USCIRE E ABITARE
Cambiamenti di mentalità e nuove prospettive pastorali
Intervento di A. Di Lorenzo
Uscire per suscitare la fede in Cristo, abitati dal suo Vangelo e dai suoi stessi sentimenti.
L’uscire espone al rischio del ricompattarsi per recuperare spazi di influenza perduti o del coalizzarsi per andare alla conquista del mondo.
L’abitare ha a che fare con l’habitus, con la consuetudine, l’abitudine, il possesso stabile dei luoghi e delle relazioni e, quindi, con il dejà vu, la ripetitività, l’indifferenza, la pastorale flemmatica e sonnacchiosa o addirittura di difesa da tutto ciò che è nuovo.
Le chiavi di interpretazione dei due verbi sono, dunque, l’Esodo e il mistero dell’Incarnazione.
Quattro sfide
- La missionarietà
Veniamo da una pratica pastorale secolare, in cui la Chiesa era l’unica referente della cultura. Quell’epoca è passata. Il Vangelo non è più l’unico Vangelo, né il primo, né il più ascoltato. La prima sfida allora, forse la più difficile, è quella di attuare un cambiamento di mentalità: occorre avere il coraggio di ri-pensare e di ri-organizzare tutto l’agire pastorale in chiave missionaria.
La prima parola d’ordine è uscire: dalla tattica attendista ad una maggiore intraprendenza, dall’aspettare che la gente venga all’andare a cercarla lì dove essa vive, dalle sagrestie alla piazza, alla strada, alla periferia.
La seconda è abitare: il Vangelo si diffonde per attrazione e per contagio; per questo è importante esserci, starci, dimorare in pianta stabile, condividere la vita della gente e manifestare la gioia di aver incontrato il Signore.
- La multiculturalità/multirazzialità/multireligiosità e il pluralismo dei saperi, delle visioni antropologiche e degli stili di vita
Viviamo ormai in un mondo variopinto. Dobbiamo imparare a co-abitare e a dialogare con questa realtà meticcia e a più voci, senza negoziare la nostra identità, ma anche senza chiuderci e senza paura di essere contaminati.
- L’attenzione alle vittime delle antiche e delle nuove povertà
La Chiesa non può ignorare la loro presenza e il loro grido: non può tacere né parlare… il politichese, soprattutto non può entrare nel gioco di quei sistemi ingiusti che cercano di rendere i poveri invisibili.
- La sinodalità
Occorre finalmente che l’ecclesiologia di comunione faccia il suo corso, senza “ma” e senza “se”. La fraternità e l’uguale dignità di tutti i battezzati devono essere tradotte in koinonìa pastorale, in comunione operativa, accettando la gioia e la fatica del camminare insieme.
Con la spiritualità dell’Esodo e lo stile dell’Incarnazione
Il nuovo scenario, non solo ad extra, ma anche ad intra – visto che molti ormai “credono di credere”, ma sono più lontani dei lontani nel comprendere e nel praticare “la differenza cristiana” – richiede un modo diverso di comprendersi della Chiesa e, quindi, un ripensamento della missione della Chiesa, i cui tratti caratterizzanti si trovano già nei documenti del Concilio Vaticano II.
Nuove sfide pastorali
– Formare, istituire e inviare équipe di esploratori del territorio e missionari itineranti, composti da operatori pastorali o per singoli settori pastorali, valorizzando diaconi, catechisti e aggregazioni ecclesiali laiche.
– Annunciare e celebrare la Parola con forme e modalità rinnovate, adattando gli orari alle esigenze familiari e lavorative delle persone: centro di ascolto, liturgia della Parola, veglia, lectio divina, catechesi per gli adulti, preparazione dei giovani alla Cresima a livello zonale, itinerari di preparazione alla vita coniugale e familiare, evangelizzazione di strada e della notte, peregrinatio, missione al popolo, mostre e rappresentazioni sacre…
– Ripensare l’organizzazione delle feste patronali e di tutta la pietà popolare, con l’inserimento della voce “povertà”;
– Rilanciare in ogni parrocchia l’oratorio e la pastorale del tempo libero, dello sport, del pellegrinaggio.
– Avviare gradualmente la pastorale della carità , con iniziative di accoglienza e di integrazione degli stranieri, attività di accompagnamento delle famiglie con minori e, più in generale, in difesa della vita dal periodo pre-natale allo stadio terminale (valorizzare la Giornata per la vita).
– Mettersi in rete con le altre realtà del territorio; lì dove non ci sia una rete dei servizi, farsene promotori, incoraggiando gli enti pubblici ed eventualmente le comunità di altre confessioni religiose a coinvolgersi.
– Potenziare la riflessione sulla Dottrina sociale della Chiesa e sulla cittadinanza attiva: scuola/corsi di formazione per l’impegno socio-politico dei cattolici
– Educare al discernimento comunitario. Rilanciare a tutti i livelli (parrocchiale, zonale, diocesano) gli organismi di partecipazione; soprattutto, istituire in ogni parrocchia il Consiglio pastorale parrocchiale e il Consiglio per gli Affari economici.
– Curare la pastorale unitaria e integrata: sperimentare forme di collaborazione pastorale interparrocchiale e zonale, mantenere aperta la possibilità di istituire le Unità pastorali e di praticare forme di vita comune tra sacerdoti.