Il Buon Pastore fa conoscere la sua voce

IV Domenica di Pasqua, Anno A

L’immagine del buon Pastore è la figura rassicurante che Gesù ci dona con le sue parole ma soprattutto con la sua opera di salvezza. Egli, infatti, con la sua Incarnazione mostra di prendersi cura del suo popolo, dell’uomo smarrito e sfinito dal peccato che lo ha umiliato, lo ha condannato, lo ha privato della luce della grazia e della gioia di appartenere solo a Dio.

Gesù è il buon Pastore. L’unico Pastore, il vero Pastore. Tutti gli altri sono ladri e briganti, ci fa capire chiaramente il Maestro. Egli entra per la porta unica e vera. Quella del cuore dell’uomo. Non si intromette attraverso interessi economici, non impone la sua vita tramite costrizioni ed inganni, non si permette di costringere gli uomini a seguirlo come hanno fatto sempre tutti i dittatori di questo mondo.

Il buon Pastore. Non per meriti acquisiti – Gesù non è figlio della meritocrazia – ma per natura. Egli fa anche vedere la sua potenza agli uomini, la fa conoscere con la forza della misericordia. Però non impone: si propone.

Il buon Pastore viene incontro alle pecore, le cerca, le chiama, cammina innanzi ad esse e parla con loro tanto da far loro conoscere la sua voce.  Quale pastore è più tenero di colui che tratta le sue pecore come un altro se stesso? Così è il buon Pastore che non è un comandante, non annulla la volontà dei suoi sottomessi con una cieca obbedienza ma al contrario li valorizza e parla con loro come un amico, un fratello, un padre. Si preoccupa per la loro incolumità. Ladri e briganti vengono solo per rubare, uccidere, abbattere. Gesù fa capire chi sono e mette in guardia il suo gregge per mezzo della sua stessa voce.

I ladri ed i briganti sono i divisori del gregge. Un gregge è forte e vale quando è unito. Quando è diviso e non sa chi seguire si disperde: ognuno va per suo conto. Questa è la tattica del nemico. I ladri e i briganti sono coloro che mettono in circolazione dottrine che non sono conformi all’insegnamento di Cristo e di Dio come il divorzio o la convivenza prenuziale che sono entrate a far parte della prassi dei cristiani ma non possono aver luogo nel gregge di Cristo.

Ladri e briganti, anche tra i sedicenti pastori, per motivi di comodità e di interesse chiudono gli occhi su queste realtà profondamente erronee e non fanno che servire la divisione anziché l’unione. La dottrina di Cristo è una come Cristo è uno ed immutabile. Impugnarla significa entrare nel recinto per un’altra strada, per un’altra porta che non è quella di Cristo: Io sono la porta delle pecore.

Chi si avvicina al gregge insegnando dottrine erronee dona un boccone avvelenato al gregge molto diverso dai pascoli eterni ove il buon Pastore vuole condurre ogni uomo. Chi insegna dottrine distanti da Cristo non è con Cristo: Chi non è con me è contro di me e chi non raccoglie con me disperde (Mt 12, 30). Ci sono poi i mercenari, i pastori deboli ed incerti, non convinti di quello che fanno e che annunciano Cristo solo per propria convenienza.

Dice l’immortale Sant’Agostino: E che diremo del mercenario? Non è stato certo classificato fra i buoni. Il buon pastore – dice il Signore – dà la vita per le pecore; il mercenario, colui che non è pastore, al quale non appartengono le pecore, vede venire il lupo e abbandona le pecore e fugge; e il lupo le rapisce e le disperde (Gv 10, 11-12). Il mercenario non è certo una figura raccomandabile, e tuttavia a qualche cosa è utile; non verrebbe chiamato mercenario, se non ricevesse la mercede dal padrone. Chi è dunque questo mercenario, colpevole e necessario ad un tempo? Che il Signore ci illumini, o fratelli, in modo da riconoscere i mercenari e da non diventare noi stessi mercenari. Chi è dunque il mercenario? Vi sono alcuni nella Chiesa che sono preposti in autorità, e di essi l’apostolo Paolo dice: Cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo (Fil 2, 21). Che vuol dire cercano i propri interessi? Vuol dire che non amano Cristo di un amore disinteressato, che non cercano Dio per se stesso; cercano privilegi e vantaggi temporali, sono avidi di denaro, ambiscono onori terreni. Tal sorta di prelati che amano queste cose e per esse servono Dio, sono mercenari; non possono considerarsi figli di Dio. Di costoro il Signore dice: In verità vi dico: hanno ricevuto la loro mercede (Mt 6, 5) (Disc. 46, 5).

Anche i mercenari tuttavia hanno una qualche utilità nel gregge di Cristo. A parte il far risplendere maggiormente la gloria del Pastore, i cattivi pastori annunciano anch’essi Cristo, pure se per scopo di lucro e pronti a rinnegare: Ma che importa? Purché in ogni maniera, o per secondi fini o con lealtà, Cristo venga annunciato, me ne rallegro e rallegrerò (Fil 1, 18). Cristo è la verità; la verità viene annunziata dai mercenari per secondi fini, mentre viene annunziata dai figli con lealtà. I figli aspettano pazientemente l’eredità eterna del Padre: i mercenari esigono subito la mercede temporale del padrone.

di P. Luca M. Genovese

Fonte: Settimanale di P.Pio

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