“I Prigionieri” di Pierluigi Vito

Presentato il libro per iniziativa dell’Associazione “Cassino città per la pace”

 

L’invito alla presentazione di un libro fresco di stampa attira e interessa, ma quello di sabato 9 ottobre è stato una cosa davvero speciale, perché l’autore, Pierluigi Vito, giornalista di TV2000, così riservato, calmo, attento e preciso, ha presentato un libro, “I Prigionieri”, Augh editore nella sezione Frecce, che ha in sé una forza incredibile che stupisce, coinvolge e continua a lavorare a lungo nell’animo. Un grande Grazie va, dunque, a chi ha organizzato l’evento, l’Associazione “Cassino Città per la Pace“, a chi ha aiutato nell’organizzazione, l’Azione Cattolica, a tutti coloro che numerosi hanno risposto all’invito partecipando.

Dopo il saluto di Nino Rossi, Presidente dell’Associazione, e di una rappresentante di AC, è stata Maria Cristina Tubaro a rivolgere domande all’Autore e a stimolarlo per far capire per prima cosa la genesi del libro e poi per scendere in profondità. L’Autore ha lavorato a lungo e scrupolosamente sulla vicenda vera per documentarsi, ricostruirla, comprenderla in tutte le sue sfaccettature e poterla raccontare non come un reportage giornalistico documentaristico, ma vivendola e interpretandola a sua volta dal di dentro, ed esporla come un romanzo. Nucleo centrale è la tragica vicenda Taliercio, di cui finora troppo poco si è parlato in Italia.

Il 20 maggio del 1981 la Colonna Veneta delle Brigate Rosse rapisce, nella sua abitazione di Mestre, il direttore del Petrolchimico di Porto Marghera, Giuseppe Taliercio. Per quarantasette giorni l’uomo resta nelle mani dei terroristi, che lo sottopongono a un “processo proletario”. Il romanzo si pone sulle tracce dei brigatisti per respirare tutto il dramma di un’azione che determinerà la spaccatura della Colonna Veneta delle BR. Oltre al prigioniero, che lotta contro la solitudine e la disperazione immaginando di scrivere lettere all’amata moglie, su tutti spiccano due personaggi: Emilio, uno dei membri dell’Esecutivo brigatista, rincorso dal fantasma di un amore infranto, e Marcello, il membro più anziano della Colonna, il primo a mettersi in discussione circa l’inutilità di tutta l’operazione. La storia narrata da Pierluigi Vito trascina il lettore nell’Italia insanguinata dalla violenza del terrorismo, per far riemergere una vicenda tra le più strazianti e meno ricordate degli anni di piombo.

Per meglio dare il senso e la cifra del racconto, Ilario Di Folco ha letto in maniera espressiva alcuni passi del testo, facendo venire i brividi ai presenti. Il romanzo si articola in diciannove capitoli, ognuno dei quali porta il numero del giorno, a partire dal rapimento di Giuseppe Taliercio, fino all’ultimo, intitolato 47+2, perché oltre al giorno della uccisione del prigioniero, racconta anche i giorni della notizia dell’esecuzione, inutile per tutti. I terroristi delle Brigate Rosse infatti si rendono conto di aver fallito, non avendo ottenuto, con questo rapimento-processo-condanna, niente di quello che volevano, né dal Petrolchimico, né dallo Stato e neppure dalla classe operaia.

Il grande valore dell’opera non è solo nel riportare alla luce una vicenda tanto dolorosa e vera, ma soprattutto nell’aver ricercato il volto vero dei suoi protagonisti: di Taliercio, il “prigioniero”, un uomo di fede, aderente all’AC, padre di cinque figli, che aveva operato per migliorare la vita dei suoi operai, che ogni settimana andava a portare aiuti ai bisognosi con la S. Vincenzo de’ Paoli, un uomo retto, che cercava sempre di stare nel giusto, operando scelte di vita cristiane, convinto che ogni uomo è una persona da rispettare e considerare nella sua dignità; dei terroristi, invasati dalle idee folli di quegli anni, e in particolare dei carcerieri, che si rivelano i veri “prigionieri”, incapaci di distaccarsi dai loro slogan proletari, di vedere nell’altro un uomo, una persona portatrice della loro stessa dignità, incapaci di accettare che la loro vittima restasse calma e fiduciosa pure in quella situazione tanto drammatica, legato ad una rete sotto una tenda in una soffitta, e che cercasse di guardarli negli occhi e di persuaderli ad arrendersi perché ciò che facevano era sbagliato.

Un libro stupendo, scritto con rigore e con uno stile raffinato e accurato. Un libro da leggere, “I Prigionieri”. Un grande Autore, Pierluigi Vito, a cui siamo grati di averci svelato non solo una dolorosa vicenda storica dei nostri tempi, ma la figura gigantesca di un vero cristiano, una persona “normale” che ha fatto cose assolutamente straordinarie e la cui morte è diventata un “germe di redenzione”!

Adriana Letta

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