“Cara parrocchia, si dice di te che stai scomparendo, che vieni facilmente trasformata in un sportello o agenzia di servizi, che stai inventando tabelloni che devono far sapere a tutti i tuoi orari non la tua accoglienza, che tieni chiusa la chiesa tutto il giorno perché ti vuoi difendere dai ladri, che non sei più casa abitabile dei giovani, che sei una delle tante istituzioni che si sopportano a mala pena…. Te ne potrei dire altre di previsioni. Ma non siamo abituati ad adattarci al ribasso”. Inizia così la lettera alla parrocchia degli “amici del Centro orientamento pastorale”, diffusa oggi alla conclusione, a Foligno della 66ª Settimana nazionale di aggiornamento pastorale, che ha avuto per tema “Riconciliarsi nella comunità – Educarsi alla misericordia, al dono, all’impegno”. “Ci siamo trovati con tanti amici in questi giorni – prosegue la lettera – a sognare ancora nonostante tutti ci scoraggino e, ci pensino irriducibili visionari, perché vediamo che hai una grande capacità di essere luogo di misericordia e di riconciliazione, ponte e non muro, crocevia di bisogni e di solitudini che cercano compagnia e prospettive, non hai paura di essere minoranza, perché non sei affatto settaria, tieni aperta la tensione a salvare e accogliere tutti, hai sempre questa bella caratteristica di essere cattolica, contro la tentazione di farti intimistica e gruppettara o lobby che si specializza in cose che non sono per tutti”.
“Abbiamo provato a sognare come Gesù voleva la sua comunità e ci ha aiutato Papa Francesco a continuare a sognare a dirci che tutte le nostre strutture, le nostre riunioni, gli stili, gli orari, i linguaggi devono piegarsi a un verbo che lui ripete spesso: uscite, fate ospedale da campo. Tu parrocchia – è l’incoraggiamento – puoi ben essere un luogo di riconciliazione, non solo perché fai incontrare la misericordia di Dio nei sacramenti, ma perché la sperimenti anche quando sai affrontare senza maschere i conflitti, che hai pure al tuo interno”. Non solo: “Sei in grado di ascoltare il grido che esprime ogni vita come appello rivolto all’Altro, il grido che cerca nella solitudine, che aspira a Dio senza conoscerlo né nominarlo, ma di cui sente la mancanza e il vuoto”. Infatti, “tu, parrocchia, sei proposta di felicità, di bellezza, di leggerezza, di armonia. Non è solo da oggi che stimi la ricerca faticosa che l’umanità fa, senza voler battezzare tutto come cristiano, ma incamminandoti con tutti, come compagna di viaggio che va verso una sola meta”. E, poi, “puoi disporre ancora di preti che vogliono un legame vero con la gente, che sanno dare ragione della loro fede in tutti i contesti in cui abiti, capaci di essere poveri e di vivere con le famiglie per imparare ancora di più l’arte di vivere, di credere e di sperare”.
“Abbiamo provato a sognare come Gesù voleva la sua comunità e ci ha aiutato Papa Francesco a continuare a sognare a dirci che tutte le nostre strutture, le nostre riunioni, gli stili, gli orari, i linguaggi devono piegarsi a un verbo che lui ripete spesso: uscite, fate ospedale da campo. Tu parrocchia – è l’incoraggiamento – puoi ben essere un luogo di riconciliazione, non solo perché fai incontrare la misericordia di Dio nei sacramenti, ma perché la sperimenti anche quando sai affrontare senza maschere i conflitti, che hai pure al tuo interno”. Non solo: “Sei in grado di ascoltare il grido che esprime ogni vita come appello rivolto all’Altro, il grido che cerca nella solitudine, che aspira a Dio senza conoscerlo né nominarlo, ma di cui sente la mancanza e il vuoto”. Infatti, “tu, parrocchia, sei proposta di felicità, di bellezza, di leggerezza, di armonia. Non è solo da oggi che stimi la ricerca faticosa che l’umanità fa, senza voler battezzare tutto come cristiano, ma incamminandoti con tutti, come compagna di viaggio che va verso una sola meta”. E, poi, “puoi disporre ancora di preti che vogliono un legame vero con la gente, che sanno dare ragione della loro fede in tutti i contesti in cui abiti, capaci di essere poveri e di vivere con le famiglie per imparare ancora di più l’arte di vivere, di credere e di sperare”.
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