Il giorno di dolore che uno ha

 

“Stabat Mater” La Madre stava.

Questo passaggio descritto nei Vangeli, della presenza della Madre addolorata ai piedi della croce del figlio, è una immagine fortemente educativa.

La Madre è ai piedi della croce dove suo figlio torturato e flagellato, muore.

La Madre, la donna che lo ha generato sta.

Stare significa accetto, non scappo.

Stare significa vivo quello che è il mio presente anche se il dolore di questo momento è invivibile.

Sotto la croce la madre, Maria, c’è; non è fuggita. C’è e “sta”.

Quello “stava” significa anche: stava in piedi, stava ritta; stava con dignità e senza distogliere il suo sguardo dal sacrificio che davanti a lei si stava consumando. Maria non giunge impavida e fiera, con passo sicuro, sotto la croce, quasi sfidando a fronte alta un destino avverso come l’eroina di un poema epico. Arriva con passo incerto.

Stabat Mater dolorosa.

Il dolore rende insicuri, fragili, smarriti.

Il dolore ci porta molto spesso a trovare delle facili vie di fuga, delle uscite di sicurezza. Diventiamo o iperattivi riempiendoci di impegni dall’alba al tramonto, oppure diventiamo passivi, ci isoliamo dal mondo, ne usciamo. Ognuno di noi ha modi diversi per affrontare il dolore: di certo è che tutti vogliamo superarlo il prima possibile, non provarlo, se fosse possibile.

Ma il dolore, i momenti difficili, fanno parte della vita.

Allora non ci rimane che fare come Maria: stare. Stare nel dolore con la certezza che prima o poi passerà. Scappare non lo fa passare, né lo allontana da noi.

Stare significa attraversare il dolore, cercando conforto, cercando aiuto,senza scappare, senza negarlo, senza allontanarlo.

Stare significa accettare.

Il dolore della separazione è di fatto il dolore umano più gravoso che si possa sperimentare. Non ci sono soluzioni magiche per vincere il dolore; non ci sono panacee, non ci sono farmaci miracolosi.

Esistono la mente, l’anima ed il cuore.

Con questi tre elementi possiamo affrontare il dolore: capendo che non passerà all’improvviso da solo, ma sarà un lento guarire, capendo che non ci sono formule magiche ma la sola accettazione che la nostra vita in questo momento ci porta a vivere questo. Cerchiamo protezione, facciamoci avvolgere da abbracci caldi e veri, cerchiamo di riscoprire il conforto di un saluto sincero, di una parola autentica, di un sorriso amico.

Nessuno di noi è un’isola.

Ha scritto don Tonino Bello: «La vera tristezza non è quando, la sera, non sei atteso da nessuno al tuo rientro in casa, ma quando tu non attendi più nulla dalla vita».

 

Angela Taglialatela

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