1 febbraio 1945- 1 febbraio 2021 76 anni dalla conquista del voto delle donne italiane
Tina Anselmi: una vita spesa a riscoprire la bellezza di una politica al servizio dell’uomo
Oggi è davvero una ricorrenza importante per le donne, ma in pochi lo ricordano! Il Progetto Policoro diocesano, attualmente composto da donne, vuole ricordare, in questa giornata, attraverso un breve excursus storico, la figura delle donne che tanto hanno fatto per la nostra società segnando la storia dell’Italia.
Le donne che erano state tra le protagoniste della Resistenza in Italia, ottennero il 1 febbraio 1945, 76 anni fa, il diritto di partecipare alle elezioni, in un primo momento solo elettorato passivo. Punto di arrivo di un percorso lungo e tortuoso, che prese le mosse dallo Statuto Albertino, che all’articolo 24 recitava: “Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili e militari, salve le eccezioni determinate dalle leggi”. Una di queste eccezioni riguardava le donne, anche se non in modo esplicito.
Il primo passo per il voto alle donne fu fatto in Nuova Zelanda nel 1893, poi nel 1907 in Finlandia e nel 1917 in Russia; per il Regno Unito bisognerà aspettare il 1928; nel 1932 il suffragio femminile arriva in Brasile, nel 1934 in Turchia e nel 1944 in Francia. In Cina e India nel 1949, in Messico nel 1953. A differenza di molti altri stati, in Italia il suffragio femminile non fù introdotto dopo la prima guerra mondiale, ma solo dopo molte battaglie; il decreto legislativo luogotenenziale 1 febbraio 1945 n. 23 concesse alle maggiorenni di 21 anni il diritto di voto attivo, mentre il decreto legislativo luogotenenziale 10 marzo 1946, n. 74 concesse alle donne maggiori di 25 anni il diritto di voto passivo. Le prime elezioni politiche in Italia si svolsero nel giugno del 1946, quando la popolazione fù chiamata a votare a favore del referendum istituzionale monarchia-repubblica e per eleggere l’Assemblea costituente. Un diritto che venne riconosciuto in extremis nell’ultimo giorno utile per la composizione delle liste elettorali, alla fine del gennaio ’45 ma che non fu, una benevola concessione, come taluno sostenne, ma il doveroso riconoscimento del contributo determinante che le donne, con le armi in pugno e soprattutto con una diffusa azione di massa, di sostegno alla Resistenza, avevano dato alla liberazione del Paese. Il suffragio femminile da quel momento in poi fù esplicitamente considerato un diritto dalla Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna, adottata dalle Nazioni Unite nel 1979 e sottoscritta da 189 nazioni. Il diritto di voto alle donne venne introdotto nella legislazione internazionale nel 1948 con l’adozione da parte delle Nazioni Unite della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Una donna particolarmente, importante che per tutto il 2021 sarà figura di riferimento per tutti gli animatori di comunità del Progetto Policoro è TINA ANSELMI.
Tina Anselmi è stata una delle figure più importanti della storia della Repubblica, nonostante venga raramente ricordata in quanto tale. Nacque nel 1927 a Castelfranco Veneto, a soli 17 anni si unì alla Resistenza dopo aver assistito assieme ai compagni di scuola, su ordine dei fascisti, a un’impiccagione in piazza in seguito a un rastrellamento. Come racconta nell’autobiografia Storia di una passione politica, scelse il nome di battaglia Gabriella, ispirandosi all’arcangelo Gabriele. Dopo la guerra studiò Lettere e diventò insegnante di italiano. Parallelamente cominciò la sua attività politica nelle file della Democrazia Cristiana, alla quale si iscrisse dal 1944, attivandosi soprattutto per convincere le contadine a votare. Si impegnò, in ambito sindacale, soprattutto a favore delle donne che lavoravano nel tessile e nel settore scolastico. Nel 1958 diventò delegata nazionale delle giovani della Dc e partecipò al dibattito sulla legge Merlin che abolì la regolamentazione della prostituzione. Entrò in Parlamento nel 1968, dove partecipò alle commissioni parlamentari sul Lavoro e sugli Affari sociali per poi diventare la prima donna a capo di un Dicastero del nostro Paese, in tre governi Andreotti: nel 1976 al Lavoro e alla Previdenza sociale, e poi nel 1978 alla Sanità, carica che mantenne anche nella legislatura successiva. Anselmi, durante la sua carriera di ministra, ha visto la realizzazione di alcune delle più importanti leggi sul lavoro e sul welfare, come la legge sulla parità di trattamento tra uomini e donne del 1977, di cui è stata promotrice, e nell’anno successivo la legge Basaglia sulla riforma psichiatrica, la legge 194 sulla depenalizzazione dell’aborto e, soprattutto, la legge sull’istituzione del servizio sanitario nazionale (Ssn).
In questo periodo difficile per il nostro Paese a causa della pandemia da covid-19,è importante ricordare l’impegno di Tina Anselmi proprio in ambito sanitario. Se a oggi riusciamo a rispondere a una simile emergenza sanitaria è perché qualcuno credeva che l’accesso alle cure dovesse essere libero e gratuito per tutti. E a farlo è stata una donna, Tina Anselmi. Il Ssn venne istituito con la legge 833 del 23 dicembre del 1978, dopo molti compromessi e negoziazioni, guidate appunto da Tina Anselmi. La sua costituzione si accompagna a due importanti conquiste per il diritto alla salute: la chiusura dei manicomi con la legge Basaglia (che verrà poi accorpata alla 833) e la depenalizzazione dell’aborto, che coincide con l’istituzione dei consultori pubblici.
È proprio guardando a queste tre colonne portanti del welfare italiano istituite a pochi mesi di distanza l’una dall’altra – sanità gratuita, servizi di igiene mentale e consultori pubblici – che si capisce il progetto democratico che Tina Anselmi aveva in mente per l’Italia: infatti affermava che “Lo Stato deve farsi garante del benessere fisico e psicologico dei suoi cittadini, senza fare distinzioni di alcun tipo .Non c’è forma di carità più alta della politica, dell’impegno per il Paese, per la gente. Quando un politico fa una legge giusta lo fa a beneficio di larghe fasce del Paese […]. La politica può cambiare in meglio la vita dei cittadini”
Tantissimi altri traguardi sono da attribuire all’Anselmi, come ad altre donne; in questo momento così particolare per il nostro paese le sue parole suonano alquanto profetiche: “La libertà va riconquistata ogni giorno con le proprie scelte. È questa la principale tra le regole della democrazia, che si appella a tutti e che non distingue i cittadini per ricchezza, appartenenza sociale, cultura. La democrazia è un grosso investimento sulla persona, solo perché tale ogni individuo ha il diritto di decidere della vita del Paese. Guai ad abbandonarlo”.
Aurora Capuano