La cena ebraica e il nuovo rito “inventato” da Gesù
Anche quest’anno, la parrocchia di San Bartolomeo di Sora, su iniziativa voluta dall’Azione Cattolica Parrocchiale, ha riproposto alla sua comunità l’attività della cena ebraica, ripercorrendo i gesti che gli ebrei vivevano e vivono tuttora nella cena con cui celebrano la loro Pasqua.
Una tradizione che ormai si rinnova ormai dal 2003 per ricordare e in qualche modo rivivere la Pasqua Ebraica, nel tempo di Quaresima che ci prepara alla celebrazione della Santa Pasqua di Gesù, la nostra Pasqua.
Attraverso questa esperienza vengono fornite informazioni per comprendere meglio il rito che Gesù ha vissuto con i suoi discepoli nell’imminenza della sua passione, in quella che chiamiamo l’Ultima Cena. In essa ha dato un significato nuovo ai due gesti dello spezzare il pane e distribuirlo tra tutti e del passare tra tutti un calice di vino, facendo dei due elementi il segno vivo e memoriale del suo Corpo dato e Sangue versato.
Il Seder, riproposto durante la cena, è composto da alcuni cibi, ognuno dei quali simboleggia parte della storia degli schiavi ebrei liberati dalla schiavitù.
Le erbe amare o Maror stanno per l’amarezza della schiavitù; l’agnello arrosto simboleggia il sacrificio che gli ebrei hanno compiuto nel fuggire dall’Egitto; l’haròset (un mix di noci, mele e vino) simboleggia la malta che gli schiavi ebrei utilizzavano nel fare i mattoni; il Karpàs un’erba amara accompagnata da acqua salata o aceto, che rappresentano le lacrime e il sudore della schiavitù; il Chazèret è un’altra erba amara che simboleggia l’asprezza della schiavitù; Matzàh, cioè i pani azzimi, simbolo della miseria e dell’impotenza, a ricordo della situazione di schiavitù in Egitto.
Non si mangia pane lievitato sia perché questo è simbolo della forza, sia per ricordare che, dovendo fuggire, non c’era tempo di fare lievitare il pane, al tempo della liberazione compiuta da Mosè.
Vengono consumati anche quattro bicchieri di vino che simboleggiano le quattro promesse bibliche di redenzione: “Vi sottrarrò ai gravami degli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi libererò con braccio teso e con grandi castighi. Io vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro Dio: il calice della santificazione, della redenzione, della benedizione, dell’accettazione”.
Rivivendo “in prima persona” quegli avvenimenti, riascoltando quelle parole e osservando qui gesti che Gesù compì, i partecipanti vengono aiutati a capire come Egli ha innestato, in quel rito antico, il nuovo rito che celebra la nuova alleanza.
Bernadette Gabriele
Foto: Federico Guglietti