Lo scorso sabato 4 febbraio, presso la chiesa di Santo Spirito, il gruppo del corso biblico si è riunito per il sesto appuntamento, sotto la guida di don Giovanni De Ciantis. Questa volta, dopo aver dato qualche rapido cenno generale alla Sacra Scrittura (in particolare sulle scansioni tematiche dei vari libri a seconda dell’argomento trattato: il Pentateuco, che è il libro che contiene i fondamenti della Legge; i libri storici; i libri profetici; i libri sapienziali, tra i quali ci sono anche i centocinquanta Salmi), la riflessione è proseguita con riferimento alla conclusione della storia dello scontro tra Davide e Golia, raccontata nel Primo libro di Samuele (17, 38-51)
Nell’incontro precedente, Davide – che è bene ricordare assurge a figura prototipo del Cristo – era giunto all’accampamento degli Israeliti in guerra contro i Filistei. Quando si trova al cospetto di Saul, Davide gli si rivolge con il rispetto dovuto ad un unto del Signore, nonostante il comportamento di Saul lo abbia portato a fare scelte in antitesi alla volontà di Dio. Davide rassicura il re d’Israele sulla buona riuscita della sua battaglia contro il gigante Golia, un filisteo “non circonciso”.
La circoncisione era il simbolo dell’alleanza che Dio aveva stretto con Abramo, al quale Egli aveva raccomandato che tutti i maschi fossero circoncisi (mentre il simbolo dell’alleanza con Noè era stato l’arcobaleno). Il popolo di Israele è circonciso; i non circoncisi sono quelli che non si riconoscono nell’alleanza tra Dio e gli uomini.
Davide fonda la sua fede su Dio: come Egli lo ha liberato dall’orso e dal leone, che insidiavano il suo gregge, così lo aiuterà contro il gigante. È necessario notare che, laddove Saul fonda la sua azione sulle sue sole forze umane, Davide sposta il discorso su Dio. La relazione che permette all’uomo di superare le proprie difficoltà, i propri limiti, i propri errori, è solo e soltanto la relazione spirituale con Dio, nel quale l’uomo è chiamato a confidare. Contare solo sulla propria umanità, escludendo Dio, è un atteggiamento destinato ad un misero fallimento.
Tuttavia, Saul, pur affidando il ragazzo a Dio, lo riveste della sua armatura, quasi a volerlo accomunare alla sua “umanità”. Ancora oggi dovremmo chiederci di quali armature ci rivestiamo nella nostra quotidianità: la nostra ricchezza, la nostra apparenza, ossia tutte cose che imprigionano la nostra vera natura, allontanandoci dall’essenza. Davide, però, non sopporta il peso di quell’armatura, al cui peso non è abituato. Perciò, si libera di quel fardello: chi cammina col Signore sente, dunque, la libertà che questa scelta comporta. Anche noi oggi dovremmo liberarci di tutte le zavorre che ci impediscono di procedere con libertà.
Davide non vuole compiacere nessuno, se non Dio: ecco perché posa la spada e prende il bastone, strumento per eccellenza del pastore. Raccoglie anche cinque ciottoli e li pone nella sua bisaccia (altro oggetto tipico di un ambiente pastorale): i cinque ciottoli, con i quali sconfiggerà il gigante Golia, ridando la libertà al popolo di Israele, sono un’altra prefigurazione di Gesù, quando moltiplicherà i cinque pani per sfamare il popolo.
Il ragazzo, armato di una fionda, va incontro a Golia, che tanta paura faceva agli Israeliti. Egli affronta ciò che fa paura: e noi oggi siamo capaci di affrontare le nostre paure? Anche Golia, armato di tutto punto, va incontro, passo dopo passo, al suo avversario, ma quando lo vede bene, lo disprezza per il suo aspetto. Golia si ferma all’apparenza e non scende più in profondità nella relazione con l’altro. Anzi, arriva a schernirlo e a maledirlo in nome dei suoi dei.
La differenza sostanziale tra i due modi di porsi è ben esemplificata da quello che dice Davide: «Tu vieni a me con la spada, io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, che tu hai sfidato». Golia, ancora una volta, diventa l’immagine dell’uomo che sfida Dio, che non compie la Sua volontà, ma pretende che sia Dio a compiere la volontà dell’uomo. E ancora Davide precisa che in quello stesso giorno non lui – uomo – lo sconfiggerà, ma sarà Dio ad abbatterlo e a metterlo nelle sue mani.
È Dio che ci libera dalla nostra soggezione alle apparenze, che ci libera dal peso delle armature che ci opprimono e rendono difficoltoso il nostro cammino, che ci aiuta a non cadere nella nostra stessa presunzione. Davide non cerca una vittoria personale, un’affermazione della propria umanità sull’umanità di Golia (atteggiamento che ancora oggi abbiamo noi): egli cerca una vittoria in nome di Dio, per dimostrare la potenza e la gloria di Dio.
E, infatti, Davide ha il sopravvento su Golia, colpendolo in fronte con una pietra, cioè nell’unico punto debole che non era coperto dalla corazza. Egli si è riconosciuto debole, e ha usato il suo punto forte (cioè la sua intelligenza al servizio di Dio e non di se stesso) per individuare il punto debole dell’avversario e sconfiggerlo.
Dunque la nostra scelta è: chi mettiamo al primo posto? La nostra umanità o Dio?
Vincenzo Ruggiero Perrino