Suor Antonella Piccirilli

  1. Raccontaci di te.. come ti chiami, quanti anni hai, dove vivi, che lavoro fai, i tuoi hobby

Mi chiamo sr. Antonella Piccirilli, e faccio parte dell’Associazione Oasi Mariana Betania.

Ho 54 anni, vivo ad Alvito (Fr), collaboro con la nostra Caritas diocesana -come referente del servizio di promozione umana- e con l’Ufficio Pastorale per la Famiglia della Conferenza episcopale italiana.

Hobby? lavorare la creta (soprattutto a soggetto religioso), disegnare, dipingere, scrivere, raccontare, immergermi nella natura…

  1. Qual è il tuo ruolo in diocesi, da quanti anni rivesti questo incarico?

Come ho appena detto presto servizio da cinque anni presso la Caritas diocesana; collaboro anche con la pastorale vocazionale per le iniziative di preghiera con gli adolescenti.

  1. Raccontaci della tua esperienza di incontro con Dio.

Un’adolescenza inquieta la mia, soprattutto interiormente, con una sete d’infinito e di bellezza, di senso della vita e di ricerca appassionata di una direzione che potesse darmi pienezza… L’incontro con Gesù, Crocifisso e risorto, attraverso la testimonianza gioiosa di una comunità missionaria, il cammino di preghiera e il contatto con la natura attraverso lo scoutismo, hanno dato una svolta alla mia piccola vita.

Dentro questo orizzonte, dove ho sperimentato in profondità per la prima volta un amore fortissimo, totalizzante di Dio verso di me, è nata, come reazione istintiva quasi, la domanda: ma tu, Signore, che vuoi da me? Che cosa posso fare per te?

Un giorno –avevo 17 anni, ero in un campo scuola, in visita ad un santuario mariano- mi ha folgorato una domanda: e se Dio volesse altro da te? Tutta la mia vita da allora è stata segnata dalla risposta a questa pro-vocazione. Ho capito ben presto che il Signore non chiede tanto né poco: chiede ogni giorno tutto!

  1. Quali le difficoltà più grandi che hai incontrato durante questo periodo e come le hai superate?

Ho incontrato  in passato molta difficoltà a rispondere all’esigenza interiore di una vita consacrata autentica, attraverso la quale testimoniare il primato dell’Amore nella mia vita, annunciare questo Amore ricevuto dal Signore, volendo rispondere a Lui, in comunione con Maria, come i servi a Cana, che ne accolgono l’invito a fare qualunque cosa Egli dice.

Ho cercato la risposta attingendo forza dalla Parola accolta, studiata, testimoniata, e mettendomi a disposizione  dell’autorità ecclesiale nelle sue mediazioni.

Vivere in sintonia con la Chiesa, vivere  l’equilibrio tra preghiera, accoglienza lavoro, apostolato, comunione fraterna, a partire dai più poveri e fragili, offrire la vita al Padre attraverso Maria per la santificazione dei sacerdoti e per l’unità della Chiesa: sono questi i punti di riferimento forti della mia esperienza.

  1. Che prospettive si aprono oggi alla luce dell’unità pastorale?

Si intravedono nuovi orizzonti di una più grande famiglia ecclesiale che allarga i suoi spazi  di vita, di servizio, di condivisione, di solidarietà a favore degli ultimi.

  1. Le trasformazioni in seno alla famiglia stanno prendendo sempre più piede nella nostra società moderna. Cosa pensi di questi cambiamenti, quali le possibilità che potrebbero aprirsi con il convegno CEI di Novembre a Firenze: ‘In Gesù Cristo il nuovo Umanesimo’?

Potremmo domandarci, con le parole di Papa Francesco: “Come va la gioia nella tua famiglia?”.

La gioia, quella vera, quella cristiana è il test di relazioni sane e risanate dall’odio, dalla violenza, dal potere, dalla prepotenza.

Gesù Cristo svela alla persona la sua stupenda missione di relazione e di vita: il nuovo umanesimo affonda le sue radici nella sua persona.

Mettersi tutti in cammino su questi temi, come chiesa italiana, ci aiuterà a vivere le nostre città come luoghi in cui Dio abita. È un augurio che ci dà speranza.

  1. Si può pensare ad una interazione giovanile che consideri la difficile situazione lavorativa e si metta in moto un accordo attraverso fondi con chi, uscito dall’università con una laurea, non sappia dove e come lavorare? Parliamo anche di immigrati e delle connessioni lavorative con l’estero… che possibilità intravedi?

Chi ha idee positive e le mette in circolo vedrà che camminano quasi da sole, se si ha il coraggio di ricominciare. D’altro canto se non si rischia sulle nuove idee e possibilità, l’alternativa che resta è partire, abbandonare un territorio come il nostro, anticamente chiamato terra di lavoro.

Bisognerebbe imparare a coltivare il campo davanti casa con la passione rovente di Ulisse che conquista il mondo, e vivere la partenza dalla patria come ampliamento della propria dimensione familiare e restando fedeli alle proprie radici.

  1. La diocesi ora conta ancora più fabbriche e aziende, è auspicabile una pastorale del lavoro?

A livello diocesano c’è già un sacerdote incaricato della pastorale per il lavoro; negli ultimi tempi la diocesi sta preparando qualcuno per dare vita anche da noi al progetto Policoro, che nasce nella chiesa italiana con l’intento di facilitare i giovani a scoprire le risorse presenti sul territorio a livello del lavoro. Si tratta di piccole esperienze, che vogliono essere segni di vicinanza e solidarietà, in tante situazioni di reale e grave difficoltà.

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