II Domenica dopo Pasqua o Domenica della Divina Misericordia
La presente domenica è contraddistinta da due eventi fondamentali: la comprensione dell’evento della Risurrezione da parte di tutti i discepoli e l’istituzione della festa della Misericordia richiesta esplicitamente da Nostro Signore alla Chiesa per mezzo della sua “portavoce”, Santa Faustina Kowalska (+1938).
Disse, infatti, Gesù a questa santa suora, canonizzata dal Papa San Giovanni Paolo II: «La mia immagine c’è già nella tua anima. Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l’immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia. Desidero che i sacerdoti annuncino la Mia grande Misericordia per le anime dei peccatori. Il peccatore non deve aver paura di avvicinarsi a Me. Le fiamme della Misericordia Mi divorano; voglio riversarle sulle anime degli uomini» (S. Faustina Kowalska, Diario Iq. 22/2/1931).
La risurrezione da potere a Cristo di riversare la sua misericordia su tutti gli uomini. In effetti, il primo mandato che conferisce il Risorto agli apostoli è quello di rimettere i peccati: Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati.
Dopo la grande gioia (karà) per “vedere il Signore” ecco che questa gioia subito si tramuta in missione: non può essere appannaggio di pochi ma deve essere consegnata a tutti. I discepoli sono chiamati ad essere distributori di gioia per il mandato che hanno di perdonare i peccati.
Questo è il cammino della misericordia di Dio nel mondo, il cammino della Chiesa, del suo apostolato, per portare tutti gli uomini alla fede ed alla gioia della Risurrezione con Cristo.
Già dall’inizio però sorgono i problemi nella comunità apostolica. A parte Giuda che già ha tradito e si è allontanato da Cristo e dagli altri con una morte disperata, tra gli undici sorge una disputa sulla Risurrezione. Tommaso detto Didimo, che non era con gli altri dieci la sera di Pasqua, dice di non credere.
Non si capisce quale sia il legame che lo fa stare con gli altri dieci. Non ha fede nella Risurrezione del Maestro. E allora? Perché dimora ancora con loro? Forse per convenienza, perché era uno dei primi seguaci e quindi poteva essere perseguitato dai Giudei? In effetti, i discepoli, la sera di quello stesso giorno, il giorno dell’annuncio da parte delle donne della Risurrezione, si trovano insieme. Le porte sono chiuse per paura dei Giudei, ci dice il Vangelo. Forse stanno insieme pensando un modo di tornare a casa come avevano fatto i discepoli di Emmaus, senza essere notati dalle autorità.
Ciò che tiene insieme i discepoli prima della Risurrezione è la paura, non la fede. Spesso nella Chiesa di Cristo si sta esattamente per questo motivo: per la paura di essere giudicati dal Signore o dagli altri, ma non per una vera fede.
Non c’è in noi una conoscenza vera dell’infinita Misericordia di Dio e un’esperienza reale di essa. Se non pratichiamo interiormente i sacramenti, se non confessiamo bene tutti i nostri peccati, se non ci comunichiamo bene alla santa Eucaristia con tutto l’affetto del cuore e della mente, se non conosciamo sempre più il Signore tramite la sua Parola non stiamo bene nella Chiesa. Anzi vorremo evadere da essa. Come i discepoli dal cenacolo.
L’esperienza del Risorto riporta i discepoli alla vera fede. Dopo averlo visto non stanno più insieme per la paura di essere perseguitati ma per la coscienza di avere un tesoro di gioia nel cuore e una speranza eterna oltre questa vita.
Così essi compiono la prima missione verso il loro compagno che era assente quando il Signore apparve nel cenacolo: Abbiamo visto il Signore!
Come al solito però come in tutta la Scrittura è dimostrato, l’uomo fatto oggetto della Misericordia di Dio fa fatica a credere oppure non crede per niente: Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo. Tommaso si fida solo dei suoi sensi, della sua ragione, della sua esperienza personale. E’ l’uomo moderno che tutto vuole vagliare, giudicare, criticare, esperire con la propria persona ed intelligenza senza fidarsi di nessuno, né della storia né dell’autorità né della tradizione, neppure delle Scritture e della testimonianza data ai santi: solo il singolo individuo è giudice … come se fosse l’unico esistente al mondo!
San Tommaso fu indotto a ricredersi dall’esperienza diretta del Signore ma fu avvisato: Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!
In effetti, prima e più di lui e più di ogni altra aveva creduto un’altra persona: la Vergine Immacolata, Beata perché ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore (Lc 1, 45). Ha creduto tutto e sin da subito per la pura autorità di Dio. In effetti, Gesù ci ha insegnato: Chi crede (non chi vede!) ha la vita eterna! (Gv 6, 47). Per la Vergine Maria, armati di corona, parola e sacramenti facciamo l’esperienza della fede, l’unica che veramente ci ricompensa davanti al Signore!
P. Luca M. Genovese
Fonte Settimanale di P. Pio