Ieri, 11 novembre, al V Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze è stato il giorno delle due relazioni introduttive.
La prima è stata quella del prof. Mauro Magatti, ordinario di Sociologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il quale ha parlato sul tema “Per un umanesimo della concretezza – Discernimento della società italiana e responsabilità della Chiesa“.
Egli è partito dal chiedersi che senso ha interrogarsi sul nuovo umanesimo, dopo gli anni di crisi, non solo economica, che hanno segnato la vita del Paese. Ha poi osservato: “La nostra vita rischia di diventare un’astrazione sempre più frammentata e separata da ciò che ci circonda, persino dagli affetti più intimi”. Si tratta, dunque, innanzitutto di una crisi di identità, alla radice di quei particolarismi che “come italiani conosciamo bene: localismi, corporativismi, familismi, corruzione, mafiosità”.
Ecco perché, secondo Magatti, per cercare una via d’uscita, occorre aprirsi alla “logica della concretezza, intesa come pratica di affezione aperta alla trascendenza”. Una concretezza “generativa”, tratto peculiare che “distingue l’Italia nel mondo”. L’Italia, infatti, “da secoli ha saputo esprimere, dal basso, una straordinaria vitalità: il volontariato, le cento città, l’artigianato, l’arte, la cura e la carità, la sussidiarietà e l’economia civile. Creare un terreno favorevole alla fioritura di un nuovo “umanesimo della concretezza”, così “si può forse ridire la vocazione per questo Paese nel tempo che stiamo vivendo”.
Il secondo tema “La fede in Gesù Cristo genera un nuovo umanesimo” è stato sviluppato nella relazione da mons. Giuseppe Lorizio, ordinario di Teologia fondamentale presso la Pontificia Università Lateranense: “Non siamo qui come turisti, – ha detto – bensì per interrogarci a nome delle nostre comunità ecclesiali sull’oggi del Vangelo e della storia, per riscoprire le radici anche dell’umanesimo storico, ma soprattutto del ‘nuovo’ umanesimo e rinvenirle nella fede in Cristo Gesù, che ci unisce senza omologarci e ci interpella senza opprimerci”.
Secondo mons. Lorizio spetta “a ciascuno di noi, ad ogni cellula della chiesa il compito di svelare la novità assoluta dell’umano, che il Vangelo attesta e Gesù di Nazareth incarna”. “La fede in Cristo Gesù – ha aggiunto – intravede e professa l’umano e il divino in una profonda unità personale che interpella e coinvolge oltre la storia, ma non fuori di essa”, ed ha richiamato l’esperienza biblica dell’alleanza. E’ questo che diventa “paradigma del ‘nuovo umanesimo’, che ha da proporsi come tale a tutti e che coinvolge i credenti in Cristo nella vigilanza e nella custodia di fronte ad ogni tentativo di infrangere le alleanze, che possono assicurare una vita degna di questo nome a chiunque oggi e domani sia chiamato all’esistenza”.
Il nuovo umanesimo che si genera dalla fede è così “l’umanesimo della nuova alleanza, realizzatasi in Cristo”, che “va vissuta e attualizzata nelle alleanze, spesso infrante o compromesse”, della vita di ciascuno e della storia di tutti: tra uomo e natura come tra uomo e donna, spiega Lorizio; tra generazioni come tra popoli; tra religioni come tra cittadino e istituzioni. Sono alleanze – ha concluso il teologo – “che ciascuno di noi e le nostre comunità, con sporgenza verso la società civile, è chiamato a porre in atto, custodendo legami e vincoli autentici e chiedendo e offrendo misericordia, perché avvenga ai diversi livelli una vera riconciliazione sul piano individuale e su quello comunitario”.
a cura di Adriana Letta
Nelle foto: il prof. Lorizio, un momento dei lavori di gruppo, in tavoli da dieci persone, l’aula dell’Assemblea ed il prof. Magatti.