Coloro invece che possiedono il tesoro della fede hanno il bene

XXVI domenica del tempo ordinario, Anno C

Il ricco epulone ed il povero Lazzaro sono una delle antitesi a cui ci abitua Gesù nel Vangelo e fanno parte della nostra vita quotidiana. Si potrebbero definire la nostra anima buona e pura davanti a Dio e quella invece malvagia, schiava delle passioni e soggetta ai voleri della carne e del mondo.

Il ricco epulone è l’uomo vecchio (Ef 4, 22; Col 3, 9) di cui parla San Paolo. E’ l’uomo che si dedica solo ai piaceri della carne e pone tutti i suoi sforzi per raggiungerli. Le ideologie moderne, con la loro impronta fortemente materialistica, pongono l’uomo su questo versante. Non vedono un vero uomo se non vestito di porpora e di bisso e che banchetta tutti i giorni lautamente. Questo è l’uomo di oggi che non si preoccupa dei valori spirituali ma solo di assurgere a più grandi diritti e al benessere sociale.

Il povero Lazzaro invece è l’uomo nuovo creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera (Ef 4, 24). Lazzaro è l’uomo che si accontenta di poco per vivere. E’ coperto di piaghe, ma non se ne affligge. Sa che i suoi beni non sono quelli di questo mondo. Sa che questo mondo é di passaggio è ha la sola speranza di dimorare nel seno di Abramo. Per cui non gli pesano le difficoltà, le privazioni, le differenze sociali; non gli pesa neppure il fatto che i cani vengano a lambire le sue piaghe. Anzi è forse questa tutta la sua gioia. Quando si è poveri, distaccati dal mondo, si gioisce per nulla. Quando si è ricchi, attaccati alle cose, ogni cosa pur grande che si riceve é sempre poco rispetto a quello che si desidera: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi (Lc 12, 18). Il ricco spende la sua esistenza nella ricerca spasmodica del possedere senza alcun limite, cosa impossibile e totalmente frustrante in questo mondo. Il povero si accontenta di quello che cade dalla tavola del ricco: il suo pensiero ed il suo desiderio sono altrove.

L’aldilà è la chiave di lettura della verità. Il ricco che ha vissuto solo di questo mondo, riceverà il nulla nell’altro. Sarà nell’inferno, tra i tormenti, perché non è riuscito a desiderare proprio nulla che riguardasse la verità. Aveva un santo vicino alla sua porta ma non si è accorto di lui. Era un segno per lui dell’eternità ma egli ha badato piuttosto ai suoi affari, a far star bene il suo corpo, a fare forti riserve di cibo e di denaro per curare in questo mondo la sua persona. E’ stato il dio di se stesso.

La preghiera del ricco epulone è falsa: manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma. La fiamma che lo consuma sono i falsi desideri di questa vita, cose che lo hanno portato a scelte inconsulte. Lo hanno portato anche ad uccidere il proprio prossimo a due passi da sé pur di star bene e a non preoccuparsi di null’altro che di se stesso. La sua fiamma, cioè i suoi desideri angosciosi di benessere materiale, lo consuma. Non può essere sedata perché non conosce sedativi. Non vi sono beni materiali, beni mondani nell’aldilà.

Tra noi e voi è fissato un grande abisso. Quest’abisso si nota ad occhi allenati già da questo mondo. Chi sono coloro che si affannano per sempre più possedere e sempre più stare meglio? Stanno bene forse? Mai! Perché il bene è sempre davanti a loro. Coloro invece che possiedono il tesoro della fede, il patrimonio dei santi rinati alla grazia, coloro che non vanno dietro a tristi chimere, costoro stanno saldi sulla sponda buona dell’abisso. Hanno il bene. Lo hanno dentro. Non devono desiderarlo più fuori di loro:

Quando è presente Gesù, tutto è per il bene, e nulla pare difficile. Invece, quando Gesù non è presente, tutto è difficile. Quando Gesù non parla nell’intimo, ogni consolazione vale assai poco. Invece, se Gesù dice anche soltanto una parola, sentiamo una grande consolazione. Forse che Maria Maddalena non balzò subitamente dal luogo in cui stava in pianto, quando Marta le disse: “C’è qui il maestro, ti chiama?” (Gv 11,28)… come sei sciocco e vuoto se vai dietro a qualcosa d’altro, che non sia Gesù (Imitazione di Cristo, II, 7).

            Non è in pace il ricco nel mondo. Non lo è neppure nella vita eterna. Il povero invece, l’Anwim Jahvè, é ricco nel cuore in questo mondo e nell’altro gode la pace eterna.  L’aldilà però può forse ammonire l’aldiquà: padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente … Qualcuno può anche convertirsi ma generalmente chi ha il cuore duro non crede alle parole dei testimoni celesti, come non crede alla Parola di Dio nelle Scritture: Hanno già Mosè ed i profeti ascoltino loro …

            Che la Vergine Santissima, custode della Parola vivente, Cristo nostra Pace (Ef 2, 14), illumini il nostro cammino con la Pace del suo Cuore, la Pace del Paradiso!

P. Luca M. Genovese

Fonte: Settimanale di P. Pio

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