Chi è costui che rimette anche i peccati?

XI Domenica del Tempo Ordinario, Anno C

In questa domenica notiamo l’attenzione di Gesù verso i peccatori. Anche i più gravi peccati possono essere perdonati. Tuttavia Gesù richiede una buona disposizione d’animo per realizzare il dono della misericordia. Ciò che vede nella peccatrice a casa del fariseo è una serie di atti concreti che denotano l’atteggiamento del suo cuore.

La misericordia è l’incontro di due volontà: quella divina, sempre disposta al bene, e quella umana, spesso ambivalente ed arrendevole verso il peccato. La peccatrice dimostra di aver fatto già un lungo cammino interiore presentandosi davanti a Gesù e ponendo in pratica una molteplicità di atteggiamenti di supplica e di benevolenza verso Gesù, autore unico del perdono di tutti gli uomini.

Gesù si commuove di questo atteggiamento umile e sottomesso. L’amore è in fondo sottomissione nei confronti di chi si ama. La peccatrice portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Il comprare il profumo, lo stare presso i piedi di Gesù, il bagnarli di lacrime, l’asciugarli con i capelli, il baciarli e poi cospargerli di profumo denotano incontrovertibilmente che questa donna si è pentita, non vuole più tornare ai propri peccati ed implora dal Signore misericordia, grazia, aiuto soprannaturale per non più ricadervi.

Gesù accorda senz’altro il perdono a chi manifesta un cuore così desideroso della grazia del perdono: I tuoi peccati sono perdonati…la tua fede ti ha salvata, vai in pace.

Preoccupante è invece l’atteggiamento del fariseo e degli altri commensali. Essi non capiscono il perdono. Forse non lo conoscono perché non l’hanno mai sperimentato o voluto sperimentare. Ma chi è che non ha bisogno del perdono? Chi non ha mai peccato nella sua vita? Solamente Dio, per grazia anche la Vergine Immacolata, oppure uno che si crede vanamente così tanto perfetto da equipararsi a Dio, unico, santo.

Il fariseo ed i commensali si mostrano proprio così. Non avrebbero mai perdonato per nessuna ragione quella peccatrice ed anzi ne fanno un’occasione di ulteriore indagine pure su Gesù: Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è e di quale genere è la donna che lo tocca, è una peccatrice. Per il fariseo e gli altri la perfezione non consiste nel ricevere misericordia da Dio ma nel conoscere intellettualmente la verità. Basta al fariseo sapere chi è e di quale genere è quella donna e tanto gli basta. Non pensa minimamente di redimerla. Non pensa che quella vita possa essere restituita al bene, alla verità, alla luce. Ella è una peccatrice, e basta. Non si può fare niente per lei! Questa è la perfezione del fariseo che vediamo bene è semplicemente una gnosi, una conoscenza intellettuale di una realtà immutabile e fissa nel suo contenuto: da una parte i cattivi, dall’altra i buoni.

Questa è la perfezione secondo la gnosi, la tremenda eresia che attraversò in vari tempi la Chiesa di Cristo nei secoli passati e che torna oggi prepotentemente di moda nei nostri giorni, con l’esuberanza dei programmi di ricerca e analisi, attribuendo solo a queste cose la perfezione dell’umanità. Ma la gnosi non salva. Chi conosce il peccato e non si converte da esso non potrà mai essere salvato. Chi conosce semplicemente con la mente e mai con il cuore non potrà mai piacere a Dio. Chi non conosce la misericordia ritenendosi giusto e perfetto in ogni cosa disprezza la fonte di ogni bene e cadrà nel nulla.

Non possiamo competere con Dio in sapienza: Egli ha fatto il mondo. Tutto ciò che scopriamo ed inventiamo Lui lo sa già e l’ha già fatto mille volte meglio di come lo facciamo noi. La conoscenza non basta da sola. Ci vuole la virtù: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza, spiega il sommo poeta Dante nella Divina Commedia (Inf. Canto XXVI). Prima la virtù quindi, quella della peccatrice che riconosce in Cristo la grandezza, l’onnipotenza e la misericordia di Dio. Poi c’è la conoscenza, sempre sottomessa alla virtù e mai unica regina dell’anima dell’uomo. Ma la scienza gonfia, mentre la carità edifica. Se qualcuno crede di sapere qualche cosa, non ha ancora imparato come bisogna sapere. Chi invece ama Dio, è da lui conosciuto (1Cor 8, 2-3). La carità non gonfia mai. Essa è umile perché per amore si sottomette volentieri all’amato. Chi ama Dio non solo ha la somma virtù ma anche la somma sapienza perché riceve da Lui ciò che deve sapere per la via della salvezza.

Il puro esercizio dell’intelligenza invece induce alla superbia, i commensali ed il fariseo non conosceranno Gesù finché non lo ameranno, come la peccatrice: Chi è costui che rimette anche i peccati? Non sanno chi è, non lo possono sapere perché non amano. Hanno messo la conoscenza prima della virtù anzi la conoscenza come unica virtù. E sono schiavi della loro piccola mente chiusa, chiusa alla misericordia, chiusa a Dio.

Possa la Vergine Immacolata, umile ed alta più che creatura (Dante, Par. XXXIII), non solo in virtù, ma anche in conoscenza, guidarci al retto esercizio dell’amore e della conoscenza di Dio.

P. Luca Genovese

Fonte: Settimanale di P. Pio

 

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