Interessantissima conferenza del Direttore dell’Archivio storico di Montecassino
Sono molti i meriti dell’associazione Archeoclub d’Italia Latium Novum di Cassino, che da molti anni con passione e tenacia propone ai propri soci e ai cittadini programmi culturali di alto livello, ma certamente giovedì 6 aprile ha aggiunto alla collana dei successi già inanellati una perla particolarmente preziosa che dona luce ancor maggiore a tutta l’opera: ha infatti invitato presso la Biblioteca comunale “Pietro Malatesta” Dom Mariano Dell’Omo, direttore dell’Archivio storico di Montecassino, Docente presso la Pontificia Università Gregoriana e presso l’ateneo “S. Anselmo” di Roma. Si possono anche tralasciare gli altri numerosi incarichi e titoli, ha detto l’arch. Giuseppe Picano, Presidente dell’Archeoclub, nel presentarlo, perché la sua competenza è ben nota e le sue pubblicazioni, più di 200, tutte di grande spessore scientifico.
E’ intervenuto a parlare su “L’Archivio e la Biblioteca di Montecassino: la storia e i capolavori“. Ancora una volta ha saputo incantare la platea per le sue ampie e profonde conoscenze, per la capacità di collegare le diverse materie e di tener sveglio l’uditorio, per il suo eloquio fluente e per la passione con cui tratta argomenti che potrebbero sembrare lontani e poco interessanti e invece, illustrati da lui, prendono vita, attirano l’attenzione, coinvolgono.
Ha iniziato citando un grande studioso che già nel 1899 descriveva l’archivio storico di Montecassino come talmente grande e ricco di migliaia e migliaia di carte e documenti che “anche un esperto stenta ad orientarsi”. Certamente, definire l’archivio patrimonio della cultura d’Italia e d’Europa, ha detto, non è retorica. Ed ha mostrato la prima di una lunga serie di immagini, che ritraeva il vecchio archivio, con le “capsule” numerate e le scansie per i manoscritti e la vecchia biblioteca. Del primitivo monastero oggi non resta nulla, ha avvertito. I monaci, infatti, dovettero ben presto fuggire a causa della distruzione operata nel 577 dai Longobardi invasori (Paolo Diacono, monaco di Montecassino e storico, ne racconta la storia in Historia Langobardorum), e ripararono a Roma, dove consegnarono al Papa Pelagio II la cosa più preziosa: il manoscritto autografo della Regola di S. Benedetto. Copie della Regola giunsero presto oltre le Alpi dove si diffuse divenendo prevalente su tutte.
Dell’Omo ha illustrato alcuni dei manoscritti più antichi della Regola conservati o prodotti a Montecassino, a cominciare dal Sangallense 914, che è il testo inviato dall’Abate Teodemaro a Carlo Magno che aveva chiesto una copia sicura della Regola, è il più vicino al Santo, filologicamente il più importante, in scrittura carolina e riporta all’inizio la parola “Obsculta“, Ascolta, mentre altri manoscritti riportano “Ausculta“. Ha parlato poi, sempre accompagnando con le immagini il suo dire, del manoscritto 150 Ambrosiaster, in scrittura semionciale, mostrando come da una nota si ricava la datazione al 569-570.
Della più antica biblioteca di Montecassino, prima della nuova distruzione, dell’883, dovuta ai Saraceni, con conseguente fuga dei monaci a Capua, resta una decina di manoscritti molto importanti, come il cod. 3, che D. Mariano ha mostrato e che contiene testi di Alcuino, testi di computo e di astronomia, tra cui la descrizione della volta celeste con 40 disegni delle costellazioni. Tra i manoscritti prodotti a Capua, dove i monaci si erano rifugiati, è il cod. 175, che contiene il testo della Regola, il manoscritto cassinese più antico che contenga illustrazioni con figure di persone. La Regola, diffusa in tutta Europa, divenne l’unica Regola nell’impero nel 1817 con il concilio di Aquisgrana.
“A Montecassino non si respira aria di provincia!”, così diceva lo storico Giorgio Falco constatando i forti legami col mondo europeo, ma questo, ha sottolineato il relatore, proprio grazie a S. Benedetto e al suo carisma. Sollecitato da una domanda del pubblico, D. Mariano ha portato l’esempio del cod. cassinese 199, ancora chiamato così anche se ha un’altra numerazione ora che si trova nel Museo Paul Getty a Los Angeles, trafugato da Montecassino ai tempi di Napoleone.
Tornata a Montecassino la comunità dall’esilio di Capua, l’Abate Aligerno ricostruisce Montecassino e lavora per il recupero del territorio. Il 960 è l’anno del famoso Placito cassinese, in scrittura corsiva beneventana, che il relatore ha mostrato e spiegato, il primo documento scritto in lingua volgare, che riporta per tre volte la formula testimoniale ripetuta dai tre testimoni che attestano la proprietà dell’abbazia di certi terreni: è importante per l’autocoscienza della lingua di una nazione, la lingua parlata. Anche altri Placiti dell’epoca sono conservati a Montecassino.
Un posto speciale occupa Montecassino nel campo della letteratura volgare, con il Ritmo cassinese, cod. 552, un testo del sec. XI, trascritto nel XII-XIII sec., la composizione in versi scritta più antica dell’Italia peninsulare. Veri capolavori, su cui il relatore si è particolarmente infervorato sono il cod. 132, De Rerum naturis di Rabano Mauro (monaco di Fulda e vescovo di Magonza), prodotto nella stessa Montecassino al tempo dell’abate Teobaldo (1022-1035), la più antica enciclopedia con immagini, testo studiato in particolare dalla prof.ssa Giulia Orofino dell’Università di Cassino. Ancora codici dell’epoca d’oro dell’Abate Desiderio, e il Vat. Lat. 1802, famoso Lezionario del primo decennio del ‘400, conservato in originale nella Biblioteca Vaticana (a Montecassino una copia) ma che fu esposto a Montecassino nel 1998 nella memorabile Mostra “Fiori e frutti santi“: nel raccontarlo D. Mariano ancora prova, e trasmette, un fremito di gioia e di orgoglio per averlo allora potuto sfogliare: il manoscritto tornava a Montecassino, dove era stato redatto, per la prima volta dopo 500 anni! E’ raffigurato l’Abate Desiderio che offre a S. Benedetto libri e chiese, cioè anime, popolo, fedeli, proprio l’emblema di Montecassino.
Ha parlato ancora di altri capolavori conservati a Montecassino, compreso quel cod.68,2 che salvò per tutti noi le Historiae e gli Annales di Tacito e l’opera di Apuleio; quello che conserva l’unica lettera di S. Tommaso e i più antichi documenti della storia di Francia, Inghilterra e Sassonia. Ha ricordato D. Tommaso Leccisotti, il monaco che compì l’enorme lavoro di riordinare l’Archivio dal 1947 in poi. Dell’Omo ha mostrato la nuova collocazione dell’Archivio e infine ricordato il costo (per un codice medio occorrevano 20 pelli) e la fatica che i codici comportavano: Tria digita scribunt, totus corpus laborat, osserva lo scrittore cassinese.
Adriana Letta