1 Marzo 2018 – Commento al Vangelo

Giovedì – 2ª settimana di quaresima (Lc 16,19-31)

Parola del giorno: “Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

 

La parabola nel suo parlare chiaro un po’ ci meraviglia.
Per quanto possa essere grande la sua misericordia,
alla resa dei conti – perché questa ci sarà per tutti –
Dio può solo prendere atto di quello che ciascuno
avrà depositato in cielo sul conto dell’amore,
con i fatti non con le parole;
e se uno tiene il cuore chiuso e refrattario,
non bastano i miracoli ad aprirlo.
Quello che ancor più oggi deve farci interrogare
non è il fatto che un dannato dall’inferno,
conservando chissà come qualche sentimento buono
e spinto dai vincoli di sangue,
si preoccupi di avvisare i suoi fratelli
perché si convertano e cambino il loro modo di vivere
per non incappare nella stessa sua pena,
bensì piuttosto il fatto – ed è ancora peggio –
che oggi ci siano di quelli (e forse non sono neanche pochi)
che non credano neppure all’esistenza dell’inferno
e vivono come se Dio non ci fosse.

 

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