V Domenica di Quaresima, Anno A
La V Domenica di Quaresima, prima della domenica delle Palme, contiene il grande insegnamento della risurrezione che aspetta tutti coloro che hanno creduto in Cristo. In realtà la resurrezione riguarda tutti gli uomini, anche i dannati, solo che per loro la risurrezione non sarà un evento di gioia ma di ulteriore condanna del proprio corpo, oltre che della propria anima agli eterni tormenti: ci sarà una risurrezione dei giusti e degli ingiusti (At 24, 15).
La risurrezione vera però, quella che farà entrare nella gloria dell’eternità anche il corpo dell’uomo, è esclusivamente quella di Cristo di cui alcune risurrezioni operate da Gesù prima della sua sono solo un anticipo ed una profezia: Verrà l’ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri, udranno la sua voce e ne usciranno, quelli che hanno agito bene per la risurrezione della vita, quelli che hanno agito male per la risurrezione di condanna (Gv 5, 28-29).
Non si può togliere Dio dalla vita. Se lo togliamo questo sarà la nostra eterna condanna. Sarebbe meglio per noi, come dice Gesù di Giuda, che non fossimo mai nati (Cf. Mt 26, 24) piuttosto che rifiutare Dio e vivere eternamente senza di Lui in una tenebra immensa, infinita.
La risurrezione di Lazzaro non è solo il segno della risurrezione di Cristo e della risurrezione finale; è anche il segno del recupero della fede che è vita per l’uomo: Le opere del Signore non sono soltanto dei fatti, ma anche dei segni. E se sono dei segni, oltre ad essere mirabili, devono pur significare qualcosa … Abbiamo ascoltato il Vangelo che racconta come Lazzaro riebbe la vita, pieni di ammirazione come se quello spettacolo meraviglioso si svolgesse davanti ai nostri occhi. Se però rivolgiamo la nostra attenzione ad opere di Cristo più meravigliose di questa ci rendiamo conto che ogni uomo che crede risorge (Sant’Agostino, Discorso 49, 2).
C’è dunque una più spirituale e interiore risurrezione che dobbiamo cogliere dall’episodio della risurrezione di Lazzaro: la risurrezione dalla mancanza di fede, senza la quale si pecca e si muore nell’anima, morte da cui Gesù può salvarci. Chi pecca, infatti, è morto davanti a Dio perché ha scacciato da sé la divinità che è vita: Io sono la via, la verità, la vita (Gv 14, 6).
Lazzaro manda cattivo odore. E’ da quattro giorni morto nel sepolcro. Anche questo è interpretato come un simbolo del peccato grave ed inveterato dal quale si può uscire solo per una grazia ineffabile di Cristo: Chi pecca, ma subito si emenda, subito riprende a vivere; perché non è ancora prigioniero dell’abitudine, non è ancora sepolto. Chi invece pecca abitualmente, è già sepolto, e ben si può dire che già mette fetore, nel senso che la cattiva fama che si è fatta comincia a diffondersi come un pestifero odore. Così sono coloro che ormai sono abituati a tutto e rotti ad ogni scelleratezza. Inutile dire a uno di costoro: non fare così! Come fa a sentirti chi è come sepolto sotto terra, corrotto, oppresso dal peso dell’abitudine? Né tuttavia la potenza di Cristo è incapace di risuscitare anche uno ridotto così (Sant’Agostino, Discorso 49, 3).
Il peccato oggi è talmente grande che ha sepolto interi uomini ed intere nazioni sotto terra. Sono poche le istituzioni e gli ordinamenti statali che conservano qualcosa di cristiano, qualcosa che è legato alla vita ed alla vita eterna. E’ tornato feroce in queste settimane il dibattito sull’eutanasia e sul suicidio assistito, ultima mossa per rendere le nostre società, un tempo cristiane e portatrici di vita, tenebrose e portatrici di morte. Chi è sepolto così tanto nel peccato tanto da emanare un fetido puzzo di morte, anche dalle leggi e dalle istituzioni, potrà forse risorgere?
Gesù ci fa intendere di sì ma non sarà un’opera umana: sarà semplicemente un dono della sua infinita misericordia.
A questo si riferisce anche il discorso misterioso con cui il Signore invita i discepoli a seguirlo a Gerusalemme, vicino a dove si trovava Lazzaro. Infatti, i discepoli non volevano recarsi là per paura dei Giudei: Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo? Gesù risponde: Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui. Probabilmente i discepoli non hanno capito questa risposta e neanche noi capiremmo se non ci fossero i santi a spiegarcela: Nessuno s’illuda: di per se stesso, ogni uomo è satana; se è beato, è dono di Dio… Infatti, che cos’hai che tu non abbia ricevuto (1 Cor 4, 7)?
Siccome avevano la pretesa, essi che erano uomini, di dare consiglio a Dio, e pretendevano i discepoli insegnare al maestro … egli li rimproverò dicendo: Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno non inciampa. Come a dire: seguitemi, se non volete inciampare; se io sono il giorno – dice – e voi le ore, forse le ore possono dare consigli al giorno? Sono le ore che seguono il giorno, non viceversa (Sant’Agostino, Discorso 49, 8).
di P. Luca M. Genovese
Fonte: Settimanale di P. Pio