Spettacolo teatrale dei detenuti di Cassino a conclusione del laboratorio durato da ottobre a giugno. Due di loro scelti per cantare in un progetto cinematografico
Un risultato sorprendente. Una scenografia essenziale, ridotta a semplici lenzuoli bianchi ad alludere a quinte e fondali, senza un’ambientazione (di cui peraltro non c’era bisogno, trattando temi eterni e universali) e senza neppure una parvenza di sipario, ma valida la finzione scenica, coinvolgente e profonda la sceneggiatura, ottimo il ritmo narrativo, di livello la recitazione e il canto, a cappella, efficace il gioco di squadra degli attori, che sapevano essere corpo unico, ma portando in campo ognuno la propria soggettività.
E’ quanto hanno potuto constatare e ammirare gli intervenuti, mercoledì 15 giugno presso la Casa Circondariale di Cassino, allo spettacolo teatrale conclusivo di mesi di laboratorio, Alla ricerca del tempo perduto, liberamente tratto dalla Recherche di Marcel Proust. Frutto del progetto LeTeatroCose – La Memoria finanziato dalle Officine di Teatro Sociale (2015-2016) della Regione Lazio e svolto dall’associazione MUSES.
Il laboratorio, condotto dalla bravissima Paola Iacobone con la collaborazione di Noa Persiani, ha impegnato da ottobre i detenuti del carcere della città martire in un percorso teatrale inteso ad esplorare la memoria e indagarla come capacità di progettare il proprio futuro. «Si è partiti – spiega la regista – dalle parole di Marcel Proust, dalla lettura del suo testo cardine La Recherche nel quale la capacità di ricordare, di rivivere i propri ricordi diviene fulcro di un racconto introspettivo che fa della memoria e dei ricordi l’essenza stessa della vita. Il tempo perduto non è un tempo passato perché è un tempo da ricercare e da ritrovare. In quanto quell’infanzia una volta ritrovata è eterna, universale».
E’ ancora Paola Iacoboni a spiegare: «In particolare si è fatto riferimento al concetto proustiano di memoria spontanea o involontaria, quella sollecitata da una casuale sensazione e che ci rituffa nel passato con un procedimento alogico: è l’intermittenza del cuore la tecnica da seguire per il recupero memoriale basato sull’analogia-identità tra la casuale sollecitazione del presente e ciò che è sepolto nel tempo perduto. La memoria involontaria cattura infatti con un’impressione o una sensazione l’essenza preziosa della vita, che è l’io e serve a spiegare il valore assoluto di un ricordo abbandonato dall’infanzia, risvegliato attraverso il sapore di un sorso di latte o la melodia di una canzone. Questo procedimento porta alla vittoria sul tempo e sulla morte. Ricordare è creare. Ri-cordare è ri-creare.
Seguendo sempre l’esempio di Proust, che vede nell’arte l’unico modo per poter fissare quei ricordi e condividerli con gli altri, abbiamo sostituito alla letteratura il teatro, per ricercare attraverso i sensi i propri ricordi personali, sostituendoli a quelli di Proust. Gli attori/autori hanno così scritto i propri ricordi, tradotto poesie e messo insieme i pezzi di tante vite in un’unica fotografia». In particolare, essi tornano a tempi lontani, ai sapori genuini della vita, attraverso sensazioni: l’odore del fieno riporta prodigiosamente vivo alla memoria il mondo dell’infanzia, dove “stavo così bene con papà!”; il sapore del latte riporta in vita un mondo familiare, con una mamma malata che mandava il bambino a comprare il latte invece che a scuola, la figura della venditrice…; l’acqua, che col suo rumore fa rivivere la città natìa, Casablanca, una marachella dell’infanzia, la moschea sull’acqua, la canzone che cantò la moglie il giorno del matrimonio proprio lì; il fare il pane, che tre detenuti impastano velocemente per farne tante focacce da infornare e poi mettere nei cesti e distribuire… E in effetti gli attori, passando tra gli spettatori, distribuiscono a tutti fragranti focacce appena sfornate, per provocare anche nei presenti la sensazione buona del gusto del pane fresco. Come la madeleine imbevuta nel tè di proustiana memoria! Straordinario.
«In questo modo – continua la Iacoboni – si è venuto a creare un mosaico di odori, sapori, immagini e profumi che ci hanno catapultati nel passato, cancellando almeno per qualche istante il presente. Un presente che non abbiamo però potuto ignorare, essendo la situazione detentiva vissuta dai partecipanti elemento cruciale del lavoro svolto. Il carcere, il presente, è stato così inserito attraverso la canzone scritta e interpretata da uno degli attori in scena nella quale racconta della sua esperienza detentiva in un’ottica personale, ma che ben racchiude elementi universali, come l’allontanamento dagli affetti, la solitudine e il rammarico per le scelte compiute. Dunque i ricordi, il tempo perduto, attraverso i sensi hanno ritrovato vita nel tempo sospeso che è la detenzione, creando un tempo nuovo che è quello teatrale».
Al termine dello spettacolo i presenti, tra cui il Vescovo diocesano Gerardo Antonazzo, il Prefetto Emilia Zarrilli, ed altre Autorità militari e civili della Provincia e della città, oltre ad amici e operatori di Associazioni ed Enti che collaborano con la Direzione, hanno riservato calorosi applausi e si sono complimentati con i detenuti attori. Questi hanno ringraziato Paola Iacoboni e le hanno dedicato una poesia e da lei hanno ricevuto l’attestato di frequenza del corso.
Il Direttore, Irma Civitareale, nel ringraziare, ha dato un bell’annuncio: i due attori che hanno cantato così bene, proprio grazie alle loro doti canore e interpretative davvero notevoli, sono stati scelti dal regista Fabio Cavalli per la realizzazione della colonna sonora del suo cortometraggio “Naufragio con spettatore”. Cavalli che, a suo dire, ha cercato a lungo, senza trovare, tra i detenuti artisti del carcere di Rebibbia, dove ha girato il film, ha con convinzione ed entusiasmo deciso di affidare la parte canora ai due detenuti di Cassino: Rodolfo Temporale, in arte Rody Brio, “ottimo autore di una toccante canzone neomelodica napoletana”, e Baya Yassine, “interprete struggente di un canto berbero di tradizione”, “due voci dal timbro bellissimo e dall’intonazione perfetta senza alcun accompagnamento”. A loro, come a tutti gli altri, l’augurio che l’impegno teatrale sulla memoria diventi davvero capacità di progettare il proprio futuro.
Adriana Letta