Storia della chiesa parrocchiale di Santo Stefano
Purtroppo le vicende contrarie dei tempi non ci permettono di conoscere la forma e lo stile dell’antica chiesa parrocchiale di Santo Stefano. E mentre essa è documentata da quasi un millennio, non possiamo dire con eguale certezza le trasformazioni che ebbe a subire prima del Seicento e quali fortune l’accompagnarono fino alla sua definitiva, caduta avvenuta nel 1762. L’antica Chiesa non fu a croce greca, come oggi.
Gli anni, la pioggia, le avverse stagioni, le scosse dei terremoti, la trascuratezza degli uomini avevano avuto il sopravvento su quel tempio, ove generazioni numerose avevano pregato. Da quelle ceneri in altro luogo, a pochi passi di distanza, risorgeva il nuovo tempio di Santo Stefano, a dimostrare che la materia è destinata alla morte, mentre solo lo spirito e la fede restano eterni.
Questa nuova chiesa, pochi minuti prima delle ore 8 della mattina del 13 gennaio 1915, fu molto gravemente danneggiata da una scossa di terremoto. Per due anni, dopo il disastroso terremoto, il parroco di Civita celebrò in una piccola baracca di legno e poi, fino al 1951, anno della inaugurazione della nuova chiesa, nella cappella della Concezione, di proprietà della famiglia Ferrante. Finalmente dopo il 1945 l’On. Arnaldo Fabriani, volle la ricostruzione della chiesa di Santo Stefano, sempre a croce greca, come nacque nel 1762. Fu inaugurata il 25 agosto 1951 dal Vescovo S.E. Mons. Michele Fontevecchia, delegato dal Vescovo di Aquino, Sora e Pontecorvo, S.E. Mons. Biagio Musto, con l’intervento del Prefetto Stella dell’Aquila, dell’On. Fabriani, del Senatore De Gasperis, del Provveditore alle Opere Pubbliche Santuccione, dei componenti del Genio Civile di Avezzano, di molte altre Autorità della Provincia, fra l’entusiasmo del parroco don Giovanni Fabriani e di tutta la popolazione di Civita d’Antino.
Prima che si procedesse alla ricostruzione, la chiesa si presentava con il campanile scomparso e i muri perimetrali, smozzicati e ridotti a modesta altezza, contenevano a fatica l’enorme cumulo di macerie costituite dalla caduta della cupola, del tiburio e del cornicione. Il terremoto del 13 gennaio 1915 l’aveva certo danneggiata gravemente, ma gli affreschi che la tradizione orale attribuiva a Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d’Arpino (1660-1740), erano salvi in buona parte e se, in attesa dei lavori sostanziali, si fosse provveduto a una copertura provvisoria dello squarcio provocato dalla caduta di una campana sulla cupola, il danno del terremoto forse si sarebbe potuto ridurre a modeste proporzioni.
Si deve soprattutto alla collaborazione della Soprintendenza ai monumenti dell’Aquila (Dott. Umberto Chierici e Dott. Antonio De Dominicis) se la chiesa parrocchiale, singolare esempio di arte barocca nella regione, poté risorgere nello stesso luogo, con le stesse linee architettoniche originali, abbellita da opere d’arte moderna e da un arredamento nuovissimo. Il fonte battesimale è costituito da una bella e originale pila settecentesca, trasportata qui da lontano, e nel vano campeggia una interessante e vigorosa scultura in bronzo di Pio Iorio, autore delle formelle della Via Crucis, che decorano le pareti della chiesa. I candelabri degli altari, secenteschi, sono in gran parte frutto di un minuto e paziente lavoro di restauro. Nell’autunno del 1959, per iniziativa dell’Associazione Pro-loco, si è iniziata l’imponente decorazione pittorica dell’intera chiesa per opera del pittore Pasquale Di Fabio.
Quattro figurazioni ad olio sono relative alla vita di S. Lidano, sui quattro scomparti dell’abside, e precisamente: San Lidano che, giovanetto, lascia Civita e la casa paterna per recarsi al monastero di Montecassino; San Lidano che, nel fulgore della giovinezza, segna ai frati manuales il tracciato per la bonifica pontina; San Lidano che, in abiti pontificali, parla ai contadini che affluiscono alla chiesa di Santa Cecilia, da lui edificata nella piana di Sezze Romano; San Lidano morente che benedice alla bonifica attuata e alla terra ricca di messi. Le altre decorazioni saranno eseguite tutte ad affresco e comprendono una Pentecoste, un Battesimo di Cristo nel fiume Giordano, una Crocifissione, una Natività, quattro figurazioni sulla presenza di Cristo nel mondo operaio e cioè: il Signore che esce per chiamare al lavoro gli uomini; la seconda chiamata; la paga agli operai… a tutti la stessa paga; la pesca miracolosa; angeli oranti.
Dei vecchi dipinti che ornavano la Chiesa, tre sono ritornati al loro posto dopo un accurato restauro, e precisamente le seguenti pale d’altare: la lapidazione di Santo Stefano (dipinto secentesco); la Madonna del Rosario (dipinto settecentesco); la Maddalena (mediocre dipinto di un decoratore ai primi del ‘900).
La Soprintendenza ai monumenti dell’Aquila ha concesso in deposito alcuni oggetti sacri di buona fattura, che contribuiscono anch’essi a rendere più bella e preziosa la suggestiva chiesa, come un grande Crocifisso settecentesco, due statuine in legno pure del ‘700, due cibori, di cui uno del 1500, e due belle croci d’argento.
Fonti:
- civitadantino.terremarsicane.it
Andrea Marinelli