Abbiamo avuto l’occasione di incontrare personalmente uno dei vaticanisti italiani maggiormente accreditati, Fabio Zavattaro, il giornalista italiano più a contatto con la Santa Sede durante il periodo dell’agonia e della morte di Papa Giovanni Paolo II, così come per il conclave successivo che ha visto l’elezione al soglio di Pietro di Benedetto XVI, prima e Papa Francesco attualmente. Cogliamo l’opportunità di porgergli qualche domanda.
A proposito del suo ultimo libro “Stile Bergoglio, effetto Francesco”, cosa ha evidenziato maggiormente in questo suo lavoro?
Nel mio libro ho cercato di mettere in luce la figura di Papa Francesco nella sua unicità a partire dal momento della sua elezione, quando parlando dal balcone ha chiesto a Piazza San Pietro una preghiera per lui e per il suo delicato compito. È lì che effettivamente abbiamo cominciato a scoprire la rivoluzione che Bergoglio avrebbe lanciato. Un effetto, quello del suo papato che sta profondamente cambiando la Chiesa grazie alla sua volontà di uscire fuori da una situazione di confusione che stava attanagliando il Vaticano con le tante questioni come la pedofilia o i furti di documenti. La scelta di Papa Francesco è stata quella di fare del Vaticano una casa di vetro. Credo che da questa rivoluzione non si possa più tornare indietro. Come tutte le rivoluzioni, sono un punto di partenza e non un punto di arrivo. Questo gesto di Francesco cambierà i rapporti con i fedeli, con le altre confessioni religiose e con le istituzioni vaticane. È un processo irreversibile di cambiamento tutt’ora in atto…
Direi che aver indetto per quest anno il Giubileo della Misericordia così come la denuncia di Papa Francesco alla corruzione, la lotta contro le diseguaglianze sociali rappresentino il continuum odierno di questa sua rivoluzione iniziata da due anni, non crede?
Indubbiamente Sì…
In vista del Convegno Ecclesiale di Firenze, previsto per il prossimo novembre, quali sono, secondo lei, le maggiori sfide per la Chiesa Cattolica Italiana che auspica un “nuovo umanesimo”?
La sfida maggiore è senz’altro quella di attuare la proposta dettata da Papa Francesco di una “Chiesa in uscita” chiamata a spendersi per la persona nei diversi ambiti di vita. Sono le “periferie esistenziali” la priorità della comunità cristiana. Perché gli ambienti della vita quotidiana -la famiglia, l’educazione, la scuola, il creato, la città, il lavoro, i poveri e gli emarginati, l’universo digitale e la rete – sono diventati, in questi dieci anni, frontiere…non da difendere creando “muri” ma da far diventare luoghi di incontro e di dialogo senza i quali rischiano di trasformarsi in periferie da cui si fugge: abbandonate o dimenticate.
Un’ultima domanda. Lei da anni è impegnato nel giornalismo cristiano. Qual’è il suo consiglio per i giovani che vedono quest attività come un importante mezzo di trasmissione della fede?
Il consiglio è quello di utilizzare un linguaggio che giunga veramente a tutti promuovendo una strategia comunicativa integrata. La funzione del giornalismo va scoperta nella volontà di offrire una lettura e un’interpretazione di quanto sta accadendo in maniera corretta, veritiera, per dare ai lettori la possibilità di venire a conoscenza di quella che il giornalista denuncia come verità nella notizia.
– Angela Taglialatela
– Foto di Arianna Fiorletta