Testimonianza di suor Cristiana della Comunità Religiosa delle Monache Benedettine di Arpino

Vita monastica? Ma ne sei proprio sicura? Con tutto quello che c’e da fare nel mondo? E poi, proprio tu, con un carattere cosi vivace…! E i tuoi studi, progetti, amici, viaggi? Sono doni di Dio da non sprecare!…”. Queste alcune reazioni suscitate dalla mia scelta della vita contemplativa. Vittime del “razionalismo”, dell’ “efficientismo “, vogliamo a tutti i costi capire, vedere e toccare. Quando una scelta è risposta alla chiamata di Dio, non ha bisogno di giustificazioni.

Ho preso coscienza della mia vocazione a 24 anni; avevo finito gli studi e niente mi dava soddisfazione; mi sentivo inutile e irrealizzata, tutto mi sembrava fumo inconsistente. Avevo tutto: benessere, amici, affetti, divertimenti, viaggi, ma non avevo niente, ero schiava di tanti idoli. Credevo di essere felice, ma quando ho avuto il coraggio di guardarmi dentro, dopo aver pregato a lungo davanti al Santissimo, ho scoperto un vuoto tremendo, che era bisogno d’amore vero, un bisogno di Dio, non a mio uso e consumo, come quello in cui credevo, ma del Dio di Gesù, che si è fatto Uomo per permetterci di realizzare noi stessi come persone libere e capaci di amare.

In una rivista della nostra Diocesi di Iasi avevo letto un articolo su come si svolge una giornata in monastero, ricordando ciò che mi aveva detto una zia che aveva partecipato alla consacrazione del Monastero “Mater Unitatis” delle monache Benedettine della nostra Diocesi “Lì le monache, dietro le grate, cantano come gli angeli”. Subito ho pensato: “Lì voglio essere anch’io!” Sentivo nel mio cuore che Qualcuno più grande di me, mi chiamava ad una vita diversa da quella che mi offriva il mondo, da donare in modo esclusivo a Dio in monastero, a servizio di Lui e del prossimo tramite la preghiera, la meditazione della Parola di Dio, la vita fraterna, il nascondimento, il silenzio, l’ospitalità.

Dopo sei anni vissuti in monastero, posso testimoniarvi che questa vita non è inutile, ma è un dono del Signore per chi è chiamato, per la Chiesa e per il mondo intero, dono che non è proprietà nostra, ma è un dono per gli altri. ”Il mondo non lo lasciamo per disprezzo, ma per un amore molto grande” mi diceva una volta una monaca anziana.

Vivendo in Monastero, ho capito che il bene non fa rumore e che le monache sono come il profumo della Maddalena, che, apparentemente sprecato, profumò tutta la casa, sono una presenza che purificata nella rinuncia a costruirsi una propria storia, si lascia plasmare da Dio. In questo modo, tutti, senza saperlo, hanno chi prega per loro.

Abbracciando la vita nascosta, noi non disertiamo la famiglia umana ma, se aderiamo veramente a Dio, la nostra mente si apre e il cuore si dilata, per pregare e lavorare per chi non sa o non vuole. Più ci si avvicina a Dio, più si è utili agli altri. La vita claustrale è una risposta radicale e gratuita all’Amore gratuito di Dio, al Quale San Benedetto ci suggerisce di ”niente anteporre”.

Vivere in monastero, per me è vivere la storia di Ester, la donna ebrea che intercede presso il re persiano Assuero per il suo popolo israelita. Una monaca di vita contemplativa non è mai fuori del tempo e del mondo nel quale vive, ma ne diventa il cuore e la benedizione nella misura in cui vive la propria vocazione.

Vorrei concludere con le parole di S.Giovanni Paolo II: “I Religiosi contemplativi sono costruttori della città di Dio. Attraverso la vostra vita quotidiana di preghiera e di sacrificio, voi siete segni dell’Amore-Redenzione e di grande aiuto a tutta la Chiesa e al suo Capo visibile, arricchendo cosi la Chiesa pellegrina di una misteriosa fecondità. Dietro la clausura si ama, con l’amore con cui Cristo amò sino alla fine. Questo amore è il lievito evangelico: è il lievito che fermenta tutta la pasta. Vi auguro di essere proprio questo lievito”.

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