Lo scrittore ha presentato il suo ultimo romanzo, Il segno dell’aquila.
In occasione, della sua presenza a Roma, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare questo Autore che, nel suo terz’ultimo romanzo, “La lancia del destino”, ha “messo” i piedi nella nostra diocesi, citando per ben tre volte la Battaglia di Cassino, avvenuta durante la Seconda Guerra mondiale.
Marco Buticchi, uno scrittore italiano, anzi il Maestro dei romanzi d’avventura, il cui stile supera di gran lunga quello di Wilbur Smith, è autore di successi letterari indiscussi, pubblicati dalla Casa Editrice Longanesi. Vincitore del Premio “Salgari” e finalista del Premio selezione “Bancarella” nel 2012, continua a raccogliere successi con il suo ultimo romanzo Il segno dell’aquila (Longanesi – 2015).
Nella mattinata del 2 aprile scorso, in una libreria di un centro commerciale di Roma, si è reso disponibile per accogliere il pubblico dei suoi lettori e per presentare ancora una volta, al pubblico, la sua ultima fatica letteraria, sopra menzionata.
Un romanzo d’avventura con una trama storica ad intreccio che lega vicende e personaggi di epoche differenti ma tutti accomunati da una trama sottile, un “filo rosso”, come Buticchi stesso ama dire, che legano i personaggi dell’antichità romana, o etrusca, come nel caso dell’ultimo romanzo di cui stiamo parlando, un filo rosso o, per dirla con un termine ebraico, da cui l’espressione deriva, un Thikva, visto che i protagonisti indiscussi dei suoi romanzi sono due israeliti dei nostri giorni: Oswald Breil e Sara Terracini, personaggi che compaiono in tutti i suoi romanzi, e che riescono a risolvere situazioni ed eventi al limite della tragedia planetaria, perché frutto di terroristi senza scrupoli.
In occasione della sua venuta a Roma, ci è stato possibile avvicinare ed intervistare Marco Buticchi che, nei suoi romanzi, fatta eccezione per l’aspetto giuridico o per un riferimento alle “Grida”, i famosi testi normativi citati nei Promessi sposi, è paragonabile al Manzoni, per ciò che concerne la trama storica dei suoi romanzi.
E proprio in riferimento ad essi e al loro intreccio storico, siamo partiti nel domandargli da dove nasce la vocazione a scrivere romanzi, e romanzi storici di tale portata. «La vocazione a scrivere romanzi storici nasce dalla passione smisurata nei confronti della storia. Il fatto di scrivere romanzi non so da dove nasca in me. Credo che sia una vocazione una “ispirazione” che viene dal cielo».
“Soltanto – abbiamo domandato – una vocazione scesa dal cielo o anche il modo di esprimere ciò che uno scrittore si porta dentro?”.
«Sicuramente per scrivere romanzi – è stata la sua risposta illuminata – ci vuole esercizio e deve essere serio al pari di un lavoro. Poi, infine, dopo aver scritto tanti eventi, legati tra di loro, viene fuori un romanzo che è il frutto di tante situazioni convergenti».
“Certo, alla luce di questa risposta – abbiamo continuato – le situazioni descritte nei suoi romanzi, convergono tra di loro in maniera davvero magistrale”.
Presi da crescente interesse per le opere di Buticchi, ci siamo fatti svelare, pertanto, i retroscena della sua produzione letteraria, chiedendo a quando risalga la sua prima opera.
Anche in questo caso la risposta è stata sorprendente: «La mia prima opera letteraria risale alle Scuole elementari, il mio primo romanzo, inedito, perché nessun Editore voleva pubblicarlo, risale agli anni Ottanta. Lo tenni in un cassetto. Ricordo che mandai il manoscritto ad un Editore amico che, però mi rispose, fai di tutto ma non scrivere. Dopo questo primo tentativo pubblicai due opere finanziate da me. Una di queste fu poi “benedetta” da Mario Spagnol, e pubblicata da Longanesi, tanto che a tutt’oggi, dopo vent’anni, sono ancora Autore per la stessa Casa editrice».
Inevitabile, visto il successo crescente ed il perdurare ventennale con la medesima Casa editrice, è stato domandare a Marco Buticchi il numero dei romanzi pubblicati finora. «Dieci romanzi – ci ha rivelato – con Longanesi, più due autoprodotti e un divertissement dal titolo “Scusi bagnino, l’ombrellone non funziona”, dopo i primi cinque romanzi, perché ogni cinque opere pubblicate, sento di dover scrivere qualcosa di diverso».
Giunti quasi al termine dell’intervista abbiamo chiesto a quale di questi romanzi sia più affezionato, e la risposta non poteva che essere che tutte le opere pubblicate sono come suoi figli; di conseguenza, come fa ogni buon papà, non c’è preferenza tra un figlio ed un altro.
L’ultima domanda, che abbiamo rivolto a Buticchi, è stata, prima dei ringraziamenti per l’intervista concessa, chi siano realmente i due personaggi più noti dei suoi romanzi, ovvero Oswald Breil e Sara Terracini. La risposta, ovviamente, è stata sorprendente ma molto naturale. «Tutti i miei personaggi sono una parte di me, della gente che mi circonda e della mia famiglia. Quindi, in Oswald c’è una parte di me, in Sara anche, poi c’è una parte di mia moglie e delle mie figlie. Quindi, quando si afferma che un romanzo è anche autobiografico non è possibile, per questi retroscena nascosti, che non lo sia».
Articolo e foto: Giovanni Mancini