ANIMA FRAGILE (Vasco Rossi, Colpa d’Alfredo, 1980)
E tu,
chissà dove sei…
Anima Fragile
che mi ascoltavi immobile
ma senza ridere
E ora tu,
chissà dove sei…
avrai trovato amore
o come me
cerchi soltanto le avventure
perché non vuoi più piangere
E la vita continua anche senza di noi
che siamo lontani ormai
da tutte quelle situazioni che ci univano
da tutte quelle piccole emozioni che bastavano
da tutte quelle situazioni che non tornano mai
perché col tempo cambia tutto lo sai,
e cambiamo anche noi
e cambiamo anche noi
e cambiamo anche noi
e cambiamo anche noi!
[…] «Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati» (Mt 5,4). La beatitudine non sta ovviamente nella condizione di afflizione che l’uomo può patire, ma nella consolazione che Dio riserva all’uomo afflitto. Ancora una volta è la condizione di fragilità, di necessità, di bisogno, di diminuzione ad attirare come una calamita l’intervento di Dio; e Dio quando interviene lo fa solo per consolare.
Come dice Emmanuel Lévinas: «Le lacrime sono l’ultimo assenso di un essere che finalmente accetta di cadere nella sua umanità».
Piangere vuol dire finalmente aver riconosciuto la propria povertà di fondo. È un atto di verità, un far cadere le armi con le quali ci si difendeva, o si difendeva la propria immagine e presunzione.
Le lacrime, scaturite dal riconoscimento del proprio limite e della propria fragilità, sono come l’assenso dato a Dio per intervenire nella nostra storia […]”.
Estratto di: Scquizzato, Paolo. “Elogio della vita imperfetta.” Effatà Editrice, 2014-04. iBooks.
Sono le parole di Paolo Scquizzato in “Elogio della vita imperfetta“, edito da Effatà. È un libro di spiritualità che tocca argomenti teologici collegati alle vicende dell’uomo comune, si può leggere velocemente, anche se poi, riprendere le pagine appena lette, diventa un’esigenza per conservare i concetti più profondi.
La canzone di Vasco Rossi che ho scelto mi è affiorata alla mente proprio dopo aver letto questo breve testo che risulta essere un inno alla Fragilità umana, riletta anche alla luce di alcuni episodi biblici tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento.
La vita umana si presenta piena di contraddizioni. Quando l’uomo rincorre il vano desiderio di essere un individuo perfetto, colloca se stesso al centro della propria esistenza. Si sente inadeguato di fronte alle debolezze che fanno parte della sua natura. Non accetta i limiti che egli considera come la parte più negativa del proprio essere.
Così l’uomo rischia di non riuscire più ad accettarsi. Anche i rapporti interpersonali vengono compromessi, quando ad esempio «l’altro attende da noi sempre qualcosa di diverso da ciò che siamo». Ecco che allora l’uomo perde il ruolo di protagonista della propria vita, rinunciando alla Verità, per «una vita inautentica».
Ma proprio nei momenti di maggiore insicurezza, Dio è accanto a noi, con il suo infinito amore. L’uomo ha la necessità di fare esperienza di Dio, proprio accettandosi come essere vulnerabile e bisognoso di quell’amore agapico che tutto trasforma. Nell’umiltà riconoscerà le proprie fragilità, diventando la perla dell’ostrica ferita.
È fondamentale allora giungere a comprendere l’importanza, in noi e fuori di noi, nelle nostre relazioni, della presenza dei limiti, delle ferite, delle zone d’ombra; capire, alla luce del messaggio evangelico, che tutto ciò che del nostro ed altrui mondo interiore è segnato dall’ombra e dal limite, è l’unica nostra ricchezza, e che proprio lì è possibile fare esperienza della nostra salvezza.
Angela Taglialatela