dio sia glorificato”. Questo, carissimi fratelli e sorelle, carissimi amici, è il primo pensiero che sale, limpido e puro, dal mio cuore. È diretto a Lui, al Signore, fonte e artefice di ogni bene, a Lui, senza del quale non saremmo nulla. Mutuando le parole che un famoso monaco del secolo scorso, Thomas Merton, aveva usato in riferimento all’esperienza del profeta Giona, posso dire anche di me stesso di ritrovarmi “a viaggiare verso il mio destino nel ventre di un paradosso”; un paradosso di amore, certo, nel quale la Provvidenza racchiude ciascuno di noi e nel quale a volte si sbizzarrisce nel sorprenderci con le sue mosse imprevedibili. Una di queste è l’avermi catapultato da Noci a Montecassino. Conscio della mia pochezza, mi accingo ad entrare in questo disegno della Provvidenza con animo umile e sereno, certo che Dio è la mia strada.
Dopo Dio il pensiero corre a noi qui riuniti. Ringrazio innanzitutto il Cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi. Grazie, Eminenza reverendissima, per aver voluto onorarci con la sua illustre presenza presiedendo questa celebrazione eucaristica che segna l’inizio del mio ministero abbaziale a Montecassino. E le siamo grati anche perché, tramite la sua persona, ci è dato di avvertire più distintamente il legame con la S. Sede – alla quale questa nostra Abbazia territoriale è immediatamente soggetta – e soprattutto con papa Francesco, che mi ha voluto alla guida di questa comunità monastica come successore di san Benedetto. Al S. Padre, Eminenza reverendissima, porti il nostro saluto filiale e orante.
Ringrazio e saluto il Nunzio Apostolico in Italia e gli eccellentissimi Vescovi presenti, il rev.mo Ab. Bruno Marin, Presidente della Congregazione Benedettina Sublacense Cassinese, il rev.mo Ab. Richard Yeo, Presidente della Congregazione Benedettina Inglese, che rappresenta l’Ab. Primate della Confederazione Benedettina, gli Abati dei vari monasteri, i monaci e le monache, i sacerdoti concelebranti – in particolare i Missionari della Consolata e coloro che da anni mi onorano della loro fraterna amicizia –, i religiosi e le religiose.
Rivolgo un deferente saluto alle autorità civili, in particolare al Sottosegretario all’Istruzione, senatrice Angela D’Onghia, in rappresentanza del Governo Italiano, ai Signori Ambasciatori, agli Onorevoli senatori e deputati, all’Assessore Visini, in rappresentanza del Presidente della Regione Lazio, ai Consiglieri della medesima, al Presidente della Provincia di Frosinone, al Prefetto di Frosinone, ai sindaci (in particolare quelli di Cassino e di Noci). Un distinto saluto rivolgo anche alle autorità militari e giudiziarie, a quelle accademiche, nella persona del Prof. Ciro Attaianese, Rettore Magnifico dell’Università di Cassino, e alle varie Associazioni qui rappresentate.
Un pensiero particolarmente grato va ovviamente alla comunità della Madonna della Scala di Noci che per venticinque anni mi ha monasticamente forgiato e mi ha custodito nel suo seno, dapprima come figlio e fratello e poi come padre. Sono certo che essa saprà comprendere il mio nuovo servizio a Montecassino alla luce di una più grande trama di donazione e di servizio all’interno della nostra Congregazione e del nostro Ordine.
Ringrazio gli Oblati del monastero di Noci, a cui si sono aggiunti quelli di Barletta, e con loro ringrazio vivamente i sacerdoti, gli amici e i conoscenti venuti non solo da Noci, ma anche da altre parti della Puglia, per condividere questa tappa del mio cammino monastico. Confesso che le innumerevoli dimostrazioni di stima e di affetto ricevute in queste ultime settimane non hanno ancora cessato di stupirmi e di commuovermi. Le interpreto come un segno della benevolenza del Signore che, anche attraverso la nostra piccolezza, sa irradiare la sua “luce benigna” (Beato Card. John Henry Newman).
Rivolgo un sentito ringraziamento agli amici lombardi, in particolare ai miei concittadini di Asso, scesi dal profondo Nord assieme ai tre parroci che si sono succeduti in questi ultimi anni alla guida della parrocchia che mi ha generato alla fede e alla vita cristiana. La loro presenza mi è di sprone e di conforto.
Un particolare grazie, affettuoso e cordiale, va naturalmente ai miei familiari e parenti, che, come per altri momenti importanti della mia vita, anche oggi mi si stringono attorno. È vero, l’assenza di mamma Bruna, a causa della malferma salute, stende un velo di mestizia nel nostro cuore, ma la sua presenza materna, benché impedita fisicamente, non cessa – e noi lo sentiamo, non è vero? – di vibrare nelle corde più intime del nostro animo. Papà Giuseppe, dal canto suo, ci starà guardando dal cielo.
Dopo la mia famiglia di sangue, abbraccio cordialmente i monaci di Montecassino, che ora costituiscono la mia nuova famiglia. Mi limito qui ad assicurarli che mio precipuo intento sarà quello di spendermi gioiosamente per loro, animando e sostenendo la nostra comune ricerca di Dio, e camminando e avanzando insieme sulle vie di Dio come “un cuore solo e un’anima sola” (cf. At 4,32). E sono certo che, con il loro esempio di vita e la loro fraterna collaborazione, sapremo anche affrontare – alla luce della nostra peculiare vocazione – le sfide che oggi interpellano la nostra presenza monastica nella Chiesa e nel mondo.
Un pensiero grato va naturalmente anche a chi mi ha preceduto alla guida di questa comunità: al Rev.do P. D. Augusto Ricci, che ha ricoperto il ruolo di Amministratore apostolico in questo ultimo anno e mezzo; all’Ecc.mo e Rev.mo P. Abate Pietro Vittorelli, che saluto con fraterna amicizia e al quale assicuro la nostra vicinanza e la nostra preghiera per la sua salute; e, infine, a S. E. Mons. Bernardo D’Onorio, Arcivescovo di Gaeta, e già abate di Montecassino per oltre vent’anni, un ulteriore anello che mi collega alla linfa vitale di questa comunità monastica.
Lo sguardo – sempre grato e cordiale – si allarga ad abbracciare anche gli Oblati di Montecassino, gli ex-alunni, i membri del Corteo storico e tutti i nostri dipendenti, sia quelli che operano quotidianamente in monastero a stretto contatto con la comunità, sia quanti sono coinvolti nella delicata missione educativa presso l’Istituto Comprensivo San Benedetto di Cassino, luogo dove, ogni mattina, si rinnova un atto di speranza per le giovani generazioni di questa nostra terra. A tutti i nostri collaboratori, che costituiscono l’estensione laicale della nostra famiglia monastica, va il mio e il nostro più sentito grazie per l’impegno qualificato e generoso di cui danno prova.
Un pensiero affettuoso va anche ai sacerdoti e ai fedeli laici della Terra sancti Benedicti che, per volontà del S. Padre, sono ora passati sotto la saggia guida pastorale di S. E. Mons. Gerardo Antonazzo, Vescovo di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, che saluto fraternamente e di vero cuore. Il nuovo assetto giuridico che si è venuto a creare con la ridefinizione dei confini dell’Abbazia territoriale di Montecassino non spezza i profondi legami instauratisi lungo i secoli tra quest’ultima e il territorio, sia a livello ecclesiale che civile. Anche se con modalità diverse, non mancheremo di offrire il nostro apporto e la nostra umile testimonianza a quanti continueranno a guardare a questa nostra abbazia per attingervi ispirazione, luce e forza per il proprio cammino di fede e di vita cristiana.
Un grazie caloroso, infine, agli organisti, al coro, e a quanti hanno collaborato alla buona riuscita di questa celebrazione nei suoi vari aspetti. E un cordialissimo saluto e un ringraziamento a tutti voi qui presenti, nessuno escluso, perché tutti – conosciuti o sconosciuti – mi siete cari nel Signore.
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E ora, carissimi, permettetemi di abusare ancora un po’ della vostra pazienza per condividere con voi alcuni pensieri che mi hanno accompagnato in questi giorni. Li esprimo ricorrendo a tre immagini.
1. La prima immagine non si vede, ma aleggia in questa “casa di Dio” e permea di sé ogni suo angolo e recesso. Riguarda Cristo Gesù, “immagine del Dio invisibile” (Col 1,15). Alla radice dell’avventura monastica di san Benedetto, iniziata a Subiaco e qui portata a sublimi altezze, vi è inequivocabilmente Lui, il Cristo, il vero Re.
Non c’è ricerca di Dio, non c’è desiderio di bene, non c’è amore fraterno che non passi attraverso di Lui, il Cristo, e in Lui trovi la sua ragion d’essere e la sua significatività. Cristo è il tesoro che san Benedetto ci ha consegnato e trasmesso in ogni pagina della sua Regola, ed è su di Lui che noi monaci siamo chiamati a modellare il nostro cammino personale e comunitario.
Il nostro impegno principale, qui a Montecassino, sarà quello di continuare a “respirare Cristo” e di testimoniare la sua centralità nella nostra vita. Il non anteporre nulla e nessuno al suo Amore – come ci esorta a fare san Benedetto (cf. RB 4,21) –è il motore segreto che permetterà a noi monaci di custodirci a vicenda nella fedeltà a Lui e nell’amore fraterno, e che ci consentirà di adoperarci affinché il “profumo di Cristo” (cf. 2Cor 2,14-15) possa raggiungere anche coloro che guardano a questo santo Monte per trovare ispirazione al proprio cammino di fede e al proprio impegno di testimonianza cristiana nel mondo.
2. La seconda immagine è duplice e prende forma qui, in questa solenne aula liturgica. Parte dallo sguardo di san Benedetto, estatico e raggiante di luce soprannaturale – come l’ha efficacemente interpretato il Maestro Annigoni nella cosiddetta Apoteosi di san Benedetto, dipinta sulla facciata interna della basilica – e termina sotto l’altare maggiore, dove da secoli riposano i resti del nostro Santo fondatore, Benedetto, e di sua sorella Scolastica.
Un monaco longobardo, Paolo Diacono, vissuto a Montecassino alla fine dell’VIII secolo, nella sua Historia Longobardorum,scriveva chegliocchidisanBenedetto – divenuti un tutt’uno con la terra nella quale si sono decomposti – erano da considerarsi ancora qui, in questo luogo. Che bello! Quegli occhi – e ciò che quegli occhi hanno veduto, contemplato, cercato e amato – sono ancora qui con noi! Sì, quello sguardo luminoso e penetrante che Benedetto ha avuto sul mondo e sulla storia, è ancora vivo, è rimasto intatto lungo i secoli, e da questo luogo continua ad orientare i suoi innumerevoli figli e figlie sparsi per il mondo intero.
Tocca soprattutto a noi monaci di Montecassino, a noi che abbiamo il privilegio di abitare in questa santa casa, il compito di custodire questo sguardo luminoso.
A noi, soprattutto, tocca mantenere viva quella luce che continua ad emanare dalla Regola trasmessaci dal N. S. P. Benedetto, e a noi tocca impedire che questa luce sia occultata o imprigionata dalla maestosità di queste mura, o sia imbrigliata dalle contraddizioni che si intrecciano nella nostra umanità, o sia soffocata dalle seduzioni di una gloria puramente umana.
A noi, più che ad altri, carissimi fratelli monaci incombe la responsabilità di far sì che il tesoro antico della tradizione benedettina che qui si è formato, si rigeneri in maniera vitale a beneficio nostro e degli uomini nostri fratelli. Applicando alla vita monastica le parole del grande compositore Gustav Mahler: “La tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri”, sarà dunque nostro impegno vivere nella “fedeltà dinamica” il dono inestimabile che san Benedetto è stato per noi, per la Chiesa, per l’Europa e per il mondo intero.
3. La terza immagine l’attingo dal grande portone d’ingresso sovrastato dalla scritta PAX, Pace. Questa sera, anziché utilizzare l’ingresso abituale, abbiamo voluto che tutti voi passaste attraverso quel portone e percorreste lo scalone dal quale si accede ai chiostri del monastero. Mi è parso, infatti, che sia il portone che lo scalone simboleggino la ricerca della pace, quella pace alla quale tutti aneliamo.
Si entra nella pace, e la si conquista, gradino per gradino, con gesti di bene seminati nei solchi della nostra quotidianità, giorno dopo giorno. È un percorso esigente, talora in salita, ma entusiasmante. E soprattutto è un percorso che parte dal nostro cuore. Lì la pace va innanzitutto accolta e vissuta, poiché non potremmo irradiarla attorno a noi se non la abitassimo noi per primi e non le permettessimo di abitare in noi.
La ricerca di Dio che si persegue in questo luogo è anche ricerca della Sua pace, quella che è vivificata dal soffio del suo Spirito e che è generata assieme all’amore, alla gioia, alla magnanimità, alla benevolenza, alla bontà, alla fedeltà, alla mitezza, al dominio di sé (cf. Gal 5,22). Di questa pace noi monaci vorremmo essere, da quassù, testimoni autentici e credibili, sentinelle vigilanti che annunciano, oltre la notte dell’indifferenza e dell’egoismo, l’alba luminosa e raggiante della vita buona del Vangelo resa possibile da Gesù, principe della pace.
Con queste parole termino, carissimi fratelli e sorelle, invocando su ciascuno di voi il patrocinio di san Benedetto e di santa Scolastica e assicurandovi che in questa casa nessuno si troverà mai allo stretto; ci sarà sempre un pensiero e una preghiera per ogni vostra necessità e sofferenza, per ogni vostra angoscia e speranza.
E soprattutto, ci sarà sempre un posto per ciascuno di voi nel nostro cuore, e mi auguro che ce ne sia un po’ anche per noi nel vostro. Grazie!