L’Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale ha conferito la Laurea magistrale Honoris causa in Scienze Pedagogiche a don Antonio Mazzi, la mattina di martedì 22 settembre presso l’Aula magna del Campus universitario di Cassino. L’importante riconoscimento è stato attribuito, grazie all’iniziativa del Rettore uscente Ciro Attaianese, all’ottantaseienne fondatore di Exodus per aver dedicato la vita ai giovani, all’educazione, ai più deboli, e per aver fondato Exodus, una cui casa-comunità si trova a Cassino dove da ben 25 anni si adopera per salvare ragazzi da ogni forma di dipendenza e al tempo stesso per fare opera di prevenzione nelle scuole, nelle strade, ovunque.
La notizia era stata annunciata dal Rettore Attaianese lo scorso 22 maggio, quando il Comune di Cassino aveva conferito la cittadinanza onoraria a Don Mazzi, che aveva tenuto una lezione in università. Allora non si era fatto in tempo, perché la legge esige una precisa procedura da rispettare, ma ora tutto è stato preparato e svolto nel migliore dei modi, con tutta l’ufficialità e la pompa magna che tale evento richiede, ma a cui l’interessato è alquanto allergico!
L’aula era affollata di autorità civili, militari e religiose (presenti e vicini il Vescovo Antonazzo e l’Abate di Montecassino Ogliari), docenti, studenti, giovani, rappresentanti di associazioni, ospiti, giornalisti e operatori televisivi. Il Rettore Attaianese ha presentato Don Antonio Mazzi, ricordando la storia dell’iniziativa da lui intrapresa, la prof.ssa Castellani, direttrice del Dipartimento di Scienze Umane, sociali e della salute, ne ha tracciato il percorso di vita e di opere, mentre la Laudatio è stata letta dalla prof.ssa Amelia Broccoli, con la motivazione della decisione, unanime, di conferire il titolo accademico onorifico a Don Mazzi.
A questo punto è toccato a lui svolgere la Lectio magistralis. Lui, che aveva già fatto grandi sforzi per… adeguarsi alle regole dell’ufficialità, indossando, addirittura!, toga e cappello e parlando dal podio anziché davanti al pubblico, aveva con sé dei fogli scritti, ma non sempre se ne è servito: è più forte di lui, la sua passione educativa viene fuori straripante e travolge lui ed il suo pubblico.
Infatti, con la schiettezza anche ruvida e pungente che gli è propria, ha iniziato parlando di un caso “stranissimo” che gli è capitato: un ragazzo è arrivato in comunità, aveva fracassato la testa di un carabiniere. Ebbene, la cosa strana, ha detto, è che la madre del ragazzo e la moglie del carabiniere, insieme, hanno fondato un’associazione di volontariato, che merita un grande applauso. E l’applauso, ovviamente, è giunto puntuale e scrosciante, intenso come l’attenzione dei presenti, già conquistati da queste prime battute.
Don Mazzi ha parlato essenzialmente dell’adolescenza, “il periodo della vita dei nostri figli che meno conosciamo e su cui è più difficile intervenire”. Ci sono troppe regole e divieti, “la vita non sta tra un libro e l’altro, ma tra un passo e l’altro”, ha affermato Don Mazzi, l’ideatore della “pedagogia dell’itineranza”. A proposito di adolescenza, “tempo straordinario, strategico e sconosciuto”, ha svelato che sta per uscire un suo libro, “Le tre adolescenze“, che parla delle tre fasi di questa età, la fase dai 10 ai 14 anni, quella dai 14 ai 18 e quella oltre i 18. Richiamandosi ad un piccolo e sconosciuto libricino di Giovanni Papini del 1914, dal titolo provocatorio ed interessante “Chiudiamo le scuole”, ha auspicato che gli educatori riescano a capire che non si debbono aggiungere regole, ma aiutare gli adolescenti a “liberarsi” e tirar fuori la sete di infinito che gli esplode dentro, perché quello è un periodo di liberazione e, citando l’americano R. Fulghum, “Tutto quello che mi serve sapere l’ho imparato all’asilo”, ha affermato che “nella semplicità c’è tutta la vita e la vita comincia dall’asilo infantile”.
Altra importante “rivelazione” di Don Mazzi: gli errori educativi più gravi sui figli li facciamo da 0 a 10 anni, invece bisogna avere “il coraggio di trattarli da uomini, piccoli sì, ma interi, con tutte le potenzialità dell’uomo” e dare loro radici. Se le difficoltà educative si manifestano nel periodo della scuola media, è perché prima non si è preparato bene il terreno. Allora bisogna pensare come amare i bambini da 0 a 10 anni, dobbiamo convincere di questo i genitori. Portando molti esempi di casi ed esperienze vissute, raccontati con realismo come sa fare Don Mazzi, che, senza peli sulla lingua, fa ridere e dà i brividi, ha ripetuto che gli adolescenti non si prendono con le regole e i divieti, né con le cose logiche: “Don Bosco ha inventato il gioco, ha detto, io la carovana”, il viaggio fisico e all’interno di sé, che comporta “avventura, esperienza, follia”, perché questo vuole l’adolescente, che ha dentro di sé vita, morte, amore, infinito, felicità…
Ha infine raccontato che una volta si rivolse al suo padre spirituale, Davide Maria Turoldo, per capire perché, pur con tanti sforzi, non riusciva a salvare neppure una “pecorella smarrita”, e lui gli rispose: si vede che il Padre Eterno ha inventato le pecorelle smarrite per salvare te! Così i figli o gli alunni difficili sono, per i genitori e gli insegnanti, gli strumenti di salvezza. Ecco perché, ha concluso, io a 85 anni lavoro venti ore al giorno: per essere salvato dai ragazzi.
Fragorosi gli applausi dalla platea che lo aveva ascoltato affascinata, sorpresa, forse turbata, ma certamente ognuno si portava dentro un bagaglio pesante di verità su cui riflettere ed esaminarsi.
Dopo il suo discorso, il Rettore, ufficialmente, ha letto la formula di rito e gli ha consegnato (e fatto firmare!) il diploma di laurea e in più una medaglia dell’Ateneo e, a titolo personale, un bozzetto dell’Atleta di Cassino, la bellissima statua risalente al I sec. a.C., rinvenuta negli scavi del Teatro Romano di Cassino nel 1936, poi trasferita a Napoli ed ora, grazie alla tenacia del Rettore Attaianese, tornata a Cassino, esposta nel Museo Archeologico Nazionale. Ha chiuso la mattinata un fuoriprogramma: il Rettore ha consegnato a Luigi Maccaro, responsabile della comunità Exodus di Cassino e fattivo operatore della collaborazione con l’Università, la Solana, la mascotte logo dell’Unversità per i CNU.
Nel pomeriggio, la comunità Exodus di Cassino, sita nella cascina fin dall’inizio messa a disposizione dall’abbazia di Montecassino, è rimasta aperta a tutti coloro che desideravano conoscere da vicino le persone, le attività, la struttura che da 25 anni ospita una straordinaria esperienza educativa.
Adriana Letta
Foto di Adriana Letta