Ultimo incontro della Scuola di Evangelizzazione: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui”

Grande partecipazione per l’ultimo appuntamento della Scuola di Evangelizzazione diocesana. Tante le persone che hanno riempito la Chiesa di San Carlo per assistere all’intervento di Don Giuseppe Montenegro, missionario del Preziosissimo Sangue, impegnato da anni nell’apostolato sia in Italia sia all’estero.

Don Giuseppe, simpatico e delicato, ma, allo stesso tempo, diretto e incisivo, ha spiegato come la missione rappresenti un vero e proprio tempo di grazia per richiamare i cristiani e i non cristiani ad una vita di fede vissuta. «La missione» ha affermato «deve essere come un “assedio dei popoli”, dobbiamo incontrare tutti: in casa, per strada, sul posto di lavoro, dovunque». In un momento storico in cui l’istruzione religiosa della popolazione è molto bassa, al punto che in molti non conoscono neanche le preghiere elementari, la pratica dei sacramenti è molto ridotta e la vita di fede troppo trascurata, la missione permette di far memoria dei sacramenti come mezzo di salvezza, consentendo il ritorno allo studio del Vangelo e fornendo un aiuto alla pratica religiosa. «Per ottenere questi risultati» ha chiarito Don Giuseppe «bisogna usare molta discrezione, misericordia, dolcezza di modi e chiarezza nel parlare». «Dove possibile» ha aggiunto «è necessario riunire le varie categorie di persone con incontri specifici, coinvolgendo anche i responsabili del bene pubblico per incoraggiarli al servizio e all’onestà».

Il missionario ha ribadito che bisogna conoscere dettagliatamente l’area che si vuole evangelizzare non solo sotto l’aspetto religioso, ma anche civile, politico e antropologico, per poter comprendere in toto il modo di vivere e di essere della popolazione. Ha poi elencato delle note tecniche sull’organizzazione e sulla scansione della giornata di missione che deve iniziare al mattino con la celebrazione della Santa Messa e delle lodi e concludersi, alla sera, con i centri d’ascolto nelle famiglie. In quella che ha definito “l’evangelizzazione portata nelle case”, Don Giuseppe ha consigliato di annotare le domande che i partecipanti vogliono porre, cercando di spendere anche del tempo in più con coloro che mostrano l’interesse ad un approfondimento. Ha poi rassicurato chi, dalla platea, ha manifestato la paura o un sentimento di inadeguatezza per un compito tanto importante. «Quando il Vescovo vi concede il mandato» ha precisato «diventate dei veri e propri missionari e lo Spirito Santo opererà in voi». «Anche i primi testimoni della parola di Cristo» ha evidenziato «erano dei laici, non erano né sacerdoti né suore». Il missionario ha poi insistito sull’importanza della preghiera e sulla centralità del messaggio da riferire ai giovani, a chi non crede, a chi professa un’altra religione: “Chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1Gv 4, 7-8).

Dopo la relazione di Don Giuseppe Montenegro, è toccato al Vescovo chiudere l’appuntamento e, con esso, la Scuola di Evangelizzazione. Una chiusura “parziale e provvisoria” che, in realtà, non è altro che un inizio, sia della Missione popolare sia di un percorso più lungo e duraturo perché “l’identità stessa della Chiesa è una missione permanente”. Sua Eccellenza, ricordando le parole del professor Numini nel suo primo incontro, ha affermato che la missione è già riuscita, dal momento che tutti i presenti hanno saputo rispondere alla chiamata del Signore. «La vostra presenza» ha però specificato «non deve essere un risultato, ma un segno. Il segno della grazia di Dio». Ha poi citato la prima lettera di San Pietro, lasciando un preciso messaggio a tutti i prossimi evangelizzatori: “Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo” (1Pt 3, 15-16). «Durante la missione» ha sottolineato il Vescovo «non dobbiamo difendere noi stessi, ma la nostra fede». «Non dobbiamo usare stratagemmi» ha proseguito «ma strategie, perché la nostra fede deve essere pensata. Dobbiamo acquisirla al meglio per noi stessi, per meglio trasmetterla agli altri». Ha poi messo in guardia dal sentimentalismo: «Non tutti vivono i nostri sentimenti, quindi non tutti sono in grado di comprenderli. Il sentimentalismo, a volte, può essere controproducente perché rischia di essere scambiato per fanatismo».

Riconoscendo che la Scuola di Evangelizzazione, per motivi di tempo e per la sua stessa natura, non ha esaurito tutte le questioni da affrontare, il Vescovo ha ricordato l’imminente inizio della Scuola diocesana di formazione teologica. Ha poi suggerito di organizzare una settimana missionaria ogni anno nelle parrocchie e, massimo ogni cinque anni, nelle singole zone pastorali.

Prima della chiusura, Sua Eccellenza ha ricordato la Messa di apertura dell’anno pastorale che verrà celebrata il 21 settembre, alle 18:00, nella Chiesa di Santa Restituta, a Sora, e l’inizio della peregrinatio della statua della Madonna di Canneto, che sosterà in tutte le parrocchie della diocesi perché “Maria accompagna il cammino di una chiesa che si lascia pro-vocare dal Signore”. «La peregrinatio» ha chiosato «non è un evento devozionale e cultuale, perché Maria evangelizza in quanto maestra e stella dell’evangelizzazione».

Infine, prima della benedizione, il saluto e l’incoraggiamento con la frase che l’angelo pronunciò alle donne che cercavano Gesù nel sepolcro: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui” (Mc 16, 6) ma, proprio perché risorto, è ovunque!

 

– Maria Caterina De Blasis

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