Commemorate a Vallerotonda il 29 settembre le 42 vittime di guerra.
L’eccidio di Collelungo, se per lo Stato è stato sino ad ora “dimenticato” così non è sicuramente per i cittadini di Vallerotonda e per le istituzioni locali.
In un clima estivo e suggestivo si è svolta la funzione religiosa, concelebrata da don Rosino Pontarelli e don Remo Marandola, che ha dato inizio all’evento conclusivo del progetto “Il Rombo Sordo del Tempo” che si è tenuto sabato 19 proprio in località Collelungo dove il 28 dicembre del 1943 furono barbaramente trucidate 42 vittime civili tra cui anche una bambina di appena un mese di vita.
Un evento, in questo luogo e in questo periodo, fortemente voluto dall’Amministrazione comunale di Vallerotonda proprio per permettere la partecipazione delle scuole in modo da trasmettere direttamente la memoria storica alle nuove generazioni portandole nei luoghi dove si sono svolti i momenti più cruenti della seconda guerra mondiale facendogli vivere l’emozione di quei luoghi che a settant’anni di distanza ancora conservano il segreto di quella tragedia.
Numerosi i cittadini che hanno partecipato commossi insieme ai Sindaci del circondario, al vice presidente della Provincia Amata, ai consiglieri regionali Abbruzzese e Fardelli, al Comandante dei Carabinieri di Cassino e di Vallerotonda ed al Prefetto di Frosinone S.E. Emilia Zarrilli.
La presenza del Prefetto, per la prima volta a Collelungo, è un segnale importante, ha commentato il Sindaco Verallo, poiché è la prima volta che un rappresentante dello Stato viene a rendersi conto di quanto è successo a Collelungo. Solo calpestando le foglie di questa faggeta si può cogliere la tragicità di quanto avvenuto, ed è per questo che crediamo che questa volta sia la volta buona per ottenere il giusto riconoscimento ai Martiri di Collelungo, onorandoli della medaglia d’oro che aspettano da oltre settanta anni.
Durante la manifestazione nella sede della Pro Loco di Vallerotonda è stata allestita una mostra di reperti bellici curata da Enrico Salvatore ed una esposizione fotografica di immagini sulla distruzione di Cassino con pannelli fotografici gentilmente concessi dall’Arch. Francesco Arcese.
L’organizzazione dell’evento è stata curata dalla Pro Loco di Vallerotonda che ringrazia tutti coloro che hanno collaborato ed in particolar modo i dipendenti comunali ed i volontari della Protezione Civile del distaccamento di Vallerotonda.
Nino Rossi
Il racconto della strage
COLLELUNGO – IL GIORNO DEI SS. INNOCENTI MARTIRI
E’ il 28 dicembre, il giorno che la Chiesa dedica alla memoria dei SS. Innocenti Martiri.
Il cielo si schiarisce lentamente, illuminandosi sempre di più. In molti sono già in piedi ma qualcuno dorme ancora. Si accende il solito fuoco e si riscalda qualcosa da buttare in corpo: tutto si svolge tale e quale alle altre mattine, secondo una consumata consuetudine.
S’intravede una pattuglia tedesca scendere dalla montagna: ne passano tante da quelle parti che non è proprio il caso di preoccuparsi. Ed ognuno, perciò, continua a fare ciò che sta facendo. Anzi, quando la pattuglia è giunta in prossimità dell’accampamento, qualcuno si “azzarda” anche a chiedere notizie sugli “americani”.
Ma senza avere risposta. Piuttosto, l’impressione che se ne riceve è tutt’altro che rassicurante.
E’ questioni di attimi. E s’intuisce che quella non è una visita di cortesia. Nella mente degli sfollati balenano tante cose, la peggiore delle quali è che siano venuti per mandarli via.
I tedeschi, intanto, disponendosi a cerchio, con movimenti secchi e violenti, li fanno riunire su un lato della radura. Pierino Di Mascio ricorda: “Prima della paura, noi tutti provammo stupore anche perché non era mai accaduto che ci trattassero in questo modo.”
Ma che non erano venuti per mandarli via lo si capisce un attimo dopo quando i soldati cominciano a sistemare una mitragliatrice con la bocca puntata verso gli sfollati.
È un’intuizione comune. I bambini piangono. Qualche donna s’inginocchia e prega. Qualcuno implora. Angelina Di Mascio stringe più forte sul seno, quasi a soffocarla, la sua bambina, Addolorata, un mese proprio quel giorno. Si getta ai piedi del sergente tedesco che ha tutta l’aria di comandare la pattuglia ed urla pietà, con quanto fiato ha in gola, per la sua bambina. Per tutti i bambini. Per lei e per gli altri.
Per tutta risposta il sergente le sferra un calcio sul viso ed Angelina rovina in terra cercando come può, nella caduta, di proteggere il corpicino di Addolorata: nemmeno il tempo di riprendersi per rendersi conto che sta per morire con Addolorata tra le braccia, quanto basta al sergente di estrarre la pistola dalla fondina e sparare, senza esitazione e senza pietà, su madre e figlia.
Come quei colpi riecheggiano nella vallata, proprio allora ha inizio il terrificante concerto della mitragliatrice. È il massacro di Collelungo.
Il sangue arrossa la neve e sul greto del rio Chiaro a Collelungo cala il silenzio della morte. Un doloroso rosario di nomi di uomini, donne, bambini. Intere famiglie decimate, come quella dei Bencivenga o della piccola Addolorata Di Mascio. L’ultimo morto, il quarantaduesimo, sarà Carlo Dattilesi, già ferito nel corso del massacro, che viene ucciso durante la fuga da una pattuglia tedesca a colle San Pietro.
Su quell’ammasso di corpi senza vita, quasi per occultare allo sguardo del cielo le loro vittime, i tedeschi distendono frasche di faggio e neve. Poi proseguono per la loro strada come se nulla fosse accaduto.
Ma a Collelungo non è tutto morte. Ci sono, infatti, i superstiti che, al tempo stesso, saranno i testimoni della tragedia: Ernesto e Luigi Rongione, Giuseppe e Domenica Di Mascio, Alberto Donatella, Carlo Dattilesi, Pierino, Elvira ed Antonietta Di Mascio.
Il sangue dei morti di Collelungo arrossa l’acqua del rio Chiaro. Ma a valle nessuno se ne accorge. E restano soli ma non dimenticati.