E’ Pasqua di Resurrezione, è gioia piena

Domenica di Pasqua – Anno C

Celebriamo la Pasqua del Signore. La sua vittoria sulla morte e sul peccato. E’ senz’altro l’evento storico più soprannaturale della vita di Gesù, quello che fonda tutta la nostra fede.

Gesù è morto e questo l’hanno visto tutti. Buoni e cattivi. Amici e nemici. La morte sembra l’ultima parola sulla storia di un uomo che ha voluto cambiare le cose, la logica del male, della perversione del peccato che negli uomini asserviti a questo mondo ha sempre l’ultima parola.

Sembra tutto finito. Anche gli eventi straordinari che molti ricordano di lui – le guarigioni, le moltiplicazioni dei pani, la cacciata dei demoni, le risurrezioni dai morti – sembrano non aver più peso, non contare più. L’uomo dimentica facilmente anche gli eventi più grandi ed eccezionali.

Il giorno della Risurrezione i discepoli avranno ricordato le fatali parole del Signore: Il mio Regno non è di questo mondo (Gv 18, 36). Infatti, il suo Regno non è di questo mondo. Non solo perché non si realizza e si diffonde come i regni di questo mondo, non con la violenza, non con i soldi, la corruzione, il sopruso, ma anche perché si compie al di là ed al di sopra di questo mondo.

La storia terrena di Gesù si conclude ma continua al di là della morte e non è meno reale dell’altra tanto che può ancora entrare nella storia, venire a contatto con gli uomini, stimolarli e convincerli a vivere secondo il grande mistero della vita risorta.

La prima a fare esperienza della risurrezione secondo i Vangeli è una donna, Maria di Magdala, che vede il risorto, ci parla, entra a far parte della sua vita e alla fine, ebbra di questa grandissima ed unica esperienza, lo annuncia anche agli altri discepoli.

Il suo amore la spinge a cercare sempre: hanno portato via il Signore e non sappiamo dove l’hanno posto... parole commoventi di un’anima che non si arrende pur nella limitatezza dei mezzi umani. L’amore va’ oltre la ragione, oltre i fatti meramente materiali, oltre i calcoli matematici che vincolano la mente al dato sensibile.

Pietro e Giovanni raccolgono l’invito. Vanno anche loro al sepolcro in un misto di fede, speranza, curiosità e forse anche sufficienza verso quella donna, un tempo grande peccatrice, che presume di avere una verità nuova ma anche antica sull’uomo: la vittoria sul peccato e sulla morte.

Il risultato è stupefacente. La corsa al sepolcro sembra concludersi con un nulla di fatto perché i due non vedono il Signore. Vedono tuttavia dei segni: la pietra rotolata, i lini posati, il sudario non con i lini ma piegato, in un luogo a parte… tutto fa pensare non ad un trafugamento doloso ma ad una vera e propria liturgia, un tutto ordinato e studiato con cui le mosse sono state compiute per celebrare il più grande evento di tutta la storia, l’eterna risurrezione di un uomo dalla sua morte!

Senza questo evento non avrebbe senso la fede, l’appartenenza a Cristo e alla Chiesa, la speranza d’immortalità, l’abbracciare la croce ogni giorno per seguire Gesù. Lo seguiamo e moriamo con Lui e per Lui perché Lui è vero, ha fatto quello che ha detto, ha realizzato ciò che ha annunciato e viene incontro a tutte le nostre miserie terrene per sollevarci.

Vide e credette. Questa fu l’esperienza prima della risurrezione da parte dei due discepoli. Essi che erano i principali incriminati di aver trafugato il corpo del Signore davanti alla prova dei fatti si accorgono che non possono accusare nessun altro di questo evento. Non i soldati che avevano tutto l’interesse personale che il corpo rimanesse lì; non i capi che avevano fatto pure sigillare il sepolcro; non il governatore romano, talmente turbato da questa storia, anche nei sogni, che avrebbe voluto dimenticarla al più presto; non la gente del popolo che urlava nel pretorio di Pilato: Crocifiggilo, crocifiggilo! (Gv 19, 6); non le donne che pur con la loro buona volontà non potevano certo rimuovere la pietra dal sepolcro e vincere la resistenza delle guardie armate!

Solo Dio quindi, per deduzione, è l’autore della resurrezione: ulteriore e definitiva prova del suo amore e della sua misericordia verso di noi. Vuole mostrarci che c’è e ci ama donandoci il suo Figlio nella morte per poi riscattarlo con la gloriosa risurrezione. A questo passaggio siamo chiamati tutti noi per essere liberati dalla nostra misera condizione terrena: Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro (Gv 20, 17).

Un’ansia nuova si dovrebbe impossessare di chi vive nell’esperienza della resurrezione: vivere per Cristo e non lasciarlo più neppure per un istante! E’ la vita della Vergine Maria, tutta impregnata e sovrabbondante di Grazia per l’amore totale verso il suo Figlio Crocifisso e Risorto.

La Vergine, pur non presente nei Vangeli alla resurrezione, è salutata dalla tradizione cristiana come Colei che per prima ha incontrato il risorto: Regina Coeli laetare. Quia Quem meruisti portare resurrexit sicut dixit. La bellezza della sua sublime visione risplenda nei nostri cuori nel santo giorno di Pasqua e in tutti i giorni della nostra vita.

P. Luca Genovese

Fonte Settimanale di P. Pio

 

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