Incontro con i detenuti della Casa Circondariale di Cassino con la Trilogia dell’AmorTe di Francesco Olivieri
Una manifestazione tutta speciale, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, si è tenuta presso la Casa Circondariale di Cassino, grazie all’associazione culturale “Tutto un altro genere”, che dal 2012 lavora contro gli stereotipi sessisti, nell’intento di promuovere attraverso “un altro genere di storie” (una narrazione maschile contro la violenza di genere), il valore della democrazia paritaria e dell’educazione libera da pregiudizi, per prevenire la violenza di genere. Perché la prevenzione deve cominciare dagli uomini. Un tema scottante e attuale, che all’interno di un carcere maschile assume connotazioni davvero speciali e delicate. Così ha spiegato la Direttrice dott.ssa Irma Civitareale, che ha promosso l’iniziativa, nel salutare e ringraziare gli ospiti.
L’ incontro con i reclusi si è sviluppato in una prima fase con un confronto a più voci, per aiutare a prendere consapevolezza del fenomeno perché, come ha spiegato Manuela Perrone, giornalista del Sole24 Ore e presidente dell’Associazione, “la violenza sulle donne è un problema degli uomini” e occorre aiutarli a prenderne coscienza, in linea con la recente campagna ONU #HeForShe, lui per lei, perché uomini e ragazzi si impegnino con le donne nella lotta alle discriminazioni e alle violenze sulle donne. La violenza, ha detto introducendo in modo brillante ed efficace il discorso, è solo la punta di un iceberg, sotto cui ci sono tutti i pregiudizi, i condizionamenti, gli stereotipi antichi che dettano comportamenti sbagliati e violenti. Ma è sempre possibile trovare una via alternativa alla violenza.
La Perrone ha passato poi la parola al criminologo che lavora nel carcere cassinate, dr. Elvio Smarrella, il quale, da un’ottica maschile, ha spiegato che non bisogna considerare violenza solo quella sessuale, ma anche quella quotidiana, fatta di tante piccole violenze che condizionano, mortificano e umiliano la parte più debole della famiglia. Citando Simone de Beauvoir ed il caso “storico” di Franca Viola, la ragazza siciliana che negli anni ’60 fu la prima a rifiutare di sposare il suo violentatore con un “matrimonio riparatore” e indusse infine il legislatore a cambiare la legge sulla violenza sessuale, ha indicato che si tratta di una evoluzione “culturale” prima ancora che penale e che occorre rispetto verso la donna e perciò verso se stessi.
Su questi concetti i detenuti, che da marzo seguono il progetto di prevenzione Parole che aprono i tuoi occhi al mondo incontrando l’associazione ogni settimana in un laboratorio di teatro e di scrittura creativa, hanno ben lavorato, tanto che alla parete erano appesi due cartelloni con attaccati biglietti con le loro riflessioni: uno su “La violenza per me è…” e l’altro “Il rispetto per me è…” (v. foto).
Interessanti ed incisivi anche gli interventi di due operatrici dell’Associazione Risorse Donna Elisa Viscogliosi e Nadia Gabriele: la prima, psicologa, ha svelato quante umiliazioni, svalorizzazioni, violenze psicologiche, minacce, botte, quanta violenza nel linguaggio, quanto isolamento soffrono le donne maltrattate in casa che non vedono alternative al subire e quanti bambini assistono a tali violenze riportandone conseguenze insanabili. Casi così arrivano continuamente al centro antiviolenza e alla casa di accoglienza che l’associazione gestisce. L’altra, infermiera del Pronto soccorso, volontaria nell’associazione, ha confermato questo quadro preoccupante, affermando che la vita è un bene sacro e nessuno ha diritto di rovinarla, ma è indispensabile il rispetto per l’altro, secondo la frase evangelica: Non fare a un altro quello che non vorresti fosse fatto a te. La forza, ha detto, non sta nello schiaffo ma nella capacità di comunicare. Ha poi letto una toccante lettera di una donna arrivata al pronto soccorso e poi alla denuncia e alla liberazione, dopo 16 anni di maltrattamenti del marito.
Nella seconda parte dell’incontro si è passati da una dimensione più razionale ad una decisamente più emozionale attraverso il reading sulle donne, con letture poetiche dalla Trilogia dell’AmorTe di Francesco Olivieri, eseguite da alcuni attori (Vincenzo Schirru, Paola Iacobone e David Duszynski) e due detenuti (l’ultimo ha voluto fare una sua aggiunta come omaggio alle donne!). Testi che narrando situazioni realistiche e tragiche – tutto un altro genere di storie! – sono capaci di indurre a riflettere, scritti e scelti nella convinzione che il teatro possa essere il mezzo con cui scoprire un nuovo modo di relazionarsi con sé stessi e con gli altri.
La Trilogia dell’AmorTe è andata in scena in contemporanea nel carcere di Cassino e in quelli di molte altre città d’Italia che hanno aderito al progetto. Si è realizzata una sinergia importante, dunque, che mira a costruire o ricostruire relazioni, dignità delle persone, vite umane. Nella speranza che, fosse anche solo per qualcuno, qualche piccolo passo avanti nella riflessione e coscientizzazione sia stato fatto e sia il primo di tanti altri passi a venire. Perché sono state dette parole che aprono i tuoi occhi al mondo.
Adriana Letta
Foto di Adriana Letta