A Sora furono seicento le vittime e numerosi gli edifici, le chiese e le case crollate
Lunedì scorso,99 anni fa, l’anniversario. L’anno prossimo ricorderemo il secolo di quello che fu, qui da noi, un sisma tra i più violenti. Il 13 gennaio 1915 resta una data ben impressa nella memoria storica di Sora, quando dovette conoscere il dramma del terremoto, un evento che segnò per sempre la Marsica, la Valle di Roveto, il Sorano e la Valle di Comino.
Novantanove anni fa, quel 13 gennaio, avrebbe sconvolto la vita di tutto il nostro territorio. Ed il 13 gennaio 2014,lunedì scorso, il vescovo mons. Gerardo Antonazzo ed i sacerdoti della Città e Diocesi hanno pregato per tutte le vittime, nel corso delle messe da loro celebrate. L’anniversario ci è sembrato l’occasione giusta per riprendere le notizie ed i frammenti di cronaca di quei giorni, tratte dal libro: Sora. Itinerari d’arte e di cultura, edito dai fratelli Palombi e curato da Eugenio Maria Beranger, Mauro Ferracuti e Luigi Gulia. Così, a pagina 59 leggiamo: «Alle 7,50 del 13 gennaio 1915 Sora, come buona parte dei comuni della Marsica e della Media Valle del Liri, fu interessata da una fortissima e prolungata scossa sismica che causò oltre seicento morti e la distruzione di più del cinquanta per cento del suo patrimonio edilizio. Furono cancellati per sempre il convento di Santa Chiara, il palazzo detto dei Pezzenti lungo il Liri, l’intricato sistema dei vicoli nelle vicinanze di piazza Orto dei Santi, mentre gravissimi danni subirono la badia di San Domenico, la chiesa di S. Bartolomeo, la Madonna della Stella, S. Francesco e S. Restituta. Rimase anche distrutto l’ospedale pochi anni prima ultimato per interessamento di Vincenzo Simoncelli nell’area dove sarebbe poi sorta la sede della Banca d’Italia in via Napoli. Si salvò il trittico del pittore norvegese Cristiano Mayer Ross, cittadino onorario di Sora, che con altri artisti d’oltralpe amava frequentare la valle irina sulla fine dell’altro secolo: nel dipinto, una cui copia fotografica a grandezza naturale si conserva nell’atrio dell’ingresso principale dell’attuale ospedale civile di Sora Santissima Trinità, in via Marsicana, sono raffigurati la Madonna col Bambino tra i santi Rocco e Francesco.
Per quel quadro avevano posato lo stesso Vincenzo Simoncelli, S. Rocco, e la sedicenne Giulia, figlia di Vittorio Scialoja, la Madonna, che circa dodici anni più tardi sarebbe divenuta moglie del giurista sorano. Poi la ricostruzione. Ben dieci anni durò il restauro della chiesa di S. Domenico. Anche la cripta contenente le spoglie del Santo fu interessata dai lavori e, sulla fine degli anni Trenta, venne decorata con ornati a motivo vegetale e floreale. La chiesa di S. Bartolomeo, con la realizzazione del nuovo asse cittadino rettilineo, vide la sua planimetria ridotta longitudinalmente e la facciata arretrata e ricostruita. Anche la chiesa di S. Francesco, caratterizzata dalla elegante bifora in stile gotico, subì danni al tetto e al soffitto completamen-te rifatto poi dai fratelli Biancale. Della chiesa di S. Restituta si salvò solo lo splendido portale ad archi concentrici, prontamente smontato e ricoverato nel palazzo vescovile. I lavori di ricostruzione iniziarono presto ma, quasi subito, le autorità locali ritennero opportuno creare nel centro della Città una grande piazza rettangolare ove la chiesa occupasse non più il lato nord, bensì quello est. Completamente distrutta la chiesa di Valfrancesca, cara alla pietà sorana, per la statua della Maònna Ranna, la Madonna Grande, che veniva portata in processione attraverso i campi in caso di prolungata siccità. La Cattedrale, uscita sostanzialmente indenne dalle numerose scosse, fu invece devastata nella notte del 13 gennaio 1916, da un incendio che, ad un anno esatto dal terremoto, distrusse la maggior parte degli arredi sacri, riportando tuttavia alla luce le originarie colonne e gli archi ogivali.
La ricostruzione della Città, grazie anche al piano regolatore urbano, avvenne secondo due direttrici ben precise:all’interno del perimetro murario medioevale le case riedificate si ispirano a modelli neo-gotici. All’esterno si favorisce la fabbricazione lungo la sponda sinistra del Liri e la statale 82, specie nei terreni limitrofi al ponte di Napoli».