Il buon samaritano Gesù è colui che ti da per primo la capacità di amare

XV Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

In questa domenica troviamo narrata la famosa parabola del buon samaritano. A ragione è stata fatta emblema della misericordia e dell’anno giubilare consacrato dal Pontificato in corso alla divina misericordia.

Gesù è il più grande buon samaritano come ci dimostra la bimillenaria interpretazione della Chiesa, il solo che ancor oggi come buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza (liturgia – prefazio comune VIII) con la sua incarnazione, morte e risurrezione, per cui ogni uomo può godere del beneficio della sua presenza e della sua grazia soprannaturale nel perdono dei peccati e nella partecipazione alla vita divina con la Santissima Eucaristia.

Che Gesù sia buon samaritano non fa di lui automaticamente un modello da imitare: egli è principalmente il Dio da amare, il primo prossimo che è vicino a noi e che ci regala la salvezza. La parabola del buon samaritano non è la risposta alla domanda: cosa devo fare io per diventare prossimo? Ma chi è il mio prossimo?

Il mio prossimo, secondo questa parabola, è il buon samaritano, cioè è Cristo, per amarlo, così come prescrive la legge di Dio: Ama il prossimo tuo come te stesso, citato dal dottore della legge. Cristo che si dona oggi a me nei sacramenti e soprattutto nelle specie eucaristiche con l’integralità della sua persona divina versa l’olio della consolazione e il vino della speranza.

Io lo devo amare. Fa questo e vivrai! Dice Gesù al suo interlocutore. Se uno non riesce a fare questo minimo ed essenziale atto di amore verso Chi più lo ama, non riuscirà a fare mai un atto di amore. Il buon samaritano, Gesù, è colui che ti da per primo la capacità di amare, amando Lui puoi amare anche gli altri: amatevi … come io vi ho amato (Gv 13, 34)Il primo buon samaritano è dunque Lui. Plasmati alla scuola eucaristica dal primo e migliore di tutti i buoni samaritani, possiamo diventare anche noi in certa misura “buoni samaritani” e così “vivere”.

Vivere, infatti, è amare. Chi non ama non vive. Nelle lingue sassoni è facile l’assonanza tra vita e amore (life – love in inglese; leben – liebe in tedesco). Chi non ama il suo fratello è morto: Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte (1Gv 3, 14). Ma il mio principale fratello, “il grande fratello”, è solo Cristo, Colui che mi da la possibilità di amarlo e di amare anche gli altri.

Se non amo Lui, buon samaritano, non posso amare nessuno. Non è una questione automatica amare il proprio prossimo e neppure una decisione volontaristica. Amare significa in primis farsi amare, ricevere l’amore da Cristo.

Ora l’abbandono frequente dell’Eucaristia, la noncuranza proprio dei cristiani verso il sommo sacramento, l’amore incarnato che si vuole donare a noi, la lontananza dalle fonti della grazia e dello Spirito Santo che sono i sacramenti, l’abitudine a pensare solo in modo umano e volontaristico, ciò ci priva dell’amore, facendoci soggetti alle nostre passioni, scambiate come amore. L’amore che offre il cuore dell’uomo senza la grazia è il nutrimento dei sensi e dei desideri più bassi: mangiare, bere, dormire, soddisfarsi in ogni modo in tutto ciò che vogliamo.

Questo è ancora l’amore del mondo, non legato a Dio ma solo all’unico parametro del proprio interesse, del proprio tornaconto, del soddisfacimento hic et nunc di se stessi. E’ un amore egoistico fondato sul proprio modo personale e volubile di percepire la realtà, senza basi soprannaturali e quindi instabile e infelice. L’amore di Cristo ci apre altri orizzonti. Quelli dello Spirito, quelli del cielo, quelli della redenzione dal peccato e dalla morte, quelli del regno eterno di Dio e di tutti i santi.

La Vergine Immacolata è la maestra di quest’amore. Anche per questo è Madre della Chiesa, madre cioè di coloro che sono disposti a ricever l’amore di Cristo e a lasciarsi guidare da Lui. L’amore l’ha pervasa fin da subito, essendo senza peccato, cioè senza alcun ostacolo all’amore (il peccato è il contrario dell’amore) e con quest’amore è riuscita ad amare Dio fino a concepirlo nel suo grembo verginale. Lei ha prodotto l’amore per il mondo perché assimilata all’amore.

La santa Vergine fu talmente assimilata all’amore da essere produttrice, o meglio mediatrice di amore per gli uomini, orto chiuso, fontana sigillata (Ct 4, 12). Orto che produce fiori e frutti bellissimi per i suoi figli, ma chiuso perché tutto di Dio; fontana sigillata perché fa sgorgare le acque della vita per gli uomini, ma tutta appartenente a Dio.

In Maria è la sintesi di tutto l’amore che vi è nel mondo: l’amore totale a Dio e l’amore totale per ogni uomo. Nessuno come la Vergine ha amato Cristo, buon samaritano del Vangelo, tanto da divenirne sua madre; nessuno come Maria ha amato i peccatori, assumendo la maternità spirituale di Giovanni sotto la croce e in lui di ogni uomo che vuol tornare a Cristo, insegnando con cura materna e infinita delicatezza la via di Dio.

P. Luca M. Genovese

Fonte: Settimanale di P. Pio

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